"Quando muoio io", a teatro per raccontare la storia di una ragazza senza nome
BRESCIA - “Senza il nome non ti puoi spostare, non puoi viaggiare perché non hai i documenti. Non puoi nemmeno scriverlo sulla tua tomba. Io il mio nome sulla tomba lo voglio e voglio anche un bel funerale pieno di amici e parenti perché la protagonista assoluta del mio funerale voglio essere io”. Inizia così “Quando muoio io”, spettacolo sulla tratta di esseri umani di Gianluca De Col e Valeria Battaini di Teatro19. “Quando mi hanno chiesto di partecipare alla manifestazione ‘Accendiamo la luce’ in sostegno delle vittime della criminalità organizzata a Brescia lo scorso ottobre con uno spettacolo sulla tratta, a me è venuta in mente la storia di questa donna ritrovata morta, carbonizzata e mutilata, nel 2005 al bordo di una strada nella campagna di Castegnato. Di lei non si sapeva e non si sa nulla, forse era una prostituta, forse era nigeriana”, racconta Battaini, protagonista dello spettacolo. “All’epoca collaboravo con un’associazione che si occupava di prostituzione, uscivamo la sera per portare alle ragazze in strada qualcosa di caldo e lasciare loro numeri di telefono da chiamare in caso trovassero il coraggio di sottrarsi allo sfruttamento, un percorso molto difficile – spiega – e nel 2007 sono stata al funerale di quella donna. Erano passati 2 anni dal suo ritrovamento e lei era rimasta chiusa nelle celle frigorifere del cimitero, senza che nessuno l’avesse riconosciuta”. È stato il sindaco di Castegnato a insistere perché fosse sepolta nel cimitero locale, insieme ai morti del paese, “per un senso di responsabilità condivisa – dice Battaini – Ha una bella tomba, in terra, ma sulla lapide non c’è il nome. Solo una dedica alle vittime della tratta”.
Dopo il debutto a ottobre, “Quando muoio io” sarà portato in scena il 10 febbraio alle 16 nella Sala civica di Castegnato in una giornata di celebrazione con una visita al cimitero. “Con il drammaturgo abbiamo cercato di fare una ricostruzione plausibile, visto che in quella vicenda non si venne a capo di nulla – spiega Battaini – Nella ricerca ho trovato anche il libro di Blessing Okoedion, una ragazza nigeriana che si è sottratta alla tratta, che insieme alla giornalista Anna Pozzi racconta la sua storia e dà molti dettagli su come funziona il traffico di esseri umani”. Il titolo scelto deriva dal fatto che in scena Valeria Battaini fantastica sul suo funerale e sull’importanza di avere un nome. “Metto in gioco me stessa, racconta i miei perché, le ragioni per cui faccio questo lavoro, la voglia di lasciare un segno, che qualcuno si ricordi del mio nome e lo metto in relazione con il fatto che lei un nome non ce l’ha, che nessuno l’ha mai riconosciuta”, afferma. Nello spettacolo non ci sono riferimenti chiari, “mi sono rifatta alle storie sentite sulle ragazze che arrivano dalla Nigeria”, potrebbe essere la storia di qualsiasi altra ragazza, “anche la mia se fossi stata meno fortunata”. (lp)