21 aprile 2016 ore: 10:59
Giustizia

"Semi di libertà", alla Dozza i detenuti produrranno piante biologiche

Il progetto prevede il recupero della serra del carcere per la formazione sull’agricoltura biologica e urbana che sarà affidata a Cefal insieme ad alcuni docenti della Scuola di Agraria. Obiettivo è produrre piante per il consumo interno e per la vendita sul mercato
Agricoltura biologica, mano che tiene terra e germoglio

BOLOGNA - Formare i detenuti della Dozza sull’agricoltura biologica e urbana per avviare all’interno del carcere un’attività di impresa per la produzione di piante tradizionali e aromatiche da destinare al consumo interno e alla vendita sul mercato. È l’obiettivo del progetto “Semi di libertà”, promosso da Comune, Università, Casa circondariale Dozza, Cefal, Centro Poggeschi, associazione Streccapugn e cooperativa sociale Pictor che, lo scorso 12 aprile, hanno firmato una convenzione.-L’iniziativa prevede il recupero della serra del carcere e la costruzione di un impianto fotovoltaico per garantire la massima autonomia dal punto di vista energetico dell’ambiente destinato a vivaio. “Il risultato raggiunto rappresenta un significativo cambiamento nel sistema sanzionatorio – ha detto Nadia Monti, assessore comunale alla Legalità – L’attività di lavoro volontario e gratuito resa all’interno di enti pubblici e organizzazioni di assistenza sociale e volontariato, come abbiamo già potuto sperimentare grazie ai lavori di pubblica utilità e alla messa alla prova permette di promuovere sia un risarcimento concreto che di carattere simbolico verso la società e favorire il percorso di risocializzazione”.

Il percorso, che durerà fino al dicembre 2018, permetterà ai detenuti coinvolti di acquisire abilità professionali spendibili all’interno del carcere nella fase detentiva e all’esterno, dopo la scarcerazione. La formazione professionale sull’agricoltura biologica e urbana è affidata a Cefal in collaborazione con alcuni docenti della Scuola di Agraria. L’avvio dell’attività di impresa all’interno della quale saranno impiegati i detenuti nella produzione di piante sarà a cura della cooperativa Pictor. Tutte le coltivazioni avranno la certificazione biologica. “L’impiego in lavori di pubblica utilità è un valore aggiunto per la collettività e il territorio per ristabilire una relazione di maggiore fiducia tra soggetti in fase di riabilitazione e società esterna, evitando l’emarginazione – ha proseguito Monti – e favorendo il reingresso positivo nella comunità in un’ottica di umanizzazione della pena, di recupero al sociale del soggetto e di prevenzione dalla recidiva. Con questo progetto abbiamo attivato veri e propri percorsi lavorativi volti a insegnare un’attività pratica che in futuro potrà tornare utile agli stessi detenuti”. 

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