25 giugno 2014 ore: 10:05
Non profit

Aiuti umanitari, l’Italia investe meno di un centesimo della spesa militare

Rapporto di Agire, Agenzia italiana per la riposta alle emergenze. Nel 2012 il nostro paese ha speso 214 milioni di euro. A fronte di una diminuzione dei fondi gestiti dall’Ufficio emergenze della Farnesina, cresce la quota legata ai trasferimenti all’Ue. Importante il ruolo delle Ong
Povertà, economia: centesimi - SITO NUOVO

ROMA – Nel 2012 l’Italia ha speso per l’assistenza umanitaria circa 282 milioni di dollari, pari a 214 milioni di euro, meno di 1/100 di quanto investito dal nostro governo in spese militari: 26,4 miliardi di euro nel 2012. Si tratta del 16% in meno rispetto ai 338 milioni di dollari del 2000. L’assistenza umanitaria italiana era allora pari al 4,8% dell’assistenza umanitaria pubblica globale, mentre nel 2012 questa percentuale è scesa fino al 2,4%. Nella classifica dei principali paesi donatori di assistenza umanitaria, nel 2012 l’Italia si è collocata in quindicesima posizione, preceduta da buona parte dei partner europei, tra cui Regno Unito, Germania e Francia. Sono i dati contenuti nel rapporto “Il Valore dell’Aiuto. Risorse per la risposta alle emergenze umanitarie”, di Agire – Agenzia italiana per la risposta alle emergenze, presentato oggi a Roma. Fanno parte di Agire ActionAid, Amref, Cesvi, Coopi, Gvc, Intersos, Oxfam, Sos Villaggi dei Bambini, Terre des hommes e Vis. 

L’insufficiente prestazione dell’Italia come donatore umanitario risente innanzitutto – spiega il rapporto - del crollo dell’aiuto pubblico allo sviluppo (Aps) italiano, passato dai 4,86 miliardi di dollari del 2008 ai 2,74 del 2012. Nel 2013 questa tendenza è stata capovolta dal governo, che è tornato a incrementare gli stanziamenti e nell’ultimo documento di programmazione economica si è impegnato ad aumentare l’Aps del 10% per ciascun anno, fino a raggiungere nel 2017 un rapporto tra Aps e reddito nazionale lordo pari allo 0,28-0,31%59. 

Per capire le caratteristiche specifiche dell’assistenza umanitaria italiana, è utile analizzare le diverse voci di spesa. Ciò che emerge con estrema chiarezza è la progressiva crescita della quota legata ai trasferimenti italiani all’Unione Europea spesi in assistenza umanitaria. Nel 2000, la componente europea costituiva circa il 45% dell’assistenza umanitaria pubblica italiana; nel 2012 si è arrivati addirittura al 77%. Su 282 milioni di dollari di assistenza umanitaria, ben 217 sono cioè imputabili ai trasferimenti obbligatori alle istituzioni europee spesi poi da queste in assistenza umanitaria: in sostanza, dei 4,75 dollari spesi dal governo italiano per ciascun cittadino (spesa umanitaria pro-capite), circa 3,64 sono in realtà aiuti delle istituzioni europee resi possibili dalla quota contributiva dell’Italia. Detto ancora in altri termini, a ogni euro di aiuto italiano corrispondono tre euro spesi dall’Europa “per conto dell’Italia”. Il ruolo del nostro paese nell’assistenza umanitaria globale è di conseguenza sempre più legato alle scelte operate a livello comunitario piuttosto che all’esplicita volontà politica espressa dalle nostre istituzioni nazionali. 

Risulta evidente che un alto valore percentuale della componente europea indica, nel confronto con altri donatori membri dell’Unione, una minore capacità propria di investimento del paese in ambito umanitario. Confrontando le quote percentuali degli aiuti “targati Bruxelles” nei diversi stati membri, si vede che l’incidenza è logicamente molto inferiore nei grandi donatori di assistenza umanitaria come Svezia (6%), Lussemburgo (7%), Danimarca (11%), Irlanda (12%) e Finlandia (17%). Peggio dell’Italia (77%) hanno fatto solo il Portogallo (95%) e la Grecia (99%), che praticamente dipendono dall’Ue per il proprio contributo al sistema umanitario internazionale. Vale inoltre la pena sottolineare come la “comunitarizzazione” dell’assistenza umanitaria italiana si sia sensibilmente incrementata nell’ultimo quadriennio, passando dal 58% del 2009 appunto al 77% del 2012. Ciò conferma la tesi che l’importante riduzione dei fondi umanitari gestiti direttamente dall’Italia è stata controbilanciata da un incremento dei trasferimenti obbligatori all’Unione Europea spesi da questa in assistenza umanitaria.

Nel periodo 2009-2013, i fondi gestiti dall’ufficio emergenze della Farnesina si sono ridotti di oltre un terzo, passando dai 52,3 milioni di euro del 2009 ai 32,1 milioni del 2013 (-39%). La contrazione degli investimenti ha riguardato sia le risorse destinate agli interventi bilaterali e multi-bilaterali che quelle per i contributi sul canale multilaterale, mentre in leggera crescita sono risultati i fondi destinati allo sminamento umanitario agli aiuti alimentari, che costituiscono in ogni caso una componente minoritaria dell’assistenza umanitaria del nostro paese. 

Dove vanno gli aiuti? Negli anni 2009-2013, le due regioni che hanno ricevuto più aiuti dall’Italia sono l’Africa sub-sahariana (35,2%) e il Mediterraneo e Medio Oriente (33,6%). Nettamente staccati l’Asia (22,3%), l’America Centrale e Meridionale (8,3%) e i Balcani (0,6%). I singoli paesi che hanno ricevuto assistenza umanitaria dall’Italia nel periodo 2009-2013 erano 47 nel 2009, sono diventati 28 a partire dal 2011. La concentrazione degli aiuti su un numero più ristretto di paesi costituisce infatti uno dei principali risultati del percorso avviato negli ultimi anni dalla Cooperazione Italiana sul tema dell’efficacia dell’aiuto. Sui 5 anni di riferimento, Afghanistan, Territori Occupati Palestinesi e Somalia sono gli unici paesi ad aver superato la soglia dei 20 milioni di euro di aiuti. Nel 2013, la crisi siriana domina la scena: i 3 paesi più direttamente interessati (in ordine, Libano, Siria e Giordania) occupano le prime posizioni della classifica dei paesi destinatari, seguiti dalle Filippine colpite nel novembre 2013 dal tifone Hayan. Si noti infine che fino al 2012 i dati relativi al Sudan includevano anche gli aiuti indirizzati verso il Sud Sudan. 

Nel periodo 2009-2013, il 22% dei fondi sono stati destinati a programmi di salute, seguiti da sicurezza alimentare e agricoltura.

Il rapporto di Agire stima che nel corso del 2012, le Ong  hanno speso in assistenza umanitaria circa 64,3 milioni di euro di donazioni raccolte da privati. Nel quinquennio di riferimento 2008-2012, la spesa umanitaria privata delle Ong ha raggiunto un volume totale di circa 340 milioni. L’analisi di periodo evidenzia, dopo un primo biennio sostanzialmente stabile, un deciso incremento delle donazioni private nel 2010 (legato ovviamente soprattutto all’enorme eco mediatica del terremoto ad Haiti). Nel 2011 e 2012, in linea con quanto avvenuto a livello globale, si è registrata una progressiva diminuzione dei fondi privati, motivata in parte dalla minore propensione al dono generata dalle crisi ricorrenti e dai conflitti armati rispetto alle mega-catastrofi naturali.

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