4 ottobre 2018 ore: 10:39
Famiglia

Affido condiviso, il Cismai: “Passo indietro nel percorso di tutela dei minori”

A parlare è Gloria Soavi, presidente del Cismai (Coordinamento servizi contro il maltrattamento dei minori): “In tutta la sua impostazione, il ddl Pillon appare orientato a tutelare gli interessi degli adulti a discapito di quelli dei bambini”. Venerdì 5 e sabato 6 ottobre a Milano il Coordinamento festeggia i primi 25 anni di attività
Affido, famiglia, adozione

CASTELNUOVO RANGONE (Modena) – “Siamo molto preoccupati. L’impressione è che i bambini non vengano considerati portatori di diritti. In questi ultimi 20 anni le separazioni sono aumentate moltissimo e di conseguenza è aumentato anche il rischio di separazioni conflittuali e di bimbi contesi. In tutta la sua impostazione, il ddl Pillon appare fortemente orientato a tutelare gli interessi degli adulti a discapito di quelli dei bambini”. A parlare è Gloria Soavi, presidente Cismai, il Coordinamento italiano dei servizi contro il maltrattamento e l’abuso all’infanzia. Tra le criticità espresse, “la visione generalista che livella tutte le situazioni. Ogni caso è diverso, ogni bimbo è diverso” e l’obbligo di trascorrere lo stesso tempo con entrambi i genitori: “I bambini hanno bisogno di stabilità e continuità, abbiamo la sensazione che il supremo interesse del minore venga sottovalutato. I minori non possono essere divisi a metà, non possono avere due case, due scuole, due gruppi di amici”.

Dubbi anche sull’art. 17, che fa riferimento a quelle situazioni in cui il figlio manifesta il rifiuto di vedere un genitore e prevede in ogni caso sanzioni all’altro genitore: “Il rifiuto del bambino non viene ascoltato né indagato e non si fa nessun riferimento alla violenza familiare: incomprensibile, visto che spesso dietro a un rifiuto si nascondono paura o ricordi sgradevoli”. La soluzione che il ddl individua sono l’estromissione dell’altro genitore e l’allontanamento in comunità: “La comunità passa come punizione e il minore è obbligato a vedere il genitore con cui si rifiutava di stare. Si torna poi a parlare di alienazione parentale, mai riconosciuta”. Tra le perplessità di Cismai, anche l’obbligo di mediazione. “Se la mediazione è utile, deve essere gratuita. E comunque non può mai essere imposta: nei casi di alta conflittualità ci sono margini di inapplicabilità”. Il richiamo è alla Convenzione di Istanbul, che vieta la mediazione nei casi di violenza domestica. “Alla luce di tutte queste considerazioni, riteniamo che la trasformazione in legge del ddl segnerebbe un pericoloso passo indietro nel percorso di tutela dei minori e di rispetto dei loro diritti”.

Il Coordinamento festeggia quest’anno i primi 25 anni di attività. Per celebrarli, organizza venerdì 5 e sabato 6 ottobre a Milano “La cassetta degli attrezzi: due giorni di congresso con ospiti nazionali e internazionali per approfondire il tema degli “attrezzi” – a partire dalle proprie competenze – a cui ogni professionista può attingere per migliorare gli interventi necessari a prevenire, riconoscere, proteggere e curare i bambini coinvolti nella violenza. “Sono stati 25 anni intensi, pieni di impegno e passione”, sottolinea Soavi. Era il 1993 quando 5 centri attivi in Italia nell’ambito della tutela e della cura dei minori decisero di costituire il Cismai. Solo due anni prima l’Italia aveva ratificato la Convenzione Onu sui Diritti dell’infanzia. “Allora erano temi ben poco affrontati nel nostro Paese: noi portammo un’attenzione strutturata e competente”. Oggi i centri sono 104, tra pubblici e privati: un coordinamento fatto da operatori del settore, psicologi, assistenti sociali, medici, educatori. “In questi 25 anni sono cresciute le competenze: il nostro obiettivo è fare cultura e formazione su questi temi. Inoltre abbiamo prodotto linee guida per aiutare gli operatori a trovare interventi sempre più adeguati e al passo con le acquisizioni scientifiche più recenti. Un altro aspetto sempre trascurato ma che noi abbiamo molto a cuore è la prevenzione”.

In Italia sono 100 mila i bambini maltrattati, secondo l’ultima indagine condotta nel 2015 da Cismai e Terre des Hommes su invito del Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza. Dati confermati da una rilevazione Istat sempre del 2015, secondo la quale il fenomeno della violenza domestica e di conseguenza quello della violenza assistita risultano in preoccupante aumento. “È assurdo che non ci siano dati più recenti – denuncia Soavi –. Non esiste uno strumento nazionale che raccolga i dati sui maltrattamenti e non si può fare un monitoraggio, anche per confrontarlo con i dati internazionali. La Commissione europea ce lo ricorda da anni”. Oggi i dati sui maltrattamenti e le violenze sui bambini sono reperibili deducendoli da quelli della violenza sulle donne e da quelli del ministero della giustizia (quando le denunce diventano reati): “Non è accettabile. Dovrebbe essere lo Stato a farsi promotore di questa ricerca. L’attuale garante ha già manifestato l’interesse a promuovere un monitoraggio come quello realizzato 3 anni fa. Noi ce lo auguriamo: si tratta di una grande carenza. Solo con dati scientifici è possibile avviare un discorso serio e strutturato sulla prevenzione e sulle modalità di affrontare le necessità. Oggi non ci sono dati aggiornati sulle più diffuse forme di maltrattamento: la ricerca Istat ha valutato che la prima fosse la grave trascuratezza e la seconda la violenza assistita. È necessaria un’impostazione più ampia e mirata. L’anno scorso Sandra Zampa ha presentato un disegno di legge per la prevenzione dei maltrattamenti dei bambini e degli adolescenti: speriamo tanto non resti lettera morta”.

Sempre secondo la rilevazione Istat del 2015, la quota di violenze domestiche a cui i figli sono esposti è salita al 65,2 per cento, nel 2006 erano al 60,3%. Le segnalazioni al numero telefonico 114 sulle violenze domestiche riguardano, nel 63,6% dei casi, bambini di età compresa tra 0 e 10 anni. Nel 25 per cento dei casi, inoltre, i figli sono stati anche coinvolti nella violenza (15,9% nel 2006). Esiste poi il rischio connesso alla riproducibilità in età adulta dei comportamenti violenti appresi durante l’infanzia. L’Istat sottolinea come “la trasmissione intergenerazionale del fenomeno è ben testimoniata dalla relazione esplicita tra vittimizzazione vissuta e/o assistita da piccoli e comportamento violento: il partner è più spesso violento con le proprie compagne se ha subito violenza fisica dai genitori, in particolare dalla madre o se ha assistito alla violenza del padre sulla propria madre”. L’incidenza di violenza fisica o sessuale in età adulta, che riguarda il 31,5 per cento del campione, raggiunge il 58,5 per cento tra chi ha subito violenze sessuali prima dei 16 anni, il 64,2 per cento tra le donne che sono state picchiate da bambine dal padre e il 64,8 per cento tra chi ha subito violenza fisica dalla madre. (Ambra Notari)

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