Accoglienza migranti, Bianco (Anci): "Sui territori situazioni al limite"
ROMA – I diecimila posti in più chiesti ai comuni per l’accoglienza dei migranti questa volta ci saranno. Il ministero dell’Interno ha rassicurato i sindaci: chi partecipa al bando Sprar non avrà anche i cosiddetti Cas, i centri prefettizi per l'accoglienza stroardinaria. Ma sui territori le situazioni al limite restano tante. L’ultimo caso è quello di Pozzallo (Ragusa), dove l’hotspot nato per identificare i migranti appena sbarcati, ospita da settimane oltre cento minori stranieri non accompagnati, per l'impossibilità di reperire posti nelle strutture. Difficoltà analoghe si registrano in tutta la penisola, dalla Sicilia a Ventimiglia. Per questo i sindaci italiani hanno chiesto al ministero la convocazione di una conferenza straordinaria : “Dobbiamo uscire dall’emergenza ed entrare quanto prima in una gestione organizzata” spiega in questa intervista a Redattore sociale Enzo Bianco, presidente dell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani).
Perché l'Anci chiede la convocazione di una Conferenza straordinaria sull’ accoglienza? Quali sono i problemi che ci sono oggi sui territori?
Comuni e Governo sono in sostanziale sintonia rispetto alle linee strategiche per affrontare i numeri che oggi l’Italia si trova a gestire sull’accoglienza: approccio non emergenziale, per numeri piccoli, diffusi sul territorio, con modalità di gestione e rendicontazione trasparenti e adeguatamente monitorate. E, soprattutto gestiti da associazioni di terzo settore che sappiano fare questo mestiere, perché il sostegno all’integrazione e l’accompagnamento all’autonomia è un mestiere ben preciso, che richiede conoscenze ed esperienze specifiche. In una parola, il modello Sprar. Tutti questi elementi sono stati già concordati e definiti in tutte le sedi e financo recepiti in norma (d.lgs. 142/2015). Il tema è: come e quando. La conferenza unificata straordinaria serve a questo, ad accelerare i percorsi, che oggi sono ancora troppo lunghi, tra scelta politica e messa in atto, con gli strumenti amministrativi e tecnici necessari, delle decisioni. E’ davvero urgente definire una serie di passaggi, perché è necessario uscire dall’emergenza ed entrare nella gestione organizzata.
Tra le richieste dell'Anci c'è quella di riaprire il bando Sprar, ma l'ultimo bando (con scadenza 14 febbraio) è stato un flop: i comuni hanno messo a disposizione solo la metà dei posti richiesti (5000 su 10mila). Cosa cambierebbe riaprendolo ora? Si è raggiunto un accordo per la partecipazione al bando?
Intanto vorrei correggere il tiro. Il bando non è stato un flop. Bisogna infatti tenere conto che questo bando, per la prima volta, era rivolto esclusivamente a comuni ancora non aderenti all’attuale rete dello Sprar. Non era mai successo prima. Questa volta si è puntato ad allargare sì i posti, ma anche la rete di comuni su cui poter contare. Da questo punto di vista, il bando stesso consente di riaprire i termini cambiando le condizioni, quindi possiamo decidere di aprire, stavolta, anche a comuni già aderenti alla rete, ciò che sicuramente faciliterà il raggiungimento della quota di 10.000. D’altro canto, anche le condizioni nelle quali i comuni si sono trovati a dover scegliere se partecipare o no è stata del tutto inedita. Oggi l’80 per cento dei posti in accoglienza è rappresentata da strutture temporanee, i Cas, attivati direttamente dalle Prefetture attraverso bandi rivolti ai privati. Sono facilmente intuibili le difficoltà di un sindaco che, avendo già una struttura di accoglienza sul territorio, magari anche con numeri significativi e non sempre proporzionati alla popolazione residente, deve spiegare ai suoi cittadini, in consiglio comunale, la scelta di aprire un’altra struttura di accoglienza, seppure con migliori garanzie, per numeri sostenibili, etc… Per questo avevamo chiesto al ministero dell’Interno, una circolare che facesse salvi i comuni Sprar da invii massivi e non concertati di altre forme di accoglienza sugli stessi territori. La circolare è stata poi emanata, ma in tempi troppo ravvicinati al termine di scadenza del bando perché potesse incidere sul numero di domande presentate. Questo è il fronte principale su cui stiamo lavorando con il ministero: una comunicazione chiara alle prefetture che dia ai sindaci argomenti più forti per sostenere la sua scelta di aderire allo Sprar: migliorare le condizioni sul territorio e fare fronte agli arrivi in modo organico.
Sempre rispetto all'ultimo bando Sprar scaduto a febbraio, monsignor Perego (fondazione Migrantes) ha definito "scandaloso" il comportamento dei sindaci che hanno deciso di non partecipare, favorendo di fatto il proliferare dei centri Cas. Qual è il motivo di tanta reticenza, ci sono difficoltà oggettive, o come molti sottolineano, chi si tira indietro lo fa per ragioni ideologiche, soprattutto in periodo di campagna elettorale?
Monsignor Perego conosce molto bene la situazione sui territori, che è quella che ho raccontato prima. Sicuramente queste dichiarazioni non sono d’aiuto. Ci auguriamo che si tratti di sue considerazioni personali, considerato il rapporto di piena collaborazione con il terzo settore qualificato, molto spesso di emanazione cattolica, che, da sempre, è il principale alleato dei Comuni e il più convinto sostenitore del modello Sprar.
L'Anci chiede anche un'equa distribuzione dei profughi nelle regioni. Quali sono oggi i territori in maggior difficoltà? E perché?
L’equa distribuzione regionale è un risultato che, grazie all’Intesa del 10 luglio scorso in conferenza unificata e grazie all’impegno del ministero dell’Interno nel darle piena applicazione, è già stato raggiunto. Oggi la presenza è equamente distribuita su tutte le regioni, in coerenza con le percentuali di riparto del Fondo nazionale Politiche sociali. Tutte, comprese quelle più riottose… La questione è più a valle, e riguarda come poi, a livello comunale, vengono ripartite le quote sui territori dei comuni. Ci sono situazioni indubbiamente al limite della sostenibilità e altre in cui la buona collaborazione tra istituzioni del territorio, il buon funzionamento dei Tavoli regionali, la presenza di una regia da parte di regione, prefetture e sindaci hanno permesso di distribuire le quote in maniera equa e sostenibile. L’altro aspetto riguarda la necessità di una maggiore attenzione alle tipologie di arrivi diverse dagli sbarchi, penso in particolare agli arrivi via terra, sia sulla frontiera nord-est (rotta balcanica), sia, ad ovest, ai confini con la Francia. Tema su cui come Anci da tempo chiediamo al ministero più attenzione. La settimana scorsa durante i lavori della Commissione immigrazione di Anci abbiamo ascoltato la testimonianza di Anci Liguria, che ci ha riferito numeri impressionanti di persone rientranti tutte su Ventimiglia dalla Francia, in applicazione del Regolamento Dublino (più di mille persone solo nel mese di aprile). So che il ministero se ne sta già occupando. Di questi numeri bisogna tenere conto, anche nell’interlocuzione per la revisione delle politiche europee in materia di asilo, a partire proprio dal Regolamento Dublino. L’Europa deve fare la sua parte. Siamo europei quando si devono distribuire le risorse, ma anche quando si deve far fronte al fenomeno profughi. (ec)