“Talien”, road movie sui cambiamenti dell’Italia vista da un migrante
BOLOGNA – “Quando mio padre mi ha detto ‘portami in Marocco perché ho voglia di tornare’ per me è stato un fulmine a ciel sereno. Ma questa notizia mi ha fornito la chiave di scrittura per il film a cui stavo pensando da un po’ di tempo”. Il 35enne Elia Mouatamid, nato in Marocco e arrivato in Italia, a Brescia, con la famiglia da neonato, racconta così la nascita di “Talien”, il lungometraggio di cui è regista e anche protagonista, insieme al padre Abdelouahab. “La mia idea era quella di parlare dell’Italia degli ultimi 35 anni e di com’era cambiata – spiega – così ho deciso di utilizzare il punto di vista di mio padre, i suoi occhi, la sua parabola italiana per raccontare i mutamenti sociologici del Paese”. Elia ha deciso di accompagnare il padre Abdelouahab in questo viaggio a ritroso dall’Italia al Marocco, oltre 2.500 chilometri attraverso Francia e Spagna, utilizzando un ex camion militare trasformato in camper dagli stessi protagonisti, e così il film è diventato un road movie. “Ci abbiamo messo 16 giorni a girarlo, di cui 10 di viaggio, e quasi un anno di postproduzione – dice il regista – Il viaggio del film è quello reale anche se è un po’ dilatato perché facevamo circa 50 km al giorno”. Primo lungometraggio del regista bresciano, “Talien” ha già raccolto numerosi premi: miglior film al terzo Working Title Film Festival, premio speciale della giuria e premio collaterale “Gli occhiali di Gandhi” al 35° Torino Film Festival, menzione speciale come migliore opera prima ai Nastri Argento Doc 2018 di Roma, menzione speciale della giuria alla terza edizione di Italia in Doc di Bruxelles, nomination per il miglior film a tema migrazione al quinto Socially Relevant Film Festival di New York. “Ora l’obiettivo è trovare un distributore per riuscire a portarlo nei cinema”, spiega Mouatamid.
Politica, religione, generazioni, integrazioni, viaggio, fatica, meccanica. In “Talien” si parla di tutto questo ma soprattutto si parla del cambiamento sociologico dell’Italia attraverso il racconto di un padre al figlio. “Mio padre è arrivato nel 1980, allora il contesto italiano era completamente diverso da quello odierno – spiega Mouatamid – : gli immigrati in quegli anni erano pochi ed erano visti come una curiosità, in soli 30 anni sono diventati un problema da risolvere”. Appena arrivato in Italia, Abdelouahab Moutamid ha iniziato a lavorare come venditore ambulante, “girava per le cascine della campagna bresciana a vendere biancheria”. È così che ha conosciuto Battista, altro protagonista del film, “è stato uno dei primissimi clienti di mio padre, l’amicizia, nata immediatamente, con gli anni è diventata quasi parentale, e il camper l’abbiamo costruito nella sua cascina – racconta Elia – L’ho inserito in ‘Talien’ per delineare il tipo di integrazione e di amore che ci lega, che mi lega all’Italia e che lega anche mio padre a questo Paese: la fusione tra culture diverse è possibile, è solo una questione di dialogo”. Il titolo del film riprende il modo in cui i marocchini chiamano l’Italia, “non è una parola usata in senso dispregiativo, ma è una storpiatura della parola francese. Talien negli anni Ottanta era il mito, il Paese in cui poter far fortuna. Un po’ com’è stata la Germania per gli italiani negli anni Cinquanta”. I dialoghi tra padre e figlio sono in arabo, marocchino, italiano, dialetto bresciano, “è voluto perché le sfumature linguistiche hanno registri diversi – spiega il regista – L’arabo è una lingua passionale e, non a caso, nel film è utilizzata per i momenti più emotivi e drammatici. Il dialetto invece l’ho scelto per alleggerire. È così anche nella vita perché io sono così”.
Come in tutti i road movie, anche in “Talien” succede qualcosa durante il viaggio. “I temi del film sono tanti ma uno è il rapporto tra padre e figlio, tra generazioni diverse, tra un arabo che ha generato fondamentalmente un padano, che sono io. È stata un’autoanalisi, anche per me”. Dopo aver fatto il venditore ambulante, il padre di Elia è diventato imprenditore ma, poi, per motivi legati alla famiglia, la moglie si è ammalata, fa un passo indietro. “Nel film si racconta la vita di mio padre, di quest’uomo che ha dovuto fare marcia indietro e lasciare la carriera professionale e nel farlo si accorge che l’Italia è cambiata – spiega il regista – e l’entusiasmo, le prospettive e le opportunità che c’erano negli anni Ottanta oggi non ci sono più. Forse è per questo che ha deciso di ritornare alle origini”. Oggi Abdelouahab vive nel centro storico di Fes, in Marocco, da dove era partito quasi 40 anni fa. “Ritorna spesso in Italia a trovarci, è qui anche adesso – racconta Elia – In questi anni non è cambiata solo l’Italia ma anche il Marocco che sta vivendo un boom simile a quello degli anni ’60 italiani, ora sono curioso di capire se la sua convinzione di restare là durerà nel tempo e se sarà il caso di girare un altro film per riportarlo qui”.
“Talien” è stato visto da tanti marocchini, “si sono riconosciuti tantissimo nella vicenda di mio padre e questo mi fa piacere – racconta Mouatamid – perché io ho raccontato la mia storia ma sapevo già che in realtà è la storia di tanti. Certo mio papà è arrivato in un contesto in cui gli immigrati quasi non esistevano e si saranno identificati con la sua storia gli immigrati arrivati alla fine degli anni Settanta, quelli che si ricordano di quell’Italia prosperosa, curiosa. Un’Italia che non conosceva nessun tipo di intolleranza, di slogan e, a pensarci, è assurdo ciò che stiamo respirando in questo momento”. (lp)