Adozioni speciali, il ruolo (fondamentale) di enti e associazioni
Le coppie che si avvicinano all’adozione hanno in mente un bambino piccolo e sano, così quelli più grandi e con problemi di salute o disabilità faticano a trovare una famiglia. “Il problema? Il fatto che i servizi spesso non sappiano cosa sia l’adozione internazionale e non sempre facciano formazione alle coppie, che così arrivano impreparate”
Adozioni "speciali", illustrazione di Francesco Valgimigli
BOLOGNA - Le coppie che si avvicinano all’adozione hanno in mente un bambino piccolo e sano, così quelli più grandi e con problemi di salute o disabilità faticano a trovare una famiglia. "Il problema? Il fatto che i servizi spesso non sappiano cosa sia l’adozione internazionale e non sempre facciano formazione alle coppie, che così arrivano impreparate. Certo, se seguite, possono anche aprirsi a possibilità diverse, ad accogliere anche bambini con bisogni speciali", riferisce Cristina Legnani di AiBi (associazione Amici dei bambini) a Laura Pasotti, giornalista di Redattore sociale e autrice dell'inchiesta sulle adozioni speciali, pubblicata su SuperAbile Inail.
"Sta a noi enti accompagnare le famiglie nel percorso che le porterà dal bambino immaginato a quello reale", spiega Crestani, presidente del Ciai, il Centro italiano aiuti all’infanzia, uno degli enti autorizzati per le adozioni internazionali. "Se fatto in modo appropriato questo percorso aiuta le famiglie a riflettere, a mettersi in discussione. Occorre poi valutare quali siano le risorse a disposizione, perché accogliere un bambino con problematiche è faticoso e bisogna far fronte alle difficoltà per tutta la vita. Vero è che esistono famiglie meravigliose, che accolgono bambini anche con situazioni molto gravi".
L’adozione però non si conclude con l’ingresso del bambino in famiglia: fondamentale è sostenere le famiglie nel post-adozione. "Noi ci siamo sempre", continua Crestani, "ma siamo un’organizzazione privata senza scopo di lucro e non abbiamo finanziamenti per sostenere le famiglie che, quindi, si ritrovano a pagare per la consulenza pedagogica o psicologica. Sarebbe compito dello Stato garantire questi servizi, anche perché per i bambini, oltre alle problematiche sanitarie, c’è il trauma dell’abbandono. Anche mia figlia a un certo punto mi ha chiesto il motivo per cui era stata abbandonata. Il rifiuto è un ulteriore peso che ricade sulle famiglie".
Diffondere l’affido e l’adozione per i bambini difficilmente collocabili, come quelli con disabilità, con vissuti di deprivazione importanti o da anni in case famiglia e residenze sanitarie, e quindi considerati anagraficamente grandi, è l’obiettivo di M’aMa - Dalla parte dei bambini, un’associazione nata da un gruppo di professioniste del sociale (mamme biologiche, affidatarie e adottive) che lavora per tutelare i diritti dei minori, promuovendo la cultura dell’accoglienza tramite percorsi informativi, supporto alla genitorialità e collaborando con i Tribunali per i minorenni e i servizi sociali dell’intero territorio nazionale. Fondata nel 2007, M’aMa, attraverso l’affido e l’adozione speciale, ha contribuito a collocare in famiglia 78 bambini con bisogni speciali, accolti da coppie sposate o conviventi, ma anche persone single, tutte rigorosamente formate o con esperienze pregresse nell’accoglienza. "Sono una MammaMatta da due anni e mezzo", racconta Francesca Aru, responsabile del Punto M’aMa Sardegna recentemente aperto, volontaria dell’associazione e, a sua volta, mamma adottiva di due bambini. "Siamo mamme che rispondono agli appelli per quei bambini che sono considerati “incollocabili”, quelli che rischiano di entrare in comunità da piccoli e di uscirne solo da adolescenti. Io ne ho due, la prima è arrivata con una chiamata standard del Tribunale, il secondo con un appello".
Le mamme dell’associazione M’aMa sono convinte che per ogni bambino ci sia una famiglia pronta ad accoglierlo, ma bisogna trovarla. Da qui le collaborazioni con i Tribunali per i minorenni di Firenze, Roma, Catanzaro, Perugia, Palermo, Napoli, Salerno e Milano, che "si rivolgono a noi quando ci siano casi di bambini adottabili, per i quali non si riescano a trovare famiglie disponibili". A breve dovrebbero arrivare anche gli accordi con i Tribunali per i minorenni di Cagliari e Sassari.
M’aMa ha una rete di 700 famiglie sparse su tutto il territorio nazionale, disposte ad accogliere bambini con bisogni speciali. E poi utilizza i social e il sito per diffondere gli appelli. "In famiglia un bambino trova dei genitori, dei fratelli, dei nonni, una vita normale, quella vita che la maggior parte di loro può fare", racconta Aru. "Mio figlio era considerato “gravissimo”, ma da quando è con noi ha fatto importanti progressi, perciò è chiaro che tanti disturbi che si credevano legati alla sua patologia in realtà dipendevano dalla carenza di terapie adeguate e dalla mancanza di attenzioni esclusive: quelle attenzioni che solo una famiglia può dare".
Certo, non è da tutti accogliere un bambino con disabilità, ma secondo le MammeMatte "quando lo scegli hai il vantaggio di capire, di organizzare la famiglia, valutare le risorse a disposizione e vivere questa scelta con maggiore serenità", conclude Aru. "Siamo famiglie normali, non siamo ispirate da chissà quale ideale religioso: abbiamo solo deciso che la disabilità non ci fa paura".