Africa, mille euro per diventare imprenditori a 5 mila capifamiglia
ROMA – Favorire lo sviluppo nelle zone più svantaggiate dell'Africa, limitare così l'immigrazione, e dare contemporaneamente opportunità per le piccole e medie imprese europee e lavoro ai giovani. Sono gli obiettivi del progetto presentato oggi al convegno “Europa e Mediterraneo: mare di civiltà, di pace, di lavoro con nuove microimprese, promosso dal Comitato per una civiltà dell'Amore in collaborazione con Spes (Centro servizi per il volontariato Lazio) e Flaei Cisl. La proposta di intervento, denominata “Dall’Italia ponte tra Europa e Africa/Medio Oriente, di lavoro e di pace senza emigrare”, riguarda 5 mila capifamiglia in zone a forte rischio di emigrazione, creando opportunità di occupazione e microimprenditorialità e quindi percorsi di sviluppo sociale ed economico attraverso la sinergia con piccole e medie imprese italiane.
Non si può infatti semplicemente cercare di contenere l'ondata migratoria verso l'Europa, spiegano gli organizzatori, ma bisogna incidere sulle cause per cui milioni di persone fuggono dai paesi in via di sviluppo per trovare nuove opportunità. “Il Mediterraneo è sempre stata la culla e il punto di incontro e scambio fra le civiltà – spiegano -. È compito dell'Italia e dell'Europa invertire il fenomeno per cui 'Mare nostrum' è invece diventato il luogo della paura e della morte, restituendo al Mediterraneo il ruolo di ponte”. La soluzione può essere allora quella di creare le condizioni per lavori dignitosi in loco. Si tratta di aree caratterizzate da “economia informale” che, se aiutate a trasformarsi in un'economia più strutturata, possono limitare l'abbandono delle terre e favorire lo sviluppo locale in un circolo virtuoso.
L'iniziativa si pone come ideale proseguimento della campagna “Adotta un Papà nel Sud del Mondo”, che aveva coinvolto già 1.300 capifamiglia, nel solco della ventennale attività di volontariato nel sud del mondo del Comitato di Collegamento di Cattolici per una Civiltà dell’Amore. Proprio dal lavoro sul campo è emersa una estrema necessità di razionalizzare e finalizzare gli aiuti, in modo da migliorarne l'effetto e creare filiere di iniziative microimprenditoriali. Per questo c'è stato un lungo lavoro di redazione di schede con la descrizione dei paesi e dei villaggi dove fosse possibile destinare gli aiuti, in stretta collaborazione con Focsiv, missioni e ong operanti in varie nazioni africane, al fine di raccogliere una consistente massa di informazioni aggiornate: hanno risposto 22 istituti missionari e ong, distribuiti in 60 villaggi in vari paesi africani, con un coinvolgimento di popolazione di oltre 1 milione di abitanti. In questo modo sono stati individuati i cinquemila capofamiglia da coinvolgere. I beneficiari dell’iniziativa sarebbero non solo loro, ma le loro famiglie, che contano anche dieci membri, fino ad estendersi a circa un milione di persone.
Tecnicamente, si tratterebbe di concedere loro dei sussidi, intorno ai mille euro in un anno per ciascuno, in modo da sviluppare una serie di settori strategici come quelli dell'agricoltura e dell'allevamento, della gestione dell'acqua e dell'ambiente, dell'artigianato e della trasformazione, del commercio e dell'imprenditorialità femminile, fino ai campi dell'istruzione, della sanità e della sicurezza alimentare.
Il costo stimato del progetto è di cinque milioni di euro, più uno per la gestione, con la possibilità di ampliare ulteriormente i destinatari. “I fondi ci sono già, e sono quelli varati dall’Unione Europea nel Piano 2014-2020 – spiega Giuseppe Rotunno, Presidente del Comitato per una Civiltà dell’Amore- programmati dalla Commissione Cooperazione e Sviluppo trasversalmente per vari paesi e per ambiti tematici. Progressivamente si potrà fare anche una programmazione più ampia, con fondi specifici, che possa coinvolgere ancora più persone. C'è il progetto, consegnato quasi un anno fa, ci sono i soldi, manca solo l'attore istituzionale che ne faccia richiesta: facciamo appello al ministero per gli Affari Esteri affinché velocizzi la pratica, specie in un momento di grande crisi economica europea per cui questa partnership con le microimprese africane potrebbe essere di grande sviluppo”.
Le piccole e medie imprese sono oltre un milione e mezzo in Italia, dieci volte tanto in tutta Europa, e rappresentano l'80% del tessuto industriale. “Attraverso l'appoggio sulle microimprese create in Africa si potrebbe creare lavoro, mercati futuri, un arricchimento in scambio di know how, parliamo di paesi in crescita di oltre il 4%, mentre noi siamo fermi – aggiunge Rotunno -. Parliamo di pannelli fotovoltaici, pesca, agricoltura, commercio. Lo scorso anno c'è già stata una risoluzione della Commissione per lo sviluppo delle pmi nei paesi poveri, e c'è un concerto di forze, fra camere di commercio, associazioni industriali per accedere ai fondi europei per l'Africa. Speriamo solo che i tempi della burocrazia siano brevi”. (Elena Filicori)