Accoglienza migranti a Roma, "con i nuovi bandi rischio nuova Mafia Capitale"
ROMA - “Dopo lo scandalo di Mafia Capitale c’è stato, da parte della prefettura di Roma, un tentativo di stimolare le piccole realtà che si occupano di accoglienza per cambiare le cose: nel 2016 è uscito un bando interessante e virtuoso, che ha generato nella città realtà diverse da quelle del monopolio di Mafia Capitale. Ora, con questo nuovo bando, si ritorna alla situazione che c’era prima, anzi si peggiora la situazione: il sistema sarà solo in mano ai grandi. E i grandi, nella migliore delle ipotesi, fanno business a discapito dell’accoglienza, nella peggiore al business uniscono il malaffare”. A sottolinearlo è Simone Andreotti, presidente di In Migrazione. La cooperativa ha deciso di non partecipare ai tre nuovi bandi per l’accoglienza straordinaria pubblicati il 18 febbraio scorso dalla prefettura di Roma: uno per unità abitative fino a 50 posti, uno per centri collettivi fino a 50 posti e uno per centri collettivi fino a 300. Le nuove gare d’appalto, prevedono un taglio delle somme pro capite pro die per l’accoglienza dei migranti: si passa da circa 35 euro a 23-21 euro. Una cifra, che secondo, le organizzazioni non permette di fornire servizi e impiegare personale qualificato ma solo di fornire vitto e alloggio.Come sottolinea anche Gianfranco Schiavone, vicepresidente di Asgi, “vengono penalizzate le strutture che non sono di mero parcheggio. Per cui la questione è che non siamo di fronte a un contenimento, anche drastico ma legittimo dei costi, ma all'impossibilità di fornire un servizio”.
Nello specifico, la Prefettura di Roma ha suddiviso i circa 4.000 posti messi a bando privilegiando i centri di accoglienza in strutture collettive da 51 a 300 utenti, lasciando all’accoglienza diffusa appena 200 posti. “E’ evidente come la Prefettura, dovendo arrivare a coprire tutti i posti necessari e che ben conosce la realtà dell’accoglienza vivendola quotidianamente sul campo, ha valutato che la gran parte della partecipazione ai bandi riguarderà le grandi strutture e, quindi, le grandi organizzazioni. - spiega Andreotti-. Una conferma quindi che il nuovo schema di capitolato “premia” i grandi rispetto ai piccoli. Noi abbiamo deciso di non partecipare perché il bando, per come è costruito, seguendo le indicazioni pressanti del Viminale, non ci mette nelle condizioni di fare un’accoglienza di qualità. Siccome noi pensiamo a un’accoglienza che sia anche integrazione, riteniamo che in questo modo sia incompatibile: la quantità di risorse che vengono date e come imposto l’utilizzo delle risorse porta di fatto all’annullamento di qualsiasi servizio, come la scuola di italiano, lo psicologo, la mediazione culturale e l’assistenza sociale. Diventa inadeguata anche la presenza fisica degli operatori”.
La cooperativa gestisce, nella Capitale, un centro per 20 utenti e potrebbe partecipare al bando per i centri fino a 50 posti. “In questo caso si passa da 35 a 23 euro -spiega il presidente della cooperativa -. Il taglio è tutto e solo sul personale, perché il resto dei servizi, come mangiare e dormire, resta invariato. Si tratterebbe, dunque, di licenziare le persone che lavorano con noi e avere una presenza minima di personale che, di fatto, non si riesce a fare nulla, perché non è immaginabile nessun servizio. Se l’obiettivo fosse produrre ricavati cercheremmo una struttura più grande e parteciperemmo. Ma siccome non è questo il nostro obiettivo, non partecipiamo”.
Per Andreotti il rischio reale è che si torni a una gestione dell’immigrazione basata solo sui grandi centri. “Il capitolato rende convenienti i centri che vanno da 150 a 300 posti perché il guadagno è doppio: non devi garantire servizi ma hai grandi numeri di persone. E’ talmente forte questa vocazione in questi nuovi bandi, che il sistema di accoglienza ha una strada già segnata verso tipo di gestione - spiega -. Noi non riusciremmo neanche a garantire la presenza di un operatore di notte”. Per questo il rischio è quello di fare un regalo a chi fa “business dell’accoglienza - aggiunge -. Il sistema di accoglienza aveva bisogno di cambiamenti ma non in questo modo peggiorativo. E’ vero che vengono tagliati i fondi, ma si possono tagliare le spese in uscita di personale. Se volessi fare solo business mi toglierei questa spesa noiosa, lasciandomi solo la torta da mangiare”.
Secondo l'analisi di In Migrazione, nel confronto tra il 2018 e il 2019, il saldo tra pro die pro capite ridotto e risparmio delle spese di personale e drammaticamente negativo per l’accoglienza diffusa (-13,65 Euro), mentre è estremamente gestibile per un centro da 300 utenti (- 3,25), la cifra qui può essere tranquillamente tamponata dalle economie di scala garantite dai grandi numeri (ad esempio è evidente come con 300 utenti è possibile ottenere un prezzo vantaggioso da un catering che fornisce i pasti rispetto alla richiesta del servizio per 20 utenti).
Il fronte del no all’accoglienza da parte delle cooperative si potrebbe allargare come già verificato da Redattore Sociale a Milano, Torino e Udine. “Per come sono costruiti i bandi di fatto l’accoglienza diffusa viene sacrificata e diventa praticamente impossibile. La lettura che abbiamo fatto noi credo la faranno anche altri - conclude Andreotti -. Soprattutto per i centri di piccole dimensione non è sostenibile abbandonare ospiti a se stessi, dare solo da mangiare e dormire per fare cassa. Il mondo dei Cas non è solo questo.”
Intanto sulle nuove regole per l'accoglienza è stato depositato al Tar del Lazio un ricorso contro il ministero dell'Interno da parte di Confooperative-Federsolidarietà del Friuli-Venezia Giulia. Luca Fontana, Presidente della sezione friulana di Federsolidarietà, spiega che “il ricorso contesta la scrittura tecnica del nuovo capitolato d'appalto, non i contenuti. Hanno fatto una sommatoria di costi per raggiungere una cifra finale ma senza fare riferimento a dei prezzi corretti. Mentre altri, come i costi per la sicurezza del personale o della formazione, non sono stati nemmeno inseriti pur essendo obbligatori”. Per il presidente di Federsolidarietà Friuli “un capitolato d'appalto che non contiene quegli elementi deve essere immediatamente ritirato”. (Eleonora Camilli)