“Se non cambia l’accoglienza, non ci sarà più posto per i profughi a Milano”
Foto di A. Zambardino/Contrasto
MILANO - A coccolare i bambini ci pensano anche le anziane ospiti della casa di riposo: in via Agordat, nell'istituto gestito dalle suore Figlie del Crocifisso, da circa sei mesi convivono profughe e vecchiette. Le prime hanno subito violenze in Libia e sono rimaste incinta: finora sono nati 10 tra bambini e bambine e nei prossimi mesi ne nasceranno altri 15. "Le signore anziane ospiti della casa sono rimaste contagiate da tanta vita nuova e danno una mano alle giovani mamme", racconta Alberto Sinigallia, presidente di Progetto Arca, che ha avuto l'idea di creare questa nuova forma di accoglienza. "Siamo molto soddisfatti -aggiunge-. Le profughe sono assistite dai nostri operatori e da psicologi e la presenza delle anziane rende l'ambiente più familiare". Il 2016 è stato un anno in salita per Progetto Arca, onlus che gestisce anche l'Hub di via Sammartini, struttura che sulla carta sarebbe servita solo per smistare nei centri di accoglienza i profughi arrivati a Milano. Ma ci sono state notti in cui ha ospitato fino a 600 persone, perché negli altri centri delle città non c'era più posto. "Il problema è che se non si cambia politica d'accoglienza, l'Hub non riuscirà più a smistare i profughi, perché sarà costantemente pieno". Non solo. "Le nostre unità di strada, che si occupano dei senza dimora, stanno incontrando sempre più immigrati che hanno ottenuto asilo o protezione umanitaria, ma non sanno dove andare. Di fatto vivono come senza dimora e il loro numero è destinato ad aumentare".
Progetto Arca si è specializzata nelle emergenze sociali. "Purtroppo ci sono sempre delle situazioni particolari, non previste e che richiedono la capacità di intervenire in tempi rapidi -aggiunge Alberto Sinigallia-. Ogni settimana, per esempio, ci arrivano casi di famiglie sfrattate. Riusciamo ad affrontare queste situazioni perché siamo economicamente indipendenti. Non dipendiamo da bandi o appalti con gli enti pubblici. I tempi delle gare d'appalto sono spesso incompatibili con le esigenze immediate di chi è povero. Anche l'Hub è a spese nostre: costa circa 1 milione di euro all'anno. E oltre a noi, ci lavora con proprie risorse Terre des hommes e tanti volontari. Senza contare l'aiuto indispensabile del Banco Alimentare, grazie al quale riusciamo a garantire i pasti ai profughi. Grazie ai donatori riusciamo ad intervenire e ad essere liberi di farlo". (dp)