15 novembre 2013 ore: 16:35
Non profit

“Non lasciamolo solo”: su Change.org una petizione per Giovanni Lo Porto

Il cooperante siciliano è stato rapito quasi 2 anni fa nel Punjab pakistano. Di lui non si sa più nulla dal Natale del 2012. Lettera delle ong a Napolitano e Letta, perché si facciano tutti gli sforzi possibili per riportarlo a casa. Su Change.org più di 3 mila contatti in 3 giorni
Giovanni Lo Porto

Giovanni Lo Porto

BOLOGNA – Più di tremila contatti nei primi tre giorni: la rete ha abbracciato con forza la petizione su www.change.org lanciata da Pietro Barbieri, portavoce del Forum nazionale Terzo Settore, per chiedere al capo dello Stato Giorgio Napolitano e al Presidente del Consiglio Enrico Letta di occuparsi della situazione di Giovanni Lo Porto, 38enne cooperante di Palermo rapito a Multan, nella provincia centro-occidentale del Punjab in Pakistan il 19 gennaio 2012. La lettera – che fa seguito a quella spedita al ministro degli Esteri Emma Bonino lo scorso giugno – è già stata inviata ai presidenti: è firmata dall’Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionali (Aoi), dal Coordinamento italiano network internazionali (Cini), da Link2007 Cooperazione in rete e dal Forum nazionale Terzo Settore: come a dire tutte le ong e le associazioni che operano sul territorio nazionale. “Non lasciamo solo Giovanni. Rompiamo il silenzio che è normalmente richiesto in situazioni delicate come questa, per inviare questo appello a voi affinché si facciano tutti gli sforzi possibili per riportare finalmente a casa Giovanni, restituirlo alla sua famiglia, a tutti noi e alla certezza che impegnarsi per un mondo più umano è giusto ed è possibile”, si legge nel passaggio finale delle lettera. Con Change.org si cerca l’appoggio più ampio possibile da parte dell’opinione pubblica perché, dopo i primi mesi di silenzio assoluto per non inficiare eventuali trattative avviate con i rapitori da parte della Farnesina, si cominci a parlarne.

boxGiovanni Lo Porto era in Pakistan con l’organizzazione non governativa tedesca Welt Hunger Hilfe. Era partito dalla Sicilia pochi giorni prima per portare cibo e ricostruire case a favore delle migliaia di persone colpite dal terremoto e dall’alluvione del 2010. È stato rapito una sera di 22 mesi fa: 4 persone armate hanno fatto irruzione nella casa dove alloggiava con alcuni colleghi e lo hanno portato via insieme con Bernd Muehlenbeck, cooperante tedesco. Nessuno ha mai rivendicato il loro rapimento. Solo poco prima del Natale del 2012 è stato pubblicato in rete un video di Muehlenbeck perché il governo tedesco accogliesse le richieste dei mujahiddin: non fece mai il nome di Lo Porto, ma parlò al plurale: accorgimento sufficiente per alimentare la speranza che i due fossero insieme.

“Viviamo con l’angoscia: siamo preoccupati delle sue condizioni fisiche e psicologiche – commenta Margherita Romanelli, responsabile territoriale per l’Asia di Gvc Gruppo volontariato civile e amica di Giovanni – È un professionista che da anni opera nel settore degli aiuti umanitari, la sua non era una permanenza improvvisata. Abbiamo il dovere di fare di tutto per liberarlo. In primis perché è un cittadino italiano, ma soprattutto perché in Pakistan stava lavorando grazie a fondi europei. Era così che si faceva portavoce concreto della vocazione umanitaria dell’Unione, di cui l’Italia è membro attivo. In quei territori è il volto della nostra politica estera”. (ambra notari)

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