L’appello lanciato da Alessandro Radicchi, fondatore di Binario 95 e direttore dell’Osservatorio nazionale della solidarietà nelle stazioni italiane. “Chiediamo alle istituzioni di non lasciarci soli ed iniziare a pensare da subito alla possibilità di predisporre luoghi dedicati alla quarantena di chi non ha una casa”
ROMA - Stare a casa per fermare il contagio da Covid-19. È quanto ha chiesto ieri il presidente del Consiglio a tutti gli italiani, ma chi non ha una casa, come fa? È questa la domanda che sta circolando in queste ore tra chi si occupa di senza dimora. Una domanda che si aggiunge a tante altre, come ad esempio quelle su come gestire i centri di accoglienza per evitare che la presenza di un contagio porti alla chiusura di servizi che per i senza dimora sono essenziali. A Roma, ad esempio, al centro di accoglienza “Binario 95”, hanno già sospeso tutte le raccolte di indumenti, ma l’estensione della zona “protetta” a tutto il territorio nazionale rende l’aiuto ai più deboli ancora più difficile.
Per questo, Binario 95 lancia una campagna parallela con l’hashtag #vorreirestareacasa per richiamare l’attenzione, in queste ore di apprensione, anche sulle difficili condizioni che le persone senza dimora e i servizi di accoglienza sono chiamati a fronteggiare. “Solo le stime Istat parlano di 50 mila persone senza dimora, di cui 7 mila solo a Roma - spiega Alessandro Radicchi, fondatore di Binario 95 e direttore dell’Osservatorio nazionale della solidarietà nelle stazioni italiane -. Tuttavia, noi abbiamo contato nell’ultimo anno 20 mila persone che hanno chiesto aiuto alla sala operativa a cui si aggiungono le 12 mila persone che vivono nelle strutture occupate di Roma, le circa 5 mila presenze nei campi rom della Capitale". Insomma,
"con quelli non intercettati arriviamo alle 40 mila persone che non hanno una struttura abitativa o un contesto che possa favorire la possibilità di gestire una situazione critica come questa”.
Il problema riguarda tutti, non solo i senza dimora, spiegano al Binario 95. “Oltre a non avere una casa nella quale isolarsi - spiega una nota diffusa nel pomeriggio -, le persone senza dimora sono comunque costrette ad utilizzare le mense per nutrirsi e i centri di accoglienza per dormire, entrambi luoghi in genere affollati e promiscui, nei quali la distanza minima non può essere, in molti casi, rispettata. Chi non ha un’abitazione, inoltre, pur avendo compreso la gravità della situazione e sforzandosi con buona volontà di rispettare le regole, ha molta difficoltà ad adeguarsi alle norme igieniche di base previste dal Dpcm per non parlare della complessità nel reperire i dispositivi di protezione, perché non ne ha le possibilità economiche”.
Cosa succede a Binario 95 di Roma
A Binario 95, così come all’Help Center, al magazzino Nextop MSC e al Rifugio Sant’Anna per donne fragili, gli operatori continuano a fornire l’assistenza necessaria a chi ha più bisogno “con una giusta informazione sulle procedure da adottare in caso di rischio - spiegano da Binario 95 -, attraverso una cartellonistica multilingue semplificata e ben visibile. Sono stati, inoltre, predisposti i dispositivi di sicurezza, quali gel, mascherine e fazzoletti, e sono state intensificate le pulizie delle superfici e degli ambienti, con una sanificazione ad hoc delle docce, dopo ogni utilizzo”. Inoltre, viene fatta rispettare la distanza minima di sicurezza e c’è anche il contingentamento dell’afflusso delle persone negli ambienti unici.
"Servono luoghi dove chi non ha casa possa andare in quarantena"
Tuttavia, spiega la nota, i servizi attuali, quali centri di accoglienza e dormitori, non sono ancora in grado di garantire assistenza agli ospiti che potrebbero risultare positivi al tampone. “Nel caso in cui un solo ospite si ammalasse - spiega una nota diffusa da Binario 95 -, tutta la struttura potrebbe essere preclusa e, se messa in quarantena, verrebbe meno il servizio per altre decine di utenti”. Secondo Radicchi, serve uno sforzo congiunto tra pubbliche amministrazioni e enti del terzo settore per evitare la chiusura dei servizi, ma anche per predisporre luoghi per un potenziale autoisolamento per le persone senza dimora che dovessero essere malate. “Dobbiamo proteggere le persone senza dimora che ospitiamo e tutelare il lavoro dei nostri operatori - spiega Radicchi -. Chiediamo alle istituzioni, comunali in particolare, di non lasciarci soli ed iniziare a pensare da subito alla possibilità di predisporre dei luoghi dedicati alla quarantena di chi una casa non la ha”.
Qualcosa, a Roma si può fare già da subito, aggiunge Radicchi. “Ci sono delle strutture che potrebbero essere utilizzate - spiega il fondatore di Binario 95 -, parlo dei progetti di housing e di condominio sociale che verranno essere utilizzati in prossime progettualità finanziati con i fondi del Pon. Dobbiamo attivare da subito, senza aspettare, quegli appartamenti in modo tale che almeno alcune persone abbiano un luogo con stanze separate dove poter andare nel caso ce ne fosse bisogno, con la presenza di operatori sociosanitari. Dobbiamo creare delle case alternative per garantire questo isolamento a chi non ha casa”.
L’emergenza, secondo Radicchi, inoltre, deve portare anche a “
rivedere il sistema di accoglienza - conclude -, ripensando il ruolo dei centri e dando il giusto valore all'estrema responsabilità di cui si fanno carica nel supportare persone che non hanno altre forme di supporto, come la famiglia. Bisognerà ripensare agli investimenti sull'housing, all'importanza di centri più piccoli, meno legati ai grandi numeri, al dialogo con il servizio sanitario nazionale, che in molti luoghi è già estremamente proficuo. L’emergenza sta cambiando la nostra vita. Speriamo che questo cambio porti ad una nuova visione che non escluda ancora di più chi vive ai margini”. (ga)
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