22 aprile 2015 ore: 12:02
Disabilità

“Torni dalla mamma il bambino con autismo”: Binetti interroga Lorenzin

Oggi pomeriggio la risposta del ministro. Binetti: “No a ideologia della separazione: dovrebbe essere fatto estremo, soprattutto in caso di disturbi. Nel caso di Trieste, tanti equivoci, legati a somministrazione di un farmaco. Presto legge su autismo”
Timbro con scritta AUTISM

ROMA – “L’allontanamento di un bambino dal suo nucleo familiare dovrebbe rappresentare nel nostro ordinamento sempre un fatto estremo, tanto più quando si tratta di un bambino malato, affetto da problemi che riguardano la sua salute fisica e mentale”: la realtà, però, è spesso diversa. Accade così che “un bambino di otto anni con seri problemi comportamentali a carattere compulsivo” sia sottratto alla mamma con cui vive da sempre e trasferito bruscamente in una casa famiglia. Il caso di A sbarca in Parlamento e oggi riferirà la ministra della Salute Lorenzin, così interrogata da Paola Binetti (Udc). 

“Per una serie di equivoci di cui sono parte integrante la somministrazione di un farmaco che ha avuto un effetto-paradosso e il mancato tempestivo monitoraggio del farmaco stesso – scrive Binetti - il bambino è stato sottratto brutalmente alla madre, accusata di essere una madre trascurante ed inadeguata; in realtà, la stessa pur avendo cercato di fare tutto il possibile per curarlo, non ha ottenuto i risultati sperati o per lo meno non li ha ottenuti nella misura necessaria ad ottenere una sufficiente integrazione del bambino nel contesto della classe e nell’habitat sociale in cui vive”. Nello specifico, “il neuropsichiatra, in servizio presso una struttura pubblica, avrebbe prescritto al bambino il risperidone, senza avvertire la madre dei possibili effetti collaterali del farmaco e senza dare alla madre un suo recapito, per essere consultato in caso di bisogno”. Una somministrazione evidentemente inopportuna, visto che, ricorda Binetti, “i sintomi già preesistenti nel bambino sono ulteriormente peggiorati e ne sono comparsi altri: allucinazioni, opistotono, enuresi; sul piano comportamentale il bambino è diventato meno gestibile e le tensioni ambientali si sono moltiplicate”. 

Di fronte a questa reazione, la mamma del bambino ha deciso di diminuire e poi sospendere la somministrazione, su suggerimento di un altro specialista a cui nel frattempo si è rivolta: di qui, riferisce Binetti, “la catena perversa che ha portato all'allontanamento coatto del bambino dalla famiglia”, basato sulla presunta inadeguatezza della madre nell’assicurare al figlio le cure necessarie”.   

Ora, il bambino vive lontano da casa, “in una comunità che dovrebbe essere a carattere familiare – riferisce Binetti - ma che di fatto è una comunità di estranei. La madre può vederlo solo un paio di ore alla settimana, in compresenza con gli educatori e gli assistenti sociali sotto la loro stretta osservazione”. Le condizioni del figlio, nel frattempo, sono regredite. "Ed è intanto arrivato, da parte dell’Inps centrale, il riconoscimento della grave disabilità del bambino (articolo 3 comma 3), precedentemente negata dalla commissione periferica di Trieste - riferisce Carlo Hanau, che sta seguendo il caso - In altre parole, si è certificato che i problemi del bambino non derivano da colpe o inadeguatezze della madre, ma piuttosto da un grave disturbo del bambino stesso". Anche alla luce di questo, la ministra Lorenzin oggi risponderà all’interrogazione di Binetti. 

“Allontanare un bambino con autismo dalla propria famiglia – riferisce a Redattore sociale Binetti - significa togliergli quei punti di riferimento per lui fondamentali, che nascono dalla consuetudine profonda e affettuosa. E vuol dire scivolare in quella ‘ideologia della separazione’, che per molto tempo ha creato problemi. E’ troppo diffusa – aggiunge Binetti – la tendenza ad allontanare i bambini dai genitori, invocando le sindromi più assurde. Abbiamo invece bisogno che restino nelle loro famiglie, adeguatamente supportate”. 

Per quanto riguarda, nello specifico, la ragione dell’allontanamento di A., “è bene ricordare che un trattamento farmacologico specifico per l’autismo non c’è – afferma Binetti – Piuttosto, si cerca di intervenire, a volte, con trattamenti sintomatici, che però spesso hanno lo scopo di rendere il bambino più docile e obbediente, ma attraverso l’appiattimento della sua capacità di reazione, partecipazione e integrazione. Questa mamma ha scelto invece di farsi carico di alcune tensioni del bambino, per renderlo più vivo. Il tema generale, qui – conclude Binetti – è quello della ricerca, che va approfondita e incentivata”. Ed è quello, anche , di una normativa sull’autismo, che faccia chiarezza, riconosca diritti ed elimini barriere culturali e burocratiche: “Oggi pomeriggio, in Senato, continuerà la discussione sul ddl autismo – riferisce Binetti – Il nostro desiderio è portarlo a casa prima possibile. Il problema principale prevedere iniziative significative, a costo zero. Ma faremo il possibile perché associazioni e famiglie abbiano uno strumento di legge che almeno abbatta gli ostacoli burocratici. Intanto, al ministro chiedo un sostegno concreto e diretto a questa e alle altre famiglie, in cui il punto di vista del genitore riceva attenzione, nella consapevolezza che il bene del bambino passa prioritariamente per la relazione con i genitori: chiedo quindi che A. sia al più presto restituito alla famiglia e che si riveda, in generale, la facilità con cui i servizi sociali sottraggono troppo spesso i bambini ai loro genitori”. (cl)

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