“Ora d'aria”: i caregiver chiedono, le amministrazioni iniziano a rispondere
Con l'inasprirsi delle misure restrittive a livello nazionale ma anche locale, tante famiglie chiedono una deroga per i figli con grave disabilità intellettiva o con autismo. “Per noi stare a casa significa avere le finestre tappate, per paura che i nostri figli disturbino o facciano di peggio. Così loro diventano pericolosi, per se stessi e per noi”. Diversi i buoni esempi, tra cui il Lazio
Alessandro con il suo monopattino a parco San Giuliano (Mestre - Venezia)
ROMA – Il premier Conte l'ha ribadito ieri sera: ci sono i decreti nazionali ma c'è sempre spazio, in sostanza, per la libera iniziativa delle amministrazioni, regionali o comunali che siano. Così, come le misure restrittive variano, in quanto a grado di severità, da una città all'altra, allo stesso modo iniziano a manifestarsi aperture, sempre a livello locale, di fronte a richieste specifiche. In altre parole, deroghe. Tra queste, c'è un appello diffuso da caregiver di diverse parti d'Italia, soprattutto genitori di figli con disabilità intellettive e relazionali spesso molto gravi: un appello anche questo diverso, a seconda di chi lo formula, così come diversi sono gli esiti. C'è chi chiede una generica “ora d'aria” per suo figlio, o chi domanda che siano aperti i parchi soltanto per chi ha seriamente bisogno di “scaricare troppe energie”.
E ci sono le prime amministrazioni che – dal Piemonte al Veneto al Lazio – iniziano ad accogliere questa richiesta di un'attenzione ritenuta vitale da queste famiglie. “Perché non si può chiedere lo stesso sacrificio a chi, come noi, ha in casa problematiche comportamentali gravi, che possono diventare pericolose minacce”. Parla Paola Banovaz, mamma di un ragazzo di 11 anni con un disturbo dello spettro autistico e gravi problemi dell'attenzione e del comportamento (Adhd). Insieme a Mauro Guglielmi, è stata delegata da una ventina di famiglie con ragazzi e adulti con disabilità della provincia di Venezia a presentare una richiesta ufficiale a regione e comune, perché sia loro concessa “un'ora d'aria” in spazi adeguati.
La lettera a regione e comuni
Qualche giorno fa, hanno scritto al presidente della regione Veneto Zaia, all'assessore alla Sanità Lanzarin e al presidente dell'Anci Mauro Conte una lettera, firmata da 99 caregiver. Oggetto: “Richiesta di accesso alle aree verdi e passeggiate in deroga all'ordinanza del Presidente della Giunta Regionale n. 33 del 20 marzo 2020”. Si legge: “A molte persone con disabilità e loro caregiver, si sta chiedendo un sacrificio troppo grande da sostenere. Tra le diverse disabilità quelle intellettive e psicosociali si allontanano maggiormente dalle caratteristiche comunemente associate alla dignità e dalle quali dipendono l’attribuzione dei diritti. Per queste persone spesso è difficile comprendere quello che sta accadendo in questi giorni, la gravità di una pandemia che sta mettendo alla prova così tante nazioni. La routine è fondamentale per mantenere un equilibrio fisico e mentale, soprattutto ora che molti interventi di terapia, centri diurni e servizi di accompagnamento o a domicilio sono stati sospesi”. In questo momento, “le famiglie delle persone con disabilità si trovano ancor più isolate e abbandonate. I caregiver assistono impotenti all’acuirsi di disturbi e comportamenti problematici dei loro congiunti, prima 'ben trattati' da diverse attività come, ad esempio, quelle ludiche e/o sportive all’aria aperta, la possibilità di frequentare altre persone nei centri diurni o nelle realtà associative presenti nel territorio”.
Le richieste: accesso ai parchi e una campagna informativa
Di qui, la richiesta di “poter accedere ad alcune aree verdi come necessarie alla buona salute dei nostri cari con disabilità e a noi caregiver. Molti di noi non hanno abitazioni abbastanza grandi, né giardini o terrazze dove inventarsi attività all’aria aperta. Alcune abitazioni sono ubicate in piani troppo alti e le finestre necessariamente tenute chiuse. Alcune persone con disabilità non sono in grado di comprendere il senso della distanza e vorrebbero abbracciare e toccare il vicino di casa, i ragazzi che conosce e vede giocare a 200 metri da casa. Per rispettare le distanze siamo costretti a non uscire affatto. Chiediamo quindi una riflessione urgente e la possibilità di valutare modalità di accesso per le persone con disabilità e loro accompagnatori, nelle aree verdi del proprio comune di residenza”. I firmatari chiedono inoltre “di poterci spostare oltre i 200 metri previsti – come accompagnatori – a piedi, in auto, bicicletta o tandem con la persona con disabilità, esibendo in caso di controlli il verbale che attesti lo stato di handicap come previsto dalla legge 104/92 e invalidità civile. Chiediamo altresì una campagna informativa chiara, volta a sensibilizzare la collettività sul sacrificio doveroso richiesto a tutti ma che ha conseguenze molto diverse e oneri spesso insopportabili per quelle persone in condizione di fragilità”.
I buoni esempi: Boves, Treviso, Trento, Campania. E ora il Lazio
Mentre i caregiver veneziani attendono una risposta, qualcosa, vicino o lontano, ha iniziato a muoversi. Alcuni esempi sono citati già nella lettera: il comune di Boves ha autorizzato l'accesso ai parchi alle persone con autismo; a Treviso “bici e passeggiate sono state concesse alle famiglie con ragazzi autistici dal primo cittadino Mario Conte in accordo con il Prefetto Maria Rosaria Laganà - si legge nella lettera - Sulla stessa linea la Regione Campania, che a quei soggetti con disturbo autistico e in generale delle persone con disabilità psichica o patologie psichiatriche, concede, con una nota specifica, uscite con l’accompagnatore per i tempi e con le modalità strettamente necessarie alla persona con disabilità”. Attenzione particolare anche da parte del comune di Trento, che ha previsto un certificato ad hoc per consentire di svolgere delle camminate all’aperto, nonostante le restrizioni, a chi abbia una disabilità intellettiva o un disturbo dello spettro autistico. Anche nel Lazio ci sono associazioni, come Oltre lo sguardo onlus, che si stanno battendo, dall'inizio della “quarantena”, perché questo diritto sia riconosciuto. E proprio ieri la Regione, in una nota trasmessa a Comuni e Asl, ha introdotto la possibilità "per eventuali uscite dall'ambiente domestico come indispensabile azione di prevenzione e gestione delle crisi comportamentali", connesse a determinati quadri diagnostici, tra i quali l'autismo. Oltre all'autocertificazione, sarà necessario portare con sé la relativa certificazione. (cl)