Accoglienza diffusa per i minori stranieri soli? "Bene, ma serve una legge"
PALERMO - Subito dopo ogni sbarco nessun minore viene lasciato in banchina e, anche se con grande fatica, alla fine per tutti si riesce a trovare un posto all'interno di una struttura. A parlare del sovraffollamento dei minori stranieri che riguarda le 45 strutture della città che ad oggi a vario livello ospitano oltre 950 minori stranieri non accompagnati è l'assessore alla cittadinanza sociale Agnese Ciulla. Articolata la geografia dell'accoglienza palermitana: 31 comunità iscritte all'albo regionale per i minori italiani e stranieri; 8 gruppi appartamento per minori, italiani e stranieri; 5 strutture iscritte all'albo regionale solo per minori stranieri di prima e seconda accoglienza con una capienza enorme che arriva complessivamente a oltre 300 minori; poi c'è Caritas di Palermo e Monreale che assicura in emergenza l'accoglienza per un certo numero di minori; ci sono 2 strutture per mamma con bambino e due Sprar con capienza di 12 posti.
Siamo a quasi mille presenze di minori accolti dalle strutture della città...
Sì, anche se il numero è in continua evoluzione: dall'ultimo sbarco di mercoledì scorso si è allontanato dalla Caritas di Monreale un gruppo di 53 minori eritrei, ma nello stesso tempo altri ne sono arrivati dai centri di altri comuni siciliani. Rispetto all'anno scorso, però, quando su oltre 1000 minori arrivati solo per 300 è stata assegnata la tutela, da quando ci sono i foto-segnalamenti le fughe sono nettamente diminuite. Per i minori favoriamo i ricongiungimenti secondo la convenzione di Dublino, ma per gi eritrei minori non viene applicata la relocation e questo ci sembra inspiegabile. Nelle comunità e nei gruppi appartamento non ci sono grandi allontanamenti perché si tratta di un'accoglienza fatta di piccoli numeri in cui i minori in qualche modo intraprendono dei percorsi di integrazione sociale.
Quali sono le difficoltà maggiori che state vivendo?
Le situazioni peggiori sono legate alla difficoltà di differenziare il progetto educativo di presa in carico dei ragazzi nella prima e nella seconda accoglienza. A causa della mancanza dei posti c'è, infatti, una situazione mista per cui abbiamo giovani che sono arrivati da un mese con ragazzi appena arrivati e poi quelli che sono ospitati da un anno. La difficoltà in questo caso è legata proprio alla possibilità di fare un progetto educativo di gruppo. Inoltre l'elevato numero di presenze crea inevitabilmente un rallentamento da parte di tutti gli uffici competenti delle procedure per avviare le pratiche per la richiesta della protezione umanitaria.
E le attese possono diventare molto lunghe e gravare sullo stato del minore...
Non riuscendo a trasferire i minori in una seconda accoglienza più capillare e strutturata, ci troviamo i centri di prima accoglienza dedicati stracolmi. Le situazioni che vivono i minori variano e dipendono dalle realtà in cui si trovano. Le loro fragilità sono tante e sono legate soprattutto a traumi irrisolti e a delle forme di disagio che vanno curate perché hanno subito ogni forma di trauma come violenze, torture e lutti gravi. Nelle piccole strutture si riesce in qualche misura a rispondere in collaborazione stretta con l'Asp per le più grandi è molto più difficile. A breve dovrebbe partire un supporto forte che ci è stato offerto dall'Unicef. C'è anche un problema forte legato al pagamento delle strutture che dipende delle norme contabili. Non possiamo liquidare le somme fino a che non avremo approvato il bilancio.
Come si può coinvolgere l'associazionismo per cercare di impegnare i minori ospitati?
Ci sono molte associazioni che sono impegnate a portare avanti iniziative ricreative di vario tipo a favore dei minori ma tante altre che andrebbero coinvolte anche attraverso una maggiore attività promozionale.
In questo quadro la promozione della figura del tutore volontario come può aiutare?
Sull'istituzione del tutore volontario abbiamo un protocollo interistituzionale pronto, che lunedì prossimo discuteremo con tutte le altre istituzioni competenti. Se va bene dovremmo partire a settembre. Al nostro primo corso di formazione su 120 istanze hanno partecipato in 25. Il corso non preclude altre adesioni, che possono avvenire in qualsiasi momento. L'idea è quella di trovare chi si possa spendere nell'interesse del minore, verificando l'efficienza dei servizi di chi lo ha preso in carico. Si tratta di una sperimentazione che non risolve certamente il problema ma che può aiutare a sostenere in maniera migliore qualcuno di loro. E' una strada che può favorire anche l'attivazione di percorsi di multiculturalità e di integrazione, che cercheranno di fare sentire il minore straniero sempre meno un ospite.
Il prefetto Morcone ha annunciato il piano di mobilità per i minori stranieri che dovrebbe garantire per quote, come si fa per gli adulti, l'accoglienza in altri comuni Italiani. Che ne pensa?
Questa possibilità, quando diventerà concreta, darà certamente una boccata di ossigeno a quei comuni come il nostro più coinvolti nell'accoglienza dei minori stranieri. Naturalmente l'obiettivo generale deve essere quello non soltanto di una distribuzione numerica ma quello di migliorare la qualità dei servizi offerti, che non sono solo il vitto e l'alloggio. Spero che avvenga in tempi brevi perché la Sicilia sta soffrendo una situazione che diventa insostenibile. I nostri funzionari sono rammaricati perché anziché lavorare oggi ai progetti educativi si occupano inevitabilmente di trasferimenti e spostamenti continui da un centro all'altro. Ricordiamoci però che stiamo gestendo sempre un'emergenza nell'emergenza, che non risolve il problema in maniera completa come dovrebbe fare, invece, una legge organica che affronti tutta la materia. C'è ancora il problema dei comuni di come accoglierli tra prima e seconda accoglienza e sulla base di quali tariffe. Ribadisco anche che i minori sono una grande forza per il nostro Paese che potrebbero darci tanto se, anziché creare loro un sistema esclusivamente assistenzialistico che li fa regredire, avessimo un sistema che ne valorizzasse tutte le potenzialità. A capirlo non deve essere oggi soltanto l'Italia ma tutta l'Europa che non deve chiudergli le frontiere. (set)