“Noi non vi vogliamo”: in centinaia alla manifestazione a Casal di Principe per dire “no” alla camorra
“Se oggi qualcuno pensa di poter ancora dire che questa città è di sua proprietà, se lo deve togliere dalla testa. Questa sera, tutta questa gente, sta dimostrando che Casal di Principe appartiene a tutti i casalesi, quelli veri. E non quelli dei clan, che sono falsi casalesi”. Così il sindaco di Casal di Principe Renato Natale, vicepresidente di Avviso Pubblico, si è rivolto ad una piazza stracolma di persone. Dalle vie laterali il corteo continuava a rigurgitare manifestanti. Lo striscione dei familiari delle vittime di mafia si fa largo a fatica attraverso la folla: sopra c’è scritto “Mai più vittime innocenti in queste terre”.
“Il corteo era talmente affollato che non sono riusciti a srotolare l’intero striscione”, racconta Renato Natale. È il 17 giugno e sono scesi tutti nelle piazze di Casal di Principe a protestare contro i clan, a respingere quei mafiosi che dieci giorni prima, durante la campagna elettorale, hanno estratto i mitra e sparato in quella stessa piazza, terrorizzando i presenti, fra cui molti ragazzi. Hanno provato a rialzare la testa, a far ripiombare la città negli anni bui del terrore mafioso. Ma la miglior risposta alle pallottole arriva dal fiume in piena di sindaci, parlamentari, associazioni, parroci, magistrati, cittadini, molti giovani, che hanno inondato le strade da Casapesenna a Casal di Principe, attraversando come un lungo serpentone anche San Cipriano d’Aversa al grido di “Noi non vi vogliamo”.
Una manifestazione imponente, che in pochi si aspettavano, ma che è anche la dimostrazione che i casalesi vogliono smarcarsi una volta per tutte dall’angolo in cui i camorristi li vorrebbero rimettere. Ma è soprattutto una prova del fatto che il lavoro di questi anni per liberare Casal di Principe dalla cultura mafiosa ha funzionato. “Questo è un primo passo. Noi resteremo qui. L’area aversana appartiene ai suoi cittadini», grida ancora il primo cittadino, che è stato amico di don Peppe Diana, il prete assassinato dalla camorra nel 1994. È visibilmente emozionato e commosso. Tra qualche giorno finirà il suo mandato da sindaco. Ma non quello di cittadino e attivista anti clan.
Il lungo applauso davanti alla stazione dei carabinieri – per il loro impegno antimafia sul territorio – è un altro segno della fiducia reciproca fra cittadini e istituzioni. Lo ricorda dal palco il sindaco di San Cipriano, Vincenzo Caterino: «Questo corteo non l’abbiamo voluto per chiedere più controllo del territorio. Stavolta l’abbiamo chiesto perché questo popolo vuole un riscatto e lo ha dimostrato stasera con una partecipazione così massiccia. E non permetterà mai più a nessuno di tornare indietro”, spiega.
“Da questa marcia arriva un messaggio chiaro. Noi diremo sempre no alla criminalità organizzata alla camorra e a qualsiasi forma di violenza. Siamo orgogliosi di questo popolo che si è riversato in strada”, gli fa eco la neo sindaca di Casapesenna Giustina Zagaria.
Tra i presenti anche don Maurizio Patriciello e molti altri sacerdoti. E ancora le associazioni che in questi anni hanno fatto molto per la crescita del territorio, a partire dal Comitato don Diana, Casale Lab, Libera, e poi la Croce rossa, i rappresentanti delle sigle sindacali, alcuni parlamentari, il presidente della Provincia di Caserta, il magistrato Catello Maresca, protagonista della lotta alla camorra.
La rinascita di Casal di Principe è passata attraverso decine di “morti, fatica, lavoro, sacrificio”, dice ancora Renato Natale. Lo aveva ricordato nel 2023 anche il capo dello Stato Sergio Mattarella in visita alla città: “voi siete i figli della rinascita”, disse allora ai ragazzi.
“Le mafie temono i liberi cittadini”. E la grande manifestazione che ha invaso le strade dimostra che non c’è più spazio per quella cultura mafiosa che vuole fare dei cittadini degli schiavi della paura e del terrore mafioso. Il territorio in questi anni ha visto crescere decine di attività sociali, educative, economiche, sorte anche grazie alla riappropriazione dei beni confiscati che sono appartenuti ai mafiosi.