Adozioni Internazionali, Aibi “corregge” la lettura dei dati: “Il 97% non va in crisi”
ROMA – “Tante volte, davanti a delle notizie o delle ricerche in cui vengono riportati dei dati, si cita (spesso a sproposito, ma questo è un altro discorso) il noto assunto estrapolato dal pensiero di Nietzsche secondo il quale non esistono fatti, ma solo interpretazioni. Un’affermazione che, volendo semplificare il pensiero filosofico a un livello più ‘popolare’, corrisponde al vedere il bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno”. Parte da questo assunto l’Aibi per parlare dell’andamento delle adozioni internazionali e dell’interpretazione dei dati. Si chiede infatti l’associazione: “Perché davanti al dato che indica come su 100 adozioni internazionali quelle finite con una crisi adottiva siano solo 3 si parla solo delle insufficienze’?”.
In 14 anni di adozioni internazionali, solo 926 casi di “crisi”
Il dato in discussione è quello emerso dalla meritoria indagine nazionale sulle crisi adottive voluta dalla CAI e presentata a Firenze nel mese di dicembre 2022. Un’indagine cui hanno aderito 24 Tribunali per i Minorenni su 29 e che prende in esame le misure prese da questi ultimi negli anni dal 2014 al 2018 relativamente ad adozioni effettuate tra il 2003 e il 2016. Il campione, dunque, è molto ampio e diffuso, permettendo una profondità di analisi come mai in passato.
Ebbene, dalla ricerca emerge che su 29.743 adozioni internazionali le crisi adottive sono state 926. Ovvero il 3,1%. Meglio ancora va per le adozioni nazionali, dove le crisi sono state 140 su 9.720 casi (per una percentuale dell’1,4%), anche se lo stesso vicepresidente della CAI ha sottolineato come i dati più attendibili siano proprio quelli relativi al contesto internazionale, mentre per le adozioni nazionali il metodo va “ancora affinato”.
Afferma Aibi: “Nessuno nega che sia doveroso, da parte di istituzioni e addetti ai lavori, soffermarsi proprio su questo 3% per abbassarne la percentuale e porsi l’obiettivo di migliorare ancora di più. In questo senso è corretto e giusto che Starita, nella sua lunga analisi dei dati, sottolinei come il 3% siano le crisi effettivamente concluse con un allontanamento definitivo del minore, ma in realtà i casi di crisi siano intorno all’8 – 9%, abbassati, poi, dal grande lavoro di assistenti sociali, psicologi, enti autorizzati e realtà del territorio che aiutano le famiglie a superare le difficoltà e far rientrare le crisi. In questo senso, per esempio, è pertinente l’indicazione di come i percorsi di post adozione (vista l’efficacia nel ricucire molte crisi) siano da ripensare in un’ottica più protratta nel tempo, partendo dal presupposto che le crisi si verificano, nella maggioranza dei casi, non nel primo anno dopo l’adozione ma diverso anni più tardi, spesso in concomitanza con l’adolescenza dei figli adottati. Ma, come si diceva – continua Aibi -, se soffermarsi su tutti questi elementi è senza dubbio utile per gli addetti ai lavori, così da migliorare il sistema di adozione e puntare all’eccellenza, a livello di comunicazione la notizia dovrebbe (ma ci spingeremmo a dire: ‘è’) che il 97% delle adozioni internazionali hanno successo e non vanno in crisi!”.