"Vite in gioco. Oltre la slot economia", riportare il gioco dentro i confini della civiltà
Ricominciare dal gioco. Come attività di svago fine a se' stessa, come scuola di vita, come forma di relazione e collaborazione tra gli individui. L'idea alla base del movimento "Slot Mob" - che combatte l'azzardo organizzando manifestazioni e colazioni collettive in bar che hanno detto no all'installazione delle macchinette - e' diventata libro con "Vite in gioco - oltre la Slot economia" (212 pag. Ed. Città Nuova a cura di Carlo Cefaloni). Il volume ha il merito di analizzare a fondo il fenomeno che ogni anno raccoglie circa 100 miliardi di euro tra i giocatori italiani, soprattutto, come ha evidenziato la Corte dei Conti, tra le fasce sociali medio-basse.
Nella prima parte il libro riporta testimonianze di persone dipendenti dal gioco d'azzardo e di psichiatri che ne seguono la terapia (Dr. Giuseppe Riccio nel capitolo "Game over: Scene di vita quotidiana in una Asl di provincia"), mentre la seconda, intitolata "Chi ci guadagna", e' dedicata agli aspetti politico-economici e legali del sistema "azzardo" in Italia. In particolare, il capitolo "L'industria del gioco d'azzardo legalizzato" (di Gabriele Mandolesi e Francesco Naso dell'associazione "Economia e Felicità") evidenzia come le 13 principali società concessionarie delle slot machine, abbiano una struttura proprietaria poco trasparente e le aggiudicazioni dei bandi dell'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS) siano spesso avvenute in condizioni di conflitto d'interesse. Caso emblematico e' proprio quello di SISAL - concessionaria di slot machine, Superenalotto e scommesse sportive, con un fatturato di 823 milioni l'anno- che risulta di proprietà di una società di diritto lussemburghese i cui soci sono tre fondi di private equity. Il suo presidente Augusto Fantozzi, era ministro delle finanze del governo Dini nel 1996 quando la SISAL ha ottenuto la concessione dell'Enalotto.
Nella terza parte, "La radice del problema" si propongono diversi punti di vista, da quello del filosofo morale Massimo Borgesi, a quello medico Federico Tonioni, all'opinione di responsabili di associazioni anti-slot.
Nel capitolo "gioco. Premi. Capitalismo. L'umanesimo del biliardino", l'economista Luigino Bruni chiede di "riportare il gioco dentro il territorio della civiltà", perché "esiste oggi una malattia del gioco che si pone prima delle dipendenze da gioco". "Dobbiamo reimparare a giocare", afferma Bruni, perché "la capacità di giocare e' sempre una risorsa morale in più, perché il gioco rende il giogo della vita più leggero e soave". "Il gioco ha bisogno di compagnia - evidenzia l'economista - perché la sua natura più vera e' il suo essere di relazione". "C'è un estremo bisogno di riportare il gioco alla sua natura di bene relazionale, di incontro, di festa", "far nascere ex novo, dei luoghi del gioco buono", auspica.
"L'azzardo pericoloso del cattivo gioco si combatte con buone leggi, ma soprattutto con il buon gioco, cominciando da bambini", conclude. (Ludovica Jona)