25 gennaio 2023 ore: 15:09
Società

“Una presa in carico delle fragilità che diventa essa stessa fragile”. Per un Welfare umano

Dopo il documento sulla povertà il direttore della Comunità di Capodarco, Riccardo Sollini, torna con una riflessione dedicata al terzo settore. “Non contiamo nelle scelte politiche, siamo sempre più additati come realtà ‘sporche’ e poco chiare, ma allo stesso tempo dobbiamo rispondere a tutte le situazioni di disagio crescente”
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Riccardo Sollini

FERMO - “Assistiamo sempre più a una messa all’angolo delle realtà del terzo settore”, a una sistematica e crescente distruzione dell’immagine e dei significati legati a questo mondo. “Mettendo in un unico calderone tutte queste realtà, esplode l’idea di un sistema terzo settore costituito da un generale ‘non poco di buono’, da una serie di organizzazioni che rasentano l’illegalità, fatta di approfittatori delle situazioni di disagio”. Eppure il non profit, chiamato a risolvere “tutte quelle questioni aperte a cui le logiche politiche non danno risposta: poveri, non autosufficienti, disabili”, gestisce in prima persona servizi spesso essenziali, delegati direttamente dal sistema pubblico. “Una presa in carico delle fragilità che diventa essa stessa fragile, con contratti a tempo, spesso a chiamata, mal pagati, con convenzioni brevi rispetto alla durata necessaria del servizio o con una precarietà di continuità”.

Dopo il documento sulla povertà, il direttore generale della Comunità di Capodarco, Riccardo Sollini, torna con una riflessione dedicata al terzo settore. “Non contiamo nelle scelte politiche, siamo sempre più additati come realtà ‘sporche’ e poco chiare, ma allo stesso tempo dobbiamo rispondere (spesso con fondi propri, volontariato e bandi al ribasso costante) a tutte le situazioni di disagio crescente”. Nel suo essere spina dorsale del sistema d’aiuto del nostro Paese il terzo settore “rappresenta anche uno spazio di sperimentazione di economia sociale, di società solidale quanto più necessario in questa epoca decadente”. Ma come mai si è prestato “a diventare questo tipo di ‘pecetta’, di soggetto adatto a precarizzare interventi verso un mondo già precario?” Per il direttore della Comunità di Capodarco la vera sfida è quella di riconoscere internamente la propria identità e capire quale responsabilità ha il terzo settore nel narrarsi. Va aperta una riflessione critica e profonda all’interno dello stesso mondo, vanno altresì condannate in maniera forte e senza sconti “quelle realtà che approfittano dell’essere imprese sociali, cooperative per nascondere malaffare”. L’obiettivo è riuscire a “far convivere in maniera nitida, l’anima solidale e la necessità di far quadrare i conti, in un equilibrio che dia dignità alle persone che lavorano e a quelle per cui si generano servizi”.

Tutte le riflessioni sono dedicate ad implementare, attraverso una serie di documenti, le motivazioni a sostegno della Campagna per un #WelfareUmano che la Comunità di Capodarco sta portando avanti.

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