2 dicembre 2016 ore: 11:53
Disabilità

"Stare di casa nella città", donne con disabilità fanno proposte per una Ravenna accessibile

Parcheggi, panchine, trasporti, servizi, sicurezza. Sono alcune delle priorità segnalate dalle 24 donne con disabilità o madri di figli con disabilità nell’ambito del progetto dell’Associazione Liberedonne di Ravenna. La presentazione il 3 dicembre per la Giornata dei diritti delle persone con disabilità
Accessibilità

RAVENNA - Piccola, pianeggiante e con una buona presenza di servizi. È Ravenna così come viene vissuta dalle donne con disabilità o madri di figli con disabilità che hanno partecipato al progetto “Stare di casa nella città: donne con disabilità” promosso dall’Associazione Liberedonne che gestisce la Casa delle donne di Ravenna e finanziato dal Comune per capire il rapporto tra città e donne con disabilità negli aspetti della mobilità e della sicurezza. Questi aspetti positivi della città che sono “facilitanti”, in particolare per chi ha una disabilità, paradossalmente sono anche la fonte delle criticità segnalate dalle partecipanti. “Ravenna è piccola, alle sette di sera si spegne e pur essendoci molte proposte culturali si svuota con conseguente insicurezza e difficoltà a muoversi perché non ci sono i mezzi di trasporto – ha spiegato Piera Nobili, architetta e socia della Casa delle donne di Ravenna –, è pianeggiante ma la poca manutenzione su strade e marciapiedi la rendono di difficile accessibilità per chi ha una disabilità sensoriale o motoria. Infine, i servizi ci sono ma spesso non sono collegati tra loro, costringendo chi ha una disabilità a doversi informare per capire come approcciarsi a questi e spesso a dover ripetere procedure già fatte”. I risultati del progetto saranno presentati il 3 dicembre in occasione della Giornata nazionale delle persone con disabilità a Ravenna (Sala Buzzi, via Berlinguer 11 alle 10.30).

- Quanto è inclusiva e sicura la città per le donne con disabilità o per le madri di figli con disabilità? Come sono vissuti spazio e tempo in relazione alla fruizione della città? Cosa significa organizzare la vita quotidiana, socializzare, partecipare alla vita cittadina? Il progetto “Stare di casa nella città: donne con disabilità” è partito da qui: dopo la presentazione pubblica a febbraio, ci sono state interviste di gruppo, focus group, a donne con disabilità e con figli con disabilità, “non è stato facile intercettarle perché per loro non è semplice partecipare, per motivi legati a imprevisti della vita quotidiana, per la difficoltà di organizzare il quotidiano per sé o per la mancanza di qualcuno che le accompagnasse nel luogo dove si svolgevano le interviste”, e infine le interviste narrative a cui hanno partecipato 24 donne. “Il campione non è numericamente significativo ma il fatto che siano solo 24 lo è se pensiamo ai motivi di cui ho parlato prima e, al di là dei numeri, sono uscite riflessioni importanti”, ha aggiunto Nobili.

Casa, sicurezza, lavoro sono alcuni dei temi usciti dalle interviste. “La casa è vissuta come luogo protetto in cui potersi muovere in libertà ed essere autonome, ma anche come gabbia – ha spiegato Nobili – perché se la città di sera/notte non dà sicurezza per il fatto di essere donne e avere una disabilità, quindi fragili, la casa diventa una gabbia da cui non si esce se non in compagnia. Una valutazione che le donne spesso fanno a prescindere dalla disabilità”. Il tema della vigilanza è emerso “ma non in termini di maggiore presenza di autorità – ha precisato l’architetta –, tutte le donne hanno parlato di fiducia, socializzazione, vivibilità come risorse per rendere la città più sicura. Questo dimostra una grande maturità”. Una delle partecipanti, madre di un figlio con disabilità che ha vissuto il terremoto dell’Emilia del 2012, ha sottolineato l’urgenza del tema della sicurezza in emergenza per le persone fragili. “Il lavoro, in particolare per le madri di figli con disabilità, è un’ancora di salvezza, sia dal punto di vista economico che come spazio fuori dalla relazione con il figlio, uno spazio che le restituisce a loro stesse – ha affermato Nobili – Queste madri si identificano con i figli e rinunciano a parlare di sé: è una gabbia costruita culturalmente ma che ci si fa sentendo un gran senso di responsabilità nei confronti dei figli”.

Parcheggi, manutenzione marciapiedi, arredo urbano e panchine, trasporti, servizi, sicurezza. Sono alcune delle priorità segnalate dalle partecipanti nei due world cafè realizzati a novembre. “Da due anni vicino alla stazione e in alcune vie del centro storico sono state tolte le panchine, decisione della precedente amministrazione per evitare che chi è in strada, senza dimora o migranti, facesse capannello o vi dormisse – ha spiegato Nobili – La cosa è grave in sé, ma lo è ancora di più perché questa decisione non ha tenuto conto delle persone con disabilità che, pur deambulando, si stancano presto e cercano punti di appoggio in cui potersi sedere. Un bisogno che è anche un desiderio perché muovendosi poco da casa la panchina è un luogo di ritrovo che permette loro di partecipare, anche solo guardando, alla vita cittadina e, perché no, di incontrare altre persone”. Un’altra proposta riguarda l’accessibilità degli stabilimenti balneari e dei servizi sanitari, ospedale e Cup in primis.

“Quello che manca è un progetto sull’accessibilità, basta pensare alle piste ciclabili sui marciapiedi senza una separazione che permetta, ad esempio, alle persone ipovedenti di capire dove si trovano – ha concluso Nobili – Ecco perché è importante la formazione perché solo così si diventa consapevoli che le persone con disabilità esistono e che sono cittadini come gli altri. Conoscerli porta a una maggiore attenzione e a non offendere. La formazione avvantaggia le relazioni”. (lp)

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