A piedi tra i borghi per raccontare l'umanità ferita dal sisma
Amatrice. Foto di: Matthias Canapini
Amatrice. Foto di: Matthias Canapini |
- VISSO (MC) - “Al terzo giorno ho smesso di fotografare macerie e ho iniziato a raccontare storie, lentamente, immortalando stralci di una umanità resistente e solidale: i piccoli gesti di postini, allevatori, studenti, turisti, operai. Una processione religiosa sull’altopiano di Forca Canapine o il saluto della buonanotte tra Erziana e Assunta, donne sfollate nel borgo di Bolognola”. Si chiama “Oltre il sisma” ed è il progetto che sta portando il fotografo fanese Matthias Canapini a camminare per mesi sui Sibillini, nei borghi martoriati dal terremoto, per documentare “l’umanità ferita dal sisma di settembre e ottobre, per raccontare che dietro i numeri, le macerie, le cravatte e i bei discorsi c’è Stefano, ci sono Federica, Bruno, Alice e il piccolo Ernesto”. Reduce dalla pubblicazione di “Eurasia Express”, il libro che sta portando in giro per l’Italia e che racconta il suo viaggio in Asia “6 mesi di cammino per dare un volto e un nome alle persone che sono dietro gli strascichi di guerre, migrazioni e politiche”, Matthias ha iniziato il 24 agosto 2016 “il viaggio speciale che mi sta riportando a casa”.
Come è nato “Oltre il sisma”?
E’ iniziato tutto il 24 agosto, con la scossa di Amatrice. Mi trovavo in sud Italia per raccontare storie sul mondo contadino, ho sentito la notizia del terremoto e sono partito subito. Da quel momento, ogni 2 settimane ho continuato a viaggiare in queste zone, raccogliendo testimonianze e seguendo il processo e il destino delle persone. Viaggio in questi territori a piedi, con il desiderio di percorrere questi posti lentamente, facendo un cammino che mi consenta di raccontare in maniera più ampia cosa sta accadendo. Per dare voce anche ai margini di questo terremoto, dalle frazioni meno colpite fino ad arrivare, nell’ultimo mese, agli epicentri. Il progetto consiste proprio in questo: raccontare cosa c’è oltre la scossa, oltre il terremoto, e riportare a casa queste storie.
Sono partito dall’agrinido “La quercia della memoria” di San Ginesio e da lì ho proseguito per circa un mese, a piedi, all’interno dei Sibillini. Ho viaggiato anche in autostop, cercando passaggi dalla gente del posto, parlando con operai, casalinghe, allevatori, studenti, turisti volontari finiti lì per caso: in un viaggio per raccontare l’umanità che tenta di risollevarsi dopo le scosse.
Agrinido. Foto di: Matthias Canapini |
Che cosa ha trovato?
E’ un viaggio particolare e interessante. Negli anni precedenti sono sempre andato alla ricerca di guerre nel mondo, dall’Ucraina alla Siria, poi mi sono reso conto che sotto casa ci sono altre guerre, silenziose, che non si combattono con armi o carrarmati ma che provocano comunque un numero altissimo di vittime, di traumi e di ferite. ‘Oltre il sisma’ è stato un po’ un ritorno alle origini. La forte umanità che incontravo negli altri angoli del mondo ora era qui, a due passi da casa: una resistenza umana che tenta di risollevarsi. Una umanità, soprattutto, che torna comunità e condivide i piccoli gesti, si aiuta. La solidarietà che emerge sempre più forte, nelle situazioni difficili.
Una, tra le tante storie che ha documentato.
Mi piace raccontare il giorno in cui sono finito a Pievebovigliana. Arrivo e trovo camini spenti, il borgo vuoto, le ruspe che costruiscono lentamente lo spazio per le casette. Ad un certo punto mi fermo davanti a un bar, quasi completamente distrutto. Appoggio le spalle al muro e comincio a contare i passi: esattamente 29. A 29 passi di distanza, Luigi e Oliva, una coppia di 50 anni, con la figlia Caterina avevano riaperto, in un borgo praticamente vuoto, abitato dagli ultimi anziani. Sono rimasto un po’ con loro e poi gli ho chiesto: ma perché vi ostinate a rimanere qua e a riaprire un bar? E loro, che in quei 29 passi di distanza hanno trovato una volontà gigantesca, hanno risposto: ‘se anche fanno di tutto per piazzarci lungo la costa, queste sono le nostre radici. Se non crei un bar, un punto di ritrovo, anche solo per gli ultimi anziani, ammazzi la comunità del posto’. Allora capisci che al di là di tutto, c’è un impegno collettivo alle spalle: dietro a tante scelte non c’è più solo il lavoro privato, la volontà singola di rimanere, ma si ragiona a livello globale, collettivo.
Tutto il materiale raccolto dove confluirà?
Il mio ultimo pellegrinaggio si è snodato da Ussita a Montegallo, da Amandola a Preci, attraversando a piedi o in autostop i Sibillini da nord a sud, perdendomi tra sentieri di montagna cotti dal sole e pascoli smarriti tra cielo e terra. Ho in programma di viaggiare in queste zone fino al prossimo inverno quando andrò a vivere in un rifugio di montagna, a Sefro. L’intento è fare un libro, accompagnato dagli scatti che sto facendo lungo la strada. Sono scatti che dal terzo giorno in poi hanno abbandonato le macerie, preferendo raccontare una partita a carte tra gli anziani, una bambina in bici, un allevatore sui monti: la rinascita dell’uomo, tutto il bello che sopravvive anche nel dramma.
Bolognola. Foto di: Matthias Canapini |
Umanamente cosa ti sta lasciando questa esperienza?
Dopo anni di viaggio fuori, mi sono messo in cammino a passo d’uomo ed è uno dei viaggi più belli che abbia mai fatto proprio perché torni allo origini, scopri le tue radici, la tua comunità, la tua terra. Questa viaggio a due passi da casa mi sta dando veramente tanto e arrivi al punto di vedere immagini e visioni che trovavi solo dall’altra parte del mondo. Viaggiare tra la propria gente, cogliendo tutto quello che di buono ci riservano le situazioni difficili, è una cosa straordinaria, la più bella, in assoluto. Anche perché cambi il punto di vista, apprezzi sempre di più casa tua, capisci quanto ancora c’è da fare, e si deve fare, per cambiare lo stato delle cose. Un terremoto ha inizio nel momento in cui finisce, con drammi che si consumano lentamente, sotto casa, come un tarlo che scava nel legno cavilloso. Vorrei continuare a muovermi a passo d’uomo tra alberi, borghi in pietra e animali, tessendo una rete tra le varie comunità che con tenacia resistono. Ancora. (Teresa Valiani)