15 settembre 2014 ore: 14:26
Giustizia

Agenti penitenziari, 8 suicidi in 8 mesi. Sappe: “Siamo sotto organico e abbandonati”

Vanno ad aggiungersi ai 31 detenuti suicidi da gennaio a settembre. Capece: “L’amministrazione sta a guardare. Servono soluzioni concrete, con forme di aiuto e sostegno i colleghi in difficoltà”
Carcere, corridoio con celle aperte

ROMA - In otto mesi, otto agenti di polizia penitenziaria si sono tolti la vita. Nomi che vanno ad aggiungersi a quelli dei 31 detenuti suicidi da gennaio a settembre di quest’anno. “Di carcere si continua a morire” commenta amaro Donato Capece, segretario generale del Sappe (sindacato autonomo polizia penitenziaria), nel comunicare  l’ultimo suicidio di un agente avvenuto a Saluzzo lo scorso giovedì.

“È una tragedia senza fine – aggiunge -: negli ultimi 3 anni si sono suicidati più di 30 poliziotti e dal 2000 ad oggi sono stati complessivamente più di 100, ai quali sono da aggiungere anche i suicidi di un direttore di istituto e di un dirigente generale. Lo ripetiamo da tempo: bisogna intervenire con soluzioni concrete, con forme di aiuto e sostegno per quei colleghi che sono in difficoltà”.

“Il ritmo di un suicidio al mese la dice lunga sullo stress lavoro correlato che logora la polizia penitenziaria – insiste il segretario -. Questo, insieme allo stato di abbandono in cui si trova, genera un mix che sfocia nei più deboli in momenti di depressione e disperazione”. Non ha dubbi, Capece, sul fatto che il male di vivere dipenda dalle condizioni lavorative: “Gli agenti di polizia penitenziaria sono 38.750 e devono controllare 54.620 detenuti. In condizioni ideali dovrebbe esserci un agente che vigila sulla sicurezza di 50 detenuti, mentre ora il rapporto è di 1 a 70 o 1 a 80. E se uno sbaglia non glielo perdonano: se qualche detenuto tenta il suicidio o atti di autolesionismo l’agente paga in prima persona”. Il segretario del Sappe è un fiume in piena: “Siamo sotto organico di circa ottomila agenti e nonostante questo riusciamo ancora a salvare la vita a tanti detenuti disperati che tentano di togliersi la vita. Solo l’anno scorso sono stati 1.200 i suicidi sventati, senza contare tutta una serie di eventi critici che sono stati gestiti”.

Il sotto organico porta, secondo il Sappe, alla negazione dei diritti soggettivi: “Un esempio sono le ferie: vengono concessi solo 13 giorni da giugno a settembre, diversamente da come accade normalmente. Anche questo comporta stati d’ansia non da poco. La stragrande maggioranza degli agenti vive lontano da casa e accumula turni per tornare qualche fine settimana dai propri famigliari. E se anche qualcuno volesse provare a tornare nelle loro terre dovrebbe aspettare 15 anni prima di essere riassegnato, a causa del meccanismo di interpello nazionale”.
In tutto questo, per il Sappe, l’amministrazione penitenziaria “è assente, sta a guardare. Non c’è un capo dipartimento da mesi, né punti di riferimento. Molte volte abbiamo chiesto di attivare punti di ascolto, ma non se n’è fatto ancora niente”. (gig)

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