Ansia, disturbi alimentari, baby gang, eco ansia sono alcune facce di un fenomeno in forte crescita ma ancora poco esplorato. A questi temi è dedicata la campagna di comunicazione che indaga il disagio degli adolescenti attraverso un fotoreportage di Riccardo Venturi e un documentario di Arianna Massimi
ROMA – “Gli adolescenti sono come fragole nel deserto. È una metafora in positivo tratta dalla storia di Marianna, una ragazza che ha sofferto e in parte soffre ancora di una forte depressione. A differenza di molti, non si chiude in sé stessa, non si nasconde, ma ne parla con i suoi amici più intimi, quelli di cui si fida, si confronta e, insieme a loro, capisce che l’ansia e la depressione di cui soffre è un male comune, condiviso, quasi un male della sua generazione, di cui non deve più sentirsi in colpa, di cui non deve vergognarsi. Il coraggio di Marianna è quello della parola”.
Sono alcuni frammenti delle prime testimonianze raccolte da Riccardo Venturi, fotografo di fama internazionale due volte Word Press Photo e la film-maker Arianna Massimi nel loro percorso di incontro e ascolto di ragazzi e ragazze indagando il tema del disagio degli adolescenti. Un viaggio da Nord a Sud, iniziato un anno fa e ancora in corso che è al centro della
campagna “Non Sono Emergenza”, promossa da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile e presentata oggi online, con la partecipazione di Maria Teresa Bellucci Vice Ministro del Lavoro e Vicepresidente del Comitato di indirizzo strategico del Fondo, Giovanni Azzone Presidente di Acri, Vanessa Pallucchi Portavoce del Forum nazionale del Terzo Settore, Marco Rossi-Doria, Presidente di Con i Bambini, Riccardo Venturi e Arianna Massimi, fotografo e videomaker autori del reportage della campagna, Fabrizio Minnella Responsabile Comunicazione di Con i Bambini e Vincenzo Smaldore Responsabile editoriale di Openpolis, sarà implementata in modo partecipativo fino ad almeno la fine dell’anno.
Un fenomeno poco esplorato
“Ansia, depressione, disturbi alimentari, bullismo e baby gang, razzismo e seconde generazioni, identità sessuale e isolamento, eco ansia, sono alcune facce di un fenomeno complesso e in forte crescita ma ancora poco esplorato – si legge in una nota di Con i Bambini -. Le nuove generazioni non possono essere un’emergenza ma sono una risorsa, come dimostrano anche i dati sull’impegno nel volontariato e l’adesione ad associazioni ecologiche, per i diritti civili e per la pace quasi doppia rispetto agli adulti”. Al netto di problemi e difficoltà, tuttavia, il 60% degli adolescenti esprime un giudizio positivo sulle proprie prospettive future. “Il mondo degli adulti ha difficoltà a comprendere le ragioni di questo disagio diffuso – spiega Marco Rossi- Doria, presidente di Con i Bambini -, presente già da prima della pandemia ma cresciuto durante quel periodo drammatico. Non possiamo uscirne etichettando semplicisticamente come emergenza un’intera generazione o definire gretini chi si impegna per la salvaguardia del pianeta, cioè il loro futuro. Ci sono tanti ragazzi che fanno cose insieme, si aiutano e aiutano nei momenti di bisogno, fanno sport, volontariato e costruiscono comunità a scuola e fuori. Ascoltiamoli! Il tema del disagio degli adolescenti riguarda tutti, non solo i ragazzi, le ragazze e le loro famiglie”.
Gli adulti non capiscono i ragazzi
Lo pensa il 54% degli adolescenti, trovando d’accordo il 45% dei genitori. È uno dei dati che fa da sfondo al tema del disagio, registrato lo scorso giugno con l’indagine “Come stai?” promossa da Con i Bambini e Demopolis. Una tendenza che porta a interrogarsi sui fattori che ne stanno alla base, con particolare attenzione al disagio vissuto dagli adolescenti durante e dopo la pandemia. In termini educativi, gli anni di pandemia si sono segnalati per un calo netto negli apprendimenti. Nel 2022 quasi uno studente su 10 (9,7%) in quinta superiore si è trovato in dispersione implicita, vale a dire nella situazione di chi, pur portando a termine gli studi, lo fa senza aver raggiunto competenze di base adeguate. Prima gli alunni in dispersione implicita erano il 7% nel 2019. Il fenomeno ha riguardato soprattutto gli studenti svantaggiati: gli alunni con alle spalle una famiglia in condizione medio-bassa sono passati da una dispersione implicita dell’8% nel 2019 al 12% nel 2022.
Hikikomori, dipendenza da internet e disturbi alimentari
Durante il Covid, in base alle rilevazioni svolte dall’Istituto nazionale di statistica, il 50,5% degli alunni delle scuole secondarie ha riportato una diminuzione nella frequentazione di amiche e amici, con un parallelo incremento nell’utilizzo di chat e social media per comunicare (in crescita per circa il 70% dei ragazzi). Una crisi educativa che spesso può essere il sintomo di qualcosa di più profondo, in termini di benessere sociale e psicologico. Nel 2021 la percentuale di giovani 11-14enni che vedono gli amici tutti i giorni è scesa al 18,4% (20,4% tra i 15-17enni). Ma, in uscita dall’emergenza, la quota non appare comunque recuperata rispetto al pre-pandemia: nel 2023 dichiarano di vedere tutti i giorni i propri amici il 27,6% degli 11-14enni e il 30,1% dei 15-17enni. Sicuramente molto lontano rispetto al 70% della generazione precedente.
Oltre alla rarefazione nelle relazioni sociali, durante la pandemia si sono registrati diversi segnali di peggioramento nel benessere psicologico tra i minori. L’indice di salute mentale raccolto da Istat varia tra 0 e 100, con migliori condizioni di benessere psicologico al crescere del valore dell’indice. Anche in questo caso, con la pandemia si registra un peggioramento. L’indice di salute mentale medio tra i 14-19enni nel 2021 è calato a 70,3, da 73,9 nella rilevazione dell’anno precedente. Nel 2022 l’indice di salute mentale tra gli adolescenti è tornato a migliorare (72,6), per poi scendere nuovamente l’anno successivo (71 nel 2023). Con un divario di genere che vede un minor benessere psicologico per le ragazze (con un indice di 67,4 per le giovani di 14-19 anni nel 2023) rispetto ai ragazzi (74,3).
Ulteriori segnali di malessere psicologico emergono dalle rilevazioni di Iss, l’istituto superiore di sanità, nell’ambito dell’indagine sulle dipendenze comportamentali nella generazione Z (i nativi digitali, nati tra la fine degli anni ’90 e il 2012). Dall’indagine di Iss è emerso che si stimano in 65.967 gli studenti tra 11 e 17 anni con tendenza all’isolamento sociale nei sei mesi precedenti la rilevazione (ovvero l’1,6% del totale, sulla base del campione rappresentativo della popolazione studentesca). Sempre attraverso il campione, si può stimare che quasi 100mila ragazze e ragazzi (il 2,5% degli 11-17enni) presentino caratteristiche compatibili con la presenza di una dipendenza da social media.
Una tendenza correlata con le difficoltà nell’instaurare una relazione costruttiva con genitori e adulti. Tra gli 11-13enni a rischio dipendenza da social, il 75,9% dichiara una difficoltà comunicativa con i genitori. La quota scende al 40,5% in chi non presenta il rischio. Basandosi sul campione rappresentativo, si possono stimare in quasi mezzo milione i ragazzi a rischio di internet gaming disorder, ovvero “l’uso persistente e ricorrente di Internet per partecipare a giochi, spesso con altri giocatori, che porta a compromissione o disagio clinicamente significativi per un periodo di 12 mesi”. Mentre oltre 370mila studenti 11-17enni (il 9,3% del campione) potrebbero presentare un grave rischio di dipendenza da cibo. Nel 2021 sono stati 2.778 gli accessi in pronto soccorso di minori per sindromi e disturbi da alterato comportamento alimentare, in crescita del 10,5% rispetto al 2019. Un problema soprattutto tra le ragazze: l’incidenza femminile tra gli under 25 è infatti passata dal 61,1% del 2019 al 72,7% del 2021.
Discriminazione, bullismo e baby gang
In un Paese con 1,3 milioni di minori residenti con background migratorio, un altro aspetto indagato dopo lo scoppio dell’emergenza è stato l’impatto di fenomeni di discriminazione e bullismo, grazie alle rilevazioni specifiche di Istat. Durante la fase più critica della pandemia (marzo 2020-estate 2021), circa 1 studente su 10 delle scuole secondarie ha dichiarato di aver subito episodi di bullismo o cyberbullismo, con un’incidenza che sale tra chi è a maggior rischio di esclusione, come i minori stranieri. La quota raggiunge infatti il 18,2% tra bambini e ragazzi con cittadinanza non italiana. Anche le ragazze sono tra i soggetti più a rischio di episodi di bullismo: il 3,9% delle studentesse dichiara di essere stata presa di mira con racconti di storie diffamato-rie sul proprio conto. Molto più dei maschi (2,3%).
Il 46% delle questure e dei comandi dei carabinieri che hanno registrato la presenza di gang giovanili hanno anche indicato un aumento del fenomeno negli ultimi cinque anni. Tra 2019 e 2021 sono cresciuti del 73,8% i giovani presi in carico dagli Ussm (uffici di servizio sociale per i minorenni) come appartenenti a gang giovanili: da 107 a 186. Una variazione che però, come per gli altri aspetti passati in rassegna finora, sarebbe semplicistico ricondurre esclusivamente alla pandemia. Basti pensare che la presenza di gang giovanili è aumentata durante la crisi pandemica in meno di 1 provincia su 3. Questa localizzazione, piuttosto concentrata in termini territoriali, rende necessari ulteriori approfondimenti sul fenomeno e sulle sue radici.
Ambiente e impegno civile
Al contempo un numero molto grande di giovani ha dimostrato di proporre una prospettiva positiva di sé e una spinta a partecipare e far bene. Tra i 15 e i 24 anni, quasi 2 giovani italiani su 3 si dichiarano molto preoccupati per il cambiamento climatico; molto più della media della popolazione, pari al 53%. La quota di 18-19enni che hanno preso parte ad associazioni ecologiche, per i diritti civili e per la pace è quasi doppia rispetto al resto della popolazione (2,9% contro una media del 1,6%). E appare in crescita la quota di chi, tra 14 e 17 anni, presta attività gratuite in associazioni di volontariato (6,4% nel 2022, a fronte del 3,9% dell’anno precedente). Al netto di problemi e difficoltà, oltre 6 giovani su 10 tra 14 e 19 anni esprimono un giudizio positivo sulle proprie prospettive future nei prossimi 5 anni. Un altro, ennesimo, segnale di come servano ulteriori dati, più strutturati, per comprendere fino in fondo la condizione giovanile. Ma soprattutto di come solo partendo dal punto di vista di ragazze e ragazzi sia possibile migliorare la loro condizione e quella del paese.