“Mongoloide” al Grande Fratello: le scuse arrivano in diretta tv
Il frequente utilizzo del termine “mongoloide” – aveva fatto notare l’Aipd - fa male alle 49 mila persone con la sindrome di Down e alle loro famiglie che vivono in Italia e che lottano ogni giorno per far capire che avere la sindrome di Down, essere “mongoloide”, non vuol dire essere sciocchi e incapaci e quindi degni solo di disprezzo”. “Avere la sindrome di Down – continuava - vuol dire avere un ritardo mentale, ma essere comunque persone, persone che vanno a scuola, che si sforzano di acquisire una certa autonomia, che qualche volta lavorano, che ridono, che piangono, che hanno dei sentimenti, che sanno dare e ricevere”. “Da tempo – faceva notare l’associazione - lavoriamo per abbandonare il termine “mongoloide”, proprio perché troppo spesso usato in senso dispregiativo, ma quello che davvero vogliamo non è solo abbandonare la parola, ma abbandonare l’idea che si possa disprezzare una persona: chi fa televisione sa che molte persone lo vedranno e lo ascolteranno, deve sapere di avere delle responsabilità, di fare, a volte suo malgrado, cultura: e se domani due bambini giocando davanti alla scuola si scherniranno chiamandosi “mongoloide”, deve sapere che ha contribuito a rinforzare questo comportamento anziché ridurlo”. “Le scuse – concludeva l’associazione - non servono a cancellare l’offesa, ma aiutano a rimettere al centro le persone: per queste ragioni l’Aipd – concludeva la lettera - chiede alla trasmissione Grande Fratello di chiedere scusa a questa, forse piccola parte di italiani, ma non per ciò meno degna di rispetto”. Scuse che, in diretta televisiva, alla fine sono arrivate.