Agenda Ue, Astalli: "Delusi. Così s'intensifica il regolamento di Dublino"
ROMA - "Siamo un po' delusi e anche un po' preoccupati. Mentre all'inizio pensavamo che con l'agenda potesse esserci un superamento di Dublino, i fatti dimostrerebbero invece che il regolamento è intensificato". E' amaro il commento di padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, sui dettagli diffusi oggi in merito all'agenda dell'Unione europea approvata dalla Commissione europea a Bruxelles. Secondo Ripamonti, infatti, dal testo si “evince chiaramente che Dublino non solo non viene superato come è stato chiesto e promesso dal governo italiano ma al contrario resta valido rafforzandone l’applicazione anche di alcune misure discutibili come la previsione della detenzione e dell’uso della forza in caso di mancata collaborazione”. Una presa diposizione, quella del Centro Astalli, che già dall’inizio aveva avanzato qualche dubbio etichettando l’agenda come “un mezzo passo in avanti”. Ora, spiega Ripamonti, “più andiamo avanti, più ci rendiamo conto che la precisazione dei dettagli sta determinando un arretramento delle posizioni e degli auspici iniziali”.
Numeri ridicoli. I dati resi noti oggi sui reinsediamenti confermano quelli anticipati durante la prima conferenza stampa per la presentazione dell'agenda. "Quindi numeri molto bassi - spiega Ripamonti -. Così non si sta affrontando il problema per la sua reale dimensione. Ricordiamo che per i soli siriani l'Alto commissariato per i rifugiati aveva chiesto un reinsediamento di 130 persone. In realtà adesso lo si vuole fare per 20 mila su due anni". A preoccupare anche i numeri per i ricollocamenti. Secondo l'agenda, infatti, si tratta di 40 mila persone in due anni di cui 24 mila dall'Italia e 16 mila dalla Grecia, quando invece, spiega Ripamonti, solo lo scorso anno l’Italia ha assistito allo sbarco di 170 mila persone. "I numeri ci sembrano assolutamente ridicoli rispetto alle necessità generali”, spiega Ripamonti. Numeri che in Italia non porterebbero a quell'alleggerimento sperato sul fronte accoglienza. "Per l'Italia credo possa cambiare poco - spiega Ripamonti -. Lo scorso anno sono arrivate 170 mila persone, quelli che hanno chiesto asilo in Italia sono 60 mila, se aggiungiamo i 40 mila che andrebbero incontro al ricollocamento rimarrebbero altre 70 mila che dovrebbero chiedere asilo in Italia. Questo dato va letto insieme alla misura prevista di rafforzamento dei controlli di identificazione in Italia e in Grecia con rilevamento delle impronte digitali e foto segnalamento. Se il dato degli arrivi nel 2015 restasse invariato rispetto al 2014 questo significherebbe che l’Italia si troverebbe a dover accogliere le domande di asilo di circa 130 mila persone".
Il ricollocamento riservato a siriani e eritrei. Secondo il testo, gli aventi diritto al trasferimento sono solo "i richiedenti asilo che godono del regime di protezione nel 75 per cento degli Stati membri", cioè siriani ed eritrei. Per il Centro Astalli, per, questa classificazione è "inaccettabile". "Lo status di rifugiati deve essere riconosciuto sulla base di persecuzioni personali e non sulla base della nazionalità. Fare classifiche tra i paesi da cui accogliere i rifugiati è contro la tutela del diritto di asilo per quanti fuggono da guerre e persecuzioni". Una decisione che, secondo Ripamonti, va anche contro la Convenzione di Ginevra. "Nell'articolo tre della Convenzione si dice che non ci deve essere discriminazione riguardo alla nazione - spiega -. La richiesta d'asilo è relativa alla storia delle singole persone, non alla provenienza. Un richiedente asilo è uguale sia se viene dal Gambia che dall'Eritrea".
L’agenda della Fortezza Europa. Nei suoi dettagli, quindi, l'agenda delude, ma per padre Ripamonti è la conferma che ancora una volta gli stati membri allontanino un'assunzione delle "proprie responsabilità", rintanandosi ancora una volta nella "fortezza Europa". Lo dimostra anche il potenziamento di Triton. “Si ribadisce ancora una volta che il mandato di Triton è quello di Frontex, cioè il controllo delle frontiere – spiega Ripamonti -. Certamente allargando i controlli a 138 miglia dalla costa permetterà di incrociare quelle situazioni di difficoltà e di intervenire con maggiore rapidità salvando più vite, ma il criterio di fondo è il controllo delle frontiere. Non ci si è mossi da questa posizione. Salvare vite e riconoscere diritti a queste persone non è la priorità, la priorità è sempre l'Europa con i suoi interessi e le sue esigenze. Ogni singolo stato cerca di far valere i propri interessi”. Per questo le speranze che il testo possa cambiare nel suo iter sono esili, spiega Ripamonti. "Mi auguro che l'intervento della società civile e delle associazioni possa in qualche modo smuovere e indirizzare l'Europa verso una rivalutazione di questi criteri - spiega -. Temo, però, che sia questo l'orientamento. Mi auguro di essere smentito e che il Parlamento vada in una direzione diversa”.(ga)