28 novembre 2016 ore: 17:03
Giustizia

“Questo è il mio corpo”, la campagna della Comunità Papa Giovanni XXIII contro la tratta

In 25 anni la Comunità ha liberato 7 mila donne dallo sfruttamento sessuale, 160 quelle accolte nelle case protette. A Bologna 166 liberate dalla tratta in 10 anni. Malaspina (referente campagna): “La legalizzazione non risolve il problema, bisogna colpire la domanda”. Petizione online a quota 24 mila firme
Questo è il mio corpo - campagna Comunità Papa Giovanni XXIII
Questo è il mio corpo - campagna Comunità Papa Giovanni XXIII

BOLOGNA – Si stima che in Italia ci siano tra le 75 mila e le 100 mila donne vittime della tratta per sfruttamento sessuale, il 65 per cento è in strada, il 37 per cento è minorenne, arrivano da Nigeria, Romania, Albania, Bulgaria, Moldavia, Ucraina, Cina. I clienti sono 9 milioni con un giro d’affari di circa 90 milioni di euro al mese. I dati sono diffusi dalla Comunità Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi nel 1968 che promuove la campagna di sensibilizzazione “Questo è il mio corpo” per chiedere al Parlamento di approvare la proposta di legge Bini (Atto Camera 3890 “Modifica all’articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n.75) che vuole punire il cliente dello sfruttamento sessuale. “Per risolvere il problema della tratta bisogna agire sul fronte della domanda, lo diceva già don Benzi”, ha detto Giorgio Malaspina, referente nazionale della campagna. La proposta di legge è stata depositata alla Camera e su iniziativa della senatrice Francesca Puglisi anche al Senato dove sono presenti diverse proposte che mirano invece alla legalizzazione. “Noi non crediamo che sia quella la strada da seguire – ha proseguito Malaspina – Nei Paesi che hanno legalizzato il fenomeno non è diminuito. Penso, ad esempio, alla Germania, dove ci sono quasi 400 mila donne in strada, in gran parte straniere, e la legalizzazione non ha né riempito le casse dello Stato né aumentato la sicurezza sanitaria”. La strada, insomma, è colpire i clienti. “Nei Paesi che l’hanno fatto, Svezia, Norvegia, Islanda e Francia il fenomeno non è scomparso ma si è ridimensionato – prosegue – La campagna chiede un impegno al Parlamento su questo fronte, ma mira a un cambiamento culturale e di mentalità. Se chiedi alle persone per strada, in tanti ti dicono che la soluzione sono le case chiuse, ma non è così. Negli anni Cinquanta, Lina Merlin ha fatto una battaglia per chiuderle a favore delle donne, anche oggi serve una battaglia culturale”. 

Negli ultimi 10 anni a Bologna, la Comunità Papa Giovanni XXIII ha liberato 166 vittime di tratta e grave sfruttamento sessuale, di cui il 54 per cento arriva dalla Nigeria, il 34 per cento dalla Romania, il 12 per cento da altri Paesi dell’Europa dell’Est. Sei su 10 hanno tra i 19 ei 24 anni, solo il 5 per cento ha più di 28 anni. “A queste vanno aggiunte le ragazze minorenni tolte dalla strada attraverso il lavoro delle forze dell’ordine e affidate alla Comunità dai servizi sociali”, dice Daniela Ercoles della Comunità Papa Giovanni XXIII che, con il marito Nicola Pirani, ha una casa famiglia a Bologna. “Il fenomeno della tratta è grave ed è in espansione perché la criminalità organizzata approfitta dei grandi flussi migratori per far entrare in Italia le ragazze, spesso minorenni – ha aggiunto – Non è pensabile parlare di libertà di scelta delle donne, sono povere, subiscono torture, violeze e stupri. La prostituzione finanzia un mercato che è secondo solo a quello della droga e non si fermerà da solo. Servono battaglie importanti e interventi legislativi”. 

“Se vogliamo combattere la tratta dobbiamo colpire la domanda, lo dice anche la Direttiva 36/2011 del Parlamento europeo – ha detto la senatrice Francesca Puglisi – I dati dei Paesi che hanno legalizzato dimostrano che i numeri invece di diminuire, aumentano. E che non c’è un gettito fiscale perché le prostitute non si dichiarano tali al fisco. Tanto è vero che alcuni Paesi, come la Francia, stanno cercando di tornare indietro”. Ecco perché, secondo Puglisi, “serve un intervento normativo per punire i clienti e bisogna fare cultura sul tema nel Paese”. Cambio culturale che comincia a vedersi: “Nel quartiere Savena, di cui sono stata presidente, c’è stato un cambio di linea nei cittadini che prima ci segnalavano le ragazze in strada parlando di scempio e disturbo della quiete pubblica, mentre ora ci chiedono di aiutarle”, ha detto Virginia Gieri, assessore del Comune di Bologna ai Rapporti con il Consiglio Comunale. “Questa campagna è un bellissimo esempio di come si può lavorare in modo proficuo pur partendo da posizioni diverse – ha detto Susanna Zaccaria, assessore del Comune di Bologna alle Pari opportunità – La battaglia è comune per risolvere un problema gravissimo”.  

La campagna “Questo è il mio corpo” chiede al governo e al Parlamento di “prevedere misure che scoraggino o riducano la domanda, fonte di tutte le forme di sfruttamento”, al Parlamento italiano di approvare la proposta di legge “Modifica all’articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, concernente l’introduzione di sanzioni per chi si avvale delle prestazioni sessuali di soggetti che esercitano la prostituzione (Atto Camera 3890) promossa da un gruppo trasversale di parlamentari e di cui è prima firmataria Caterina Bini, ai cittadini di sottoscrivere la petizione online che ha raggiunto quota 24 mila firme, alle associazioni di diventare partner della campagna e agli enti locali di impegnarsi per adottare nei loro contesti le misure necessarie per scoraggiare la prostituzione e approvare delibere a sostegno della proposta di legge. “È una favola dire che le donne in strada sono libere – ha concluso Malaspina – In Germania e in Francia le donne hanno preso posizione contro lo sfruttamento, spero lo facciano anche in Italia”. (lp)  

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