Adozioni speciali, cosa dice la normativa
La legge 184/1983 prevede che, in caso di minori di età superiore ai 12 anni o con disabilità, lo Stato, le regioni e gli enti locali possano sostenere le famiglie adottive con un contributo economico e con misure di sostegno alla formazione e all'inserimento sociale.
BOLOGNA - Nel caso di adozioni di
minori di età superiore a dodici anni o con disabilità, l’articolo
6, comma 8, della legge 184/1983 prevede che "lo Stato, le
Regioni e gli enti locali possono intervenire con specifiche misure
di carattere economico, eventualmente anche mediante misure di
sostegno alla formazione e all’inserimento sociale, fino all’età
di 18 anni degli adottati". Ma "solo il Piemonte dà
contributi, le altre Regioni no. E i Tribunali non si preoccupano di
chiamare in causa, nel provvedimento di affido o adozione, la
responsabilità economica degli enti locali", precisa Frida
Tonizzo, di Anfaa (Associazione nazionale famiglie adottive e
affidatarie) a Laura Pasotti, giornalista di Redattore sociale e
autrice dell'inchiesta sulle adozioni speciali, pubblicata
su SuperAbile Inail.
Nella Relazione sullo
stato attuativo della legge 184 del dicembre 2017, ai 29 Tribunali
per i minorenni d’Italia è stato chiesto se abbiano applicato il
comma 8: più della metà non lo fa e più di quattro su dieci
prevedono "forme generiche di sostegno, che riguardano
l’inserimento lavorativo, l’organizzazione familiare, l’auto
mutuo aiuto, mentre quelle economiche rimandano alla legge 104",
continua Tonizzo. "Sorprende che chi dovrebbe sostenere le
adozioni speciali non lo faccia e confidi invece in misure
previdenziali già previste dalla legge".
Anfaa sta portando avanti una campagna per sostenere le adozioni difficili, soprattutto nelle regioni del Centro-Sud, dove il numero di bambini in istituto è più elevato. "Chiediamo che sia previsto un sostegno economico anche per gli adottivi, così come per i bambini in affido", spiega Tonizzo. "Sarebbe un riconoscimento sociale per la scelta di queste famiglie".
Le adozioni speciali non sono come le altre, richiedono preparazione e sostegno. "Il rischio è di avere la disponibilità delle famiglie anche per situazioni complesse e poi vederle arrancare: capita spesso che uno dei due componenti debba lasciare il lavoro per seguire il figlio", afferma. "Ho visto anche veri “miracoli”, perché amore e dedizione possono far sviluppare le potenzialità dei bambini, così come un ambiente familiare, la stimolazione data da genitori, fratelli, dalla scuola, dalla socialità. Ma se chi prende in carico questi bambini non è in grado di accudirli, perché non adeguatamente preparato e sostenuto, si finisce per scoraggiare l’accoglienza da parte di altre famiglie". (lp)