“Porti insicuri”, respinto verso la Grecia il 90% dei migranti nascosti nei tir
ROMA – Quasi il 90% di coloro che arrivano irregolarmente dalla Grecia nascosti dentro i tir sulle navi commerciali, viene respinto dalla polizia nei porti dell’Adriatico nel giro di poche ore, senza informazioni legali, senza interprete e senza un pezzo di carta con la notifica formale del respingimento. Lo denunciano il rapporto “Porti insicuri”, curato da Medici per i diritti umani con Asgi, e il video reportage dal titolo “Riammessi” di Paolo Martino prodotto da Zalab, con il sostegno di Open Society Foundations. Un corto che in nove minuti racconta cosa si prova a viaggiare tra le ruote di un camion e la frustrazione di chi, dopo tanti sacrifici, si ritrova di nuovo a Patrasso, al punto di partenza.
I numeri. I respinti con questa modalità sono stati 2.334 nel 2011, 1.606 nel 2012 e 529 nel primo semestre del 2013. Tecnicamente si chiama “riammissione” perché avviene fra due Stati, Italia e Grecia, che sono all’interno dei confini dell’Unione europea. Nei fatti equivale a un respingimento alla frontiera, ma con minori garanzie.
L’85% dei “riammessi” intervistati nel corso dell’indagine è stato fatto ripartire con la stessa nave commerciale con cui è arrivato, mediante l’affidamento al capitano e con un viaggio in condizioni poco dignitose.
Ai 66 migranti riammessi, 60 intervistati dal team di Medu in Grecia e 6 in Italia, non è stata consegnata alcuna informativa in merito alle procedure a cui sono stati sottoposti, né è stato loro notificato alcun provvedimento formale di riammissione scritto, motivato e tradotto contro cui poter presentare ricorso.
Record ad Ancona. Alcuni di questi 66 sono stati respinti più volte. Il dossier quindi ha documentato in totale 102 riammissioni, di cui 95 rilevate in Grecia e 7 in Italia, 49 delle quali nel 2013. Le persone rimandate in Grecia sono per la maggioranza migranti che hanno diritto alla protezione internazionale perché fuggono da Paesi in guerra. L’ordine decrescente delle maggiori nazionalità rappresentate è Afghanistan, Siria, Sudan, Eritrea.
Il porto italiano da cui è avvenuto il maggior numero di riammissioni verso la Grecia è Ancona con 32 documentate da Medu, seguono Brindisi con 27, Venezia con 23 e Bari con 16. In quattro casi i migranti non sono stati in grado di individuare il porto di arrivo.
Su 102 casi di riammissione, solo in un caso i migranti hanno notato la presenza di operatori socio-legali. Ma la prassi sistematica è di respingere senza dare informazioni legali e senza permettere l’accesso alla procedura d’asilo, denuncia l’indagine. Solo in sei casi erano presenti degli interpreti. In 15 casi gli stranieri hanno raccontato di essere stati trattenuti in Italia alcuni giorni all’interno delle stesse navi con cui erano arrivati o in ambienti all’interno del porto.
I porti dell’Adriatico sono teatro di riammissioni sommarie e di violenze sui migranti, si legge nel rapporto. La base giuridica è un accordo bilaterale siglato nel 1999, ma la procedura del respingimento lampo sulla stessa nave da cui i migranti sono appena sbarcati non è contemplata nel testo di quell’accordo. Negli ultimi anni il flusso in arrivo dalla rotta adriatica è sceso. Sono state rintracciate 1809 nel 2012 e 619 nel primo semestre 2013, secondo dati ufficiali del ministero dell’Interno. Ma il problema resta per due ragioni. Questa rotta coinvolge in gran parte afgani e siriani in fuga dalle guerre e per le gravi violazioni dei diritti, della Convenzione di Ginevra e della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, all’interno dei confini Schengen e quindi dentro il territorio europeo.
E’ stato rilevato che in otto casi su dieci, i migranti intervistati dagli operatori di Medu, hanno cercato inutilmente di comunicare alle autorità italiane la propria volontà di richiedere protezione internazionale o comunque di voler rimanere in Italia per il timore di quanto sarebbe potuto loro accadere in caso di ritorno. In Grecia i migranti hanno subito trattamenti inumani e degradanti e sono esposti al rischio di rimpatrio nei paesi d’origine, da cui erano fuggiti perché rischiavano la vita. I ricercatori hanno potuto verificare direttamente le drammatiche condizioni abitative e igienico sanitarie in cui sono costretti a vivere molti migranti, richiedenti asilo e minori stranieri non accompagnati nelle città di Patrasso, Atene e Ioannina. (rc)