31 gennaio 2017 ore: 10:30
Disabilità

Affido, famiglia in attesa del "suo" bambino con ritardo cognitivo: "Non abbiamo paura"

Il bambino ha otto anni e vive da sempre in un istituto. Ora una famiglia è pronta ad accoglierlo, ma la burocrazia allunga i tempi. “Se servizi e centri affidi non comunicano, le famiglie restano al palo e gli istituti sono pieni di bambini con problemi. Noi lo aspettiamo, convinti di potergli dare un minimo di indipendenza e autostima”
Adozione per i bimbi affidati

ROMA - S. aspetta il suo bambino con trepidazione: quasi che quel bimbo lo avesse in grembo. Ma quel bimbo, “il nostro bimbo” – come lo chiamano ormai lei e suo marito – è in un istituto a Montepulciano, mentre tutto è pronto per lui, nella loro casa in Mugello. “La burocrazia sta dilatando i tempi, è da marzo del 2015 che, tramite l’associazione ‘Dalla parte dei bambini’, ci siamo resi disponibili. Da allora andiamo a trovarlo regolarmente, nonostante il viaggio e le complicazioni che questo comporta. E da allora lui è il nostro bambino. Ed è molto triste saperlo in istituto, dove pure viene curato e accudito, ma dove gli manca il calore di una famiglia. Che è ciò di cui avrebbe più bisogno”.

Il “loro” bimbo ha otto anni e un grave ritardo cognitivo, esito di una sindrome feto-alcolica. “Se non fosse stato per la responsabile dell’istituto e per l’associazione ‘Dalla parte dei bambini’, che hanno fatto di tutto per trovargli una famiglia, lui avrebbe trascorso in istituto il resto della sua vita”. Il problema, secondo S. è che “nell’affido non si riesce a far coincidere l’offerta con la domanda. Sono espressioni crude, lo so, ma la realtà è questa e va denunciata. Da un lato ci sono i centri affido, con gli elenchi delle famiglie disponibili. Dall’altra i servizi sociali, che però difficilmente segnalano questi casi ai centri affido. Spesso poi sono servizi sociali diversi. Nel nostro caso, per esempio, c’è il servizio che ha seguito finora il bambino, che non comunica con il servizio sociale di Montepulciano, il quale il bambino non lo ha mai visto. In queste condizioni, è davvero difficile che un bambino con bisogni speciali trovi una famiglia: e avremo sempre famiglie che aspettano ‘al palo’ e istituti pieni di bambini”.

Ora, però, questo bambino due genitori li ha trovati: “i nostri figli sono ormai grandi, hanno 23 e 30 anni. Dal 2012 ci dedichiamo agli affidi: tante esperienze diverse, più o meno lunghe, più o meno difficili”. Questa però sarà completamente nuova, perché di bambini disabili non ne hanno mai avuti. “Io sono stata un’operatirce socio-sanitaria, la malattia non mi fa paura e credo di poter dare molto in una situazione come questa. Mi sto preparando, sto mettendo a punto tutto il materiale che credo possa essere utile e adatto per stimolarlo. Aspettiamo solo che arrivi finalmente in casa”. Sarà un affido ‘sine die’ e S. sa che probabilmente questo bambino resterà con loro per sempre. “Ci sarà il problema del ‘dopo di noi’ e ce lo siamo già posto. Ma i nostri figli ci aiuteranno: e noi contiamo di riuscire a migliorare le sue condizioni di salute e di vita, negli anni che passeremo insieme, aiutandolo a conquistare l’autonomia e l’indipendenza di cui sarà capace”.

S. sa che le difficoltà non mancheranno, “ma non abbiamo avuto paura quando ci è stato proposto questo caso. I problemi, poi, ci sono anche quando si vedono di meno. In passato abbiamo avuto in affido tre fratelli: in teoria erano “sani”, poi abbiamo scoperto un grave ritardo in uno e una dislessia in un altro. Per questo, quando l’associazione ci ha chiesto la disponibilità per questo bambino, non ho esitato un attimo. Solo con un bambino in sedia a ruote avrei avuto difficoltà, visto che la nostra casa è su più livelli: ma sono sicura che, se si fosse presentata la necessità, avremmo affrontato anche quest’ostacolo”.

Ora, l’attesa di questo bambino è piena di fiducia e di ottimismo: “Pensiamo di avere tutte le caratteristiche per fare un buon lavoro. E lo pensano anche gli assistenti sociali e l’associazione. Sono convinta che, specialmente in casi difficili come questo, serva l’attenzioe di una mamma, che è sempre pronta a smuovere le montagne. Se da grande riuscirà a prendere l’autobus, o a fare un lavoretto manuale che gli permetta un minimo di indipendenza ma soprattutto di autostima, allora potremo dire di aver fatto davvero un buon lavoro”. (cl)

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