15 settembre 2014 ore: 11:19
Disabilità

"Non è un lavoro per prostitute". Ecco i futuri assistenti sessuali ai disabili

Intervista a Fabrizio Quattrini, l’esperto che sta selezionando i candidati al corso specifico di formazione che inizierà a Bologna. L’identikit dei candidati. “La richiesta di assistenza sessuale viene prima di tutto dalle famiglie e dagli operatori”
Assistente sessuale - mani accarezzano testa

boxROMA - Età maggiore di 25 anni, diplomato, dotato di empatia, poco irritabile e aggressivo, con una personalità forte ed equilibrata, senza fragilità irrisolte. E' questo il candidato ideale a ricoprire il ruolo di assistente sessuale per le persone disabili. La nuova figura professionale è destinata ad entrare a pieno titolo nel mondo del sociale e da poco si sono conclusi i colloqui di ammissione al corso di formazione previsto per il prossimo autunno a Bologna. A selezionare i candidati è Fabrizio Quattrini, psicologo, psicoterapeuta, sessuologo e presidente dell’Istituto italiano di sessuologia scientifica (Iiss) di Roma, noto al pubblico televisivo per la sua partecipazione ad alcune trasmissioni. Quattrini si è impegnato insieme a Max Ulivieri - fondatore del "Comitato per la promozione dell’assistenza sessuale in Italia" (www.lovegiver.it) - a scrivere il ddl sulla figura professionale, recentemente presentato in parlamento. Una battaglia culturale, tesa a introdurre in Italia un modo nuovo di approcciare tematiche sensibili come l'affettività e la sessualità nell'ambito del mondo della disabilità.

Chi è l'assistente sessuale?
Si tratta di un professionista dell'educazione, con una specializzazione a prendersi cura del corpo e della sessualità. La figura che ci apprestiamo a formare non ha nulla a che vedere con il ruolo della prostituta per intenderci, sebbene il confine sia molto sottile. Si tratta piuttosto di un operatore sociale il cui compito è quello di educare il disabile all'espressione dell'affettività - abbracci, carezze - e della sessualità. In questo caso si parla di educazione all'orgasmo, ovvero insegnare al disabile in che modo poter raggiungere la soddisfazione sessuale in una maniera adatta alle sue esigenze.

Quali sono le motivazioni dei candidati che si presentano al colloquio?
In alcuni casi dicono che stanno semplicemente cercando lavoro perché sono disoccupati, e a noi questa motivazione va bene se accompagnata dalla volontà e dalla capacità di vivere un'esperienza forte di coinvolgimento a livello emotivo. L'altra motivazione fondamentale è la presenza di una vera e propria missione ad aiutare le persone. Nella fattispecie, qui si tratta di aiutare il disabile, accompagnandolo nell'espressione genuina dell'affettività e dell'intimità. Credo che le caratteristiche fondamentali di questa figura si possano riassumere in due parole: rispetto e educazione. Rispetto nel senso di accogliere la persona disabile nelle sue esigenze e nella libertà di scegliere il modo in cui vivere una dimensione della vita che è biologica, in quanto attiene ai bisogni primari di ciascuno. E ritengo che né la prostituta né la escort siano in grado di sostenere l'aspetto emotivo e affettivo della relazione. Ecco allora l'importanza della formazione dell'assistente sessuale - anche per la escort e la prostituta che vogliano seguire questo percorso - su questo aspetto particolare del lavoro che svolgerà. Personalmente, ho elaborato un questionario con 136 item grazie al quale poter stimare il grado di empatia, l'irritabilità, la fragilità emotiva, che poi saranno valutate nel colloquio clinico.

Si può parlare di una "via italiana" con caratteristiche specifiche e diverse da quella avviata nel nord Europa?
Sì, noi abbiamo scelto di differenziarci dalle esperienze che esistono nel nord Europa. Nei paesi in cui la prostituzione è legalizzata, esistono i sex workers, cioè persone che sono autorizzate a lavorare con il sesso e quindi anche con i disabili nell'ambito della sessualità. In Italia questo non sarebbe possibile e non è questa la battaglia che noi abbiamo scelto di fare.

Quanta informazione c'è su questo tema?
Molto poca in realtà. Innanzitutto riscontriamo che la richiesta di assistenza sessuale non viene in prima battuta dai disabili, ma semmai dalle loro famiglie e dagli operatori sociali. Inoltre, gli stessi disabili sono poco informati sul lavoro che stiamo facendo a livello legislativo e culturale. Che oltretutto riguarda anche le linee guida e la deontologia professionale dell'assistente sessuale.

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