“Viviamo come in una prigione”: la testimonianza dei migranti dal nuovo centro di Samos
ROMA - “E’ come una prigione, con le recinzioni, mette paura. Sono scappato dalla sofferenza per arrivare a vivere imprigionato?". Aminatou, originario del Camerun è uno dei migranti ospitati nel nuovo centro allestito nel settembre 2021 nell’isola di Samos, in Grecia. La sua testimonianza è contenuta nel report realizzato da Europe Must Act un collettivo di attivisti, ricercatori e ONG, che in questi mesi hanno portato avanti un monitoraggio sulle condizioni di accoglienza nella struttura, intervistando le persone che ci vivono.
Il centro secondo gli attivisti non corrisponde a quanto promesso dalle autorità greche ed europee. Si tratta di un campo chiuso e controllato. Le condizioni di accoglienza sono al limite: “non è un posto per esseri umani” spiega FArshid Ghulami, originario dell’Afghanistan. Non solo, ma secondo il report in molti casi sono emerse sofferenze psicologiche e mentali degli ospiti.
Tra le denunce contenute nel dossier anche quella di violenze: “ci hanno chiamato e ci hanno picchiato. Hanno i bastoni” dice Alain anche lui originario del Camerun. “Le parole dei residenti del campo rivelano l’impatto delle condizioni di vita sotto costante sorveglianza - si legge nel rapporto -. Nonostante le evidenze, il campo di Samos è considerato da molti governi europei un modello che potrebbe essere replicato altrove. Noi chiediamo ai leader di smettere di creare centri chiusi e controllati come unica soluzione. Bisogna offrire un’accolgienza degna alle persone nelle aree urbane. Chiediamo ai leader di ascoltare le persone che vivono nel campo”.