“Restiamo umani”, per fare in modo che la paura del terrorismo non incida sui più deboli
BOLOGNA - “Il terrorismo, da Parigi a Beirut, è un atto di disumanità. Non sono culture a muovere questa violenza: è un distacco dall’umano”. Lo dice Tahar Lamri, scrittore e attore di origine algerina, italiano dal 1986, sul numero di Piazza Grande di dicembre/gennaio, già in strada, dedicata al dialogo interculturale e religioso e alle conseguenze del clima di paura dovuto agli attacchi di Parigi su senza dimora, migranti e operatori sociali. “I musulmani, che non hanno nulla a che fare con gruppi estremisti e fondamentalisti, vengono colpiti con forza dal terrorismo: là dove vivono vengono guardati con occhi di paura e diffidenza”, afferma Lamri. In copertina, c’è ‘Peace for Paris’, creato dall’illustratore francese Jean Jullien subito dopo gli attentati terroristici di Parigi e condiviso da migliaia di persone nel mondo.
Il giornale ospita l’intervista a don Giovanni Nicolini, parroco della Chiesa di Sant’Antonio da Padova alla Dozza e consulente del sindaco Virginio Merola per i profughi. “Sono convinto che serva dare spazio e accoglienza a tutti, dunque anche alle persone di religione musulmana – dice –. È importante che ciascuno possa praticare il suo credo religioso e che questo porti a una pacifica convivenza”. Nihed Guediri, tunisina di 20 anni che da 15 abita in Italia, afferma che “i musulmani nel mondo sono un miliardo e mezzo, se fossero tutti terroristi, non ci sarebbe più nessuno in giro”. Nihed fa parte del direttivo della sezione bolognese dei Giovani musulmani d’Italia, associazione che raccoglie magrebini di seconda generazione. “Lo Stato islamico non è né Stato né islamico – continua – perché non è riconosciuto dagli altri Paesi e non segue i precetti dell’Islam. Nessuna religione incita alla guerra e all’odio: avere fede in Dio significa arrivare alla pace interiore, e la pace non si può mai trovare attraverso la guerra”.
Quali sono i meccanismi psicologici messi in atto dall’Isis per creare un clima di terrore? Lo spiega lo psicanalista Massimo Recalcati. “Nessun terrorismo come quello dell’Isis sfrutta in modo così metodico, scientifico, la dimensione mediatica – afferma –. Attraverso le immagini orrorifiche suscitano non tanto la paura per il proprio armamento bellico, ma una situazione di panico, di angoscia: il nemico può essere ovunque”. Sul fronte dei media, è Giovanni Maria Bellu, giornalista e presidente dell’associazione Carta di Roma, ad analizzare il linguaggio dei giornali dopo gli attacchi terroristici di Parigi: i titoli sulla ‘strage islamica’, la falsa notizia del ‘terrorista rifugiato’, il dibattito sull’immigrazione, i cosiddetti ‘nemici in casa’. Alcuni media nazionali hanno ceduto a facili semplificazioni associando la violenza degli attentatori all’intero Islam o riportando alcune bufale. “Non bisogna cedere a stereotipi e ideologismi, non cercare di confermare attraverso le notizie il proprio pensiero ma soprattutto osservare sempre la regola base di un buon giornalista: attenersi alla verità sostanziale dei fatti”. (lp)