Psicostorie, il podcast di Psicoradio in quattro puntate
BOLOGNA - C'è I., che giovanissima inizia a sentire voci che le parlano, ma intorno non c’è nessuno; e allora chiede aiuto al padre. C'è M., che per trovare le sue radici si è inventato un antenato. A. invece ha trovato nel rap il modo di elaborare il nero che vedeva intorno a sé. E poi ci sono le storie collettive, per esempio quella di una etnia matriarcale cinese che, caso unico al mondo, sembra non conoscere violenza sulle donne perché non concepisce il possesso in amore.
“Psicostorie” è il nuovo podcast di Psicoradio: dopo “le Finestre”, lo “PSICOdizioRADIO” e “Diamo (un po’) i numeri”, la redazione della radio dei pazienti psichiatrici di Bologna racconta, in episodi di circa 7 minuti, frammenti di storie, quasi come fossero trailer. Chi è interessato potrà approfondire ascoltando la versione estesa con un link al sito di Psicoradio.
Psicoradio di storie ne incrocia tante, al microfono e nella vita. “D’altra parte, quando la psicologia è nata, ha iniziato a fare proprio questo: raccontare storie – dicono dalla redazione –. Non perché prendesse in giro le persone, ma perché i casi clinici descritti da Freud sono straordinarie narrazioni, storie vive, e non aridi testi scientifici. La parola storia contiene la radice istor, ‘colui che sa’: rimanda alla ricerca, al sapere, alla cognizione. Ciascuno di noi ha bisogno di storie per interpretare il mondo. Da quando, piccolissimi, chiediamo: raccontami una storia”.
Prima puntata: La storia di I.
Questa è la storia di I, una giovanissima ascoltatrice di Psicoradio. “Un po’ di tempo fa ci ha chiamato: avrebbe voluto venire a parlare delle voci che, a 22 anni, hanno cominciato a tormentarla”, raccontano i redattori della radio della mente. Erano voci aggressive, insultanti e l’avevano portata a sentirsi sempre più sola. “Poi sono cambiate perché sono cambiata io, e ho imparato anche ad ascoltarle”, racconta I. Psicoradio le è servita per parlare di un tema che invece la spingeva a chiudersi in se stessa. “Sto imparando che non sono sola e ci sono tanti altri come me”. In redazione I. è venuta con il padre: “Io non mi vergogno mai di lei, perché è mia figlia. Mi rendo conto che viviamo in un mondo dove spesso più che sforzarsi di comprendere si cercano solo definizioni”.
Seconda puntata: Moso, l’amore senza possesso
La seconda puntata delle Psicostorie racconta di una piccola minoranza etnica, che è riuscita a realizzare qualcosa di straordinario. Sono i Moso, circa 40 mila persone fra uomini e donne che vivono ai piedi dell’Himalaya, in una società matrilineare: senza stupri, senza violenza e senza femminicidi. In questa società non esiste la violenza, perché si è sempre evitato di legare l’amore al possesso. Tra i Moso non esiste il matrimonio, e le relazioni d’amore e di sesso non concepiscono il concetto d’appartenenza: la gelosia è considerata un sentimento ridicolo e distruttivo. La redazione di Psicoradio aveva intervistato l’antropologa Francesca Rosati Freeman, che ha vissuto per un periodo nei villaggi Moso. A loro ha dedicato un documentario dal titolo “Nel nome della Madre”, che illustra come siano riusciti a creare una cultura senza violenza sulle donne e dove l’amore, senza possesso e matrimonio, è un sentimento puro, slegato da classe sociale e situazione economica.
Terza puntata: B. una bimba scalza che prende a morsi la vita
“La cosa che ricordo meglio è la fame”. Fin dall'inizio, la vita di B. è stata difficile: nata in Brasile, ha passato i primi sette anni in un orfanotrofio. Dopo altri 13 anni burrascosi, è arrivata a Psicoradio. La sua storia è una storia di cambiamento: era arrabbiata con il mondo ma, dopo otto anni di redazione, quando è andata via aveva preso in mano la sua vita. una casa, un compagno, un contratto di lavoro a tempo indeterminato e le spalle forti di chi ne ha passate tante e sa guadagnarsi il futuro.
Quarta puntata: A., il rapper che nella musica racconta lo stigma
“La cosa che ricordo meglio è la fame”. Fin dall'inizio, la vita di B. è stata difficile: nata in Brasile, ha passato i primi sette anni in un orfanotrofio. Dopo altri 13 anni burrascosi, è arrivata a Psicoradio. La sua storia è una storia di cambiamento: era arrabbiata con il mondo ma, dopo otto anni di redazione, quando è andata via aveva preso in mano la sua vita. una casa, un compagno, un contratto di lavoro a tempo indeterminato e le spalle forti di chi ne ha passate tante e sa guadagnarsi il futuro.