Accoglienza nella diversità religiosa e culturale: le storie
“Spesso – ha dichiarato Rav Ariel Di Porto, Rabbino della Comunità ebraica di Roma – esiste un vero e proprio scollamento tra la realtà e la prassi nell’assistenza sanitaria. Nel nostro caso, come nel caso islamico, regole alimentari e usanze culturali sono importanti: abbiamo dunque messo in evidenza queste criticità. Compilare moduli sanitari il sabato, subire interventi nello stesso giorno, non osservare la dieta, spesso cozza con la sensibilità di chi crede e pratica l’ebraismo”. L’approccio, peraltro confermato un po’ da tutti i partecipanti all’incontro, è quello di aggravare la permanenza del paziente in ospedale, ma di fare in modo che diventi un momento anche di riavvicinamento al proprio credo religioso.
Nato nel corso del 2010 nell’ambito del progetto relativo all’accoglienza delle differenze e specificità culturali e religiose nelle strutture sanitarie ospedaliere e territoriali, il progetto è un lavoro condiviso tra la Asl Roma E, l’associazione “Religioni per la pace”, il Tavolo interreligioso di Roma, l’associazione Volontari ospedalieri – Avo, le associazione “Ascoltare le sofferenze” e “dare protezione”, in collaborazione con Cittadinanzattiva e l’Accademia dell’arte sanitaria, e il supporto del Cesv (Centro servizi volontariato).
“Il panorama contemporaneo – ha poi aggiunto Swamini Hamsananda Giri, Monaca dell’Unione Induista italiana – ha bisogno di dialogo, interlocuzione e dunque di nuove risposte: ognuno ha la sua sensibilità e l’argomento richiede una riflessione ampia. L’induismo è tante voci e tanti approcci: nessun dogma particolare, nessun osservanza speciali, ma una grande attenzione alla persona nella sua sfera emotiva, psichica e religiosa. Per arrivare a questo è necessario il dialogo, che è anche ascolto e silenzio: la stanza dei silenzi è capacità anche di ascoltarsi”.
“Le raccomandazioni raccolgono le osservazioni – ha continuato Omar Camilletti, delegato del Centro islamico culturale d’Italia – di tutta la comunità islamica di Roma. la dimensione da raggiungere è quella della convivialità nel rispetto reciproco. Per noi non esiste la distinzione tra sacro e profano, ma quella tra puro e impuro. E questo incide, per esempio, sulla dieta: il corpo è legato allo spirito”. “Dobbiamo essere uomini – ha aggiunto Padre Agosten della Chiesa ortodossa rumena – e vedere negli altri noi stessi”.
“Il Cesv – ha poi chiosato Pier Paola Parrella, volontaria Avo - ci ha creduto, e così la Asl Roma E. la democrazia non è una parola, l’accoglienza neppure. O si comprende l’altro e si è compresi, o è solo un insieme di lettere”. Con oltre 30mila iscritti e 240 sedi, l’Avo si è dimostrata un ottimo partner, così come il Tavolo interreligioso. Attivo sin dal 1998, rappresenta sei realtà religiose. “Sono in primis orgogliosa – ha poi concluso Paola Gabrielli, coordinatrice del tavolo interreligioso di Roma – come cittadina. Il progetto è utile, se devo rispondere al suo perchè”. (eb)