Al Baobab è di nuovo emergenza: i migranti dormono in strada
Alcune immagini dell'attuale situazione |
ROMA- “Sono partito dalla Libia, sono stato qualche giorno in Sicilia e poi un mio amico mi ha detto di venire qui. Tra qualche giorno vorrei andare in Francia e da lì raggiungere l’Inghilterra dove vive mio fratello, ma non so se riuscirò a passare la frontiera al nord. Ci provo. Voglio andare”. A. ha vent’anni e arriva dall’Etiopia, da cinque giorni dorme in una tenda davanti alla sede dell’ex centro Baobab di Roma, sgomberato il 6 dicembre scorso. Con lui ogni notte dormono in strada altre 40 persone, ma nel fine settimana si è arrivati a contarne una sessantina. Sono quattordici in tutto le tende da campeggio sistemate lungo via Cupa, strette strette ai margini della strada per lasciare libero il passaggio delle auto. Esattamente un anno dopo la prima situazione critica, al centro vicino la stazione Tiburtina è di nuovo emergenza.
“Da parte delle istituzioni il silenzio è la sola costante. Al comune avevamo chiesto di darci una struttura per continuare a portare avanti un modello di accoglienza dignitosa, come abbiamo sempre fatto, ma ad oggi non abbiamo ottenuto nessuna risposta. E’ assurdo che si continui ad ignorare questa situazione – sottolinea Alessia Trovato, una delle volontarie del Baobab -. Intanto andiamo avanti con le donazioni che arrivano dai privati: la mattina prepariamo la colazione con latte e biscotti, ma abbiamo solo due piccoli armadietti dove tenere le vivande. Possiamo metterci gli alimenti a lunga conservazione, ma tra un po’ arriverà il caldo e sarà un vero problema”. -
Da quando i migranti in transito sono tornati ad appoggiarsi al Baobab, infatti, i cittadini hanno ricominciato a portare pacchi con cibo e vestiti. Ma, a differenza di un anno fa, a disposizione dei volontari non c'è più un magazzino dove mettere le cose che arrivano: “una parte dei vestiti per bambini li abbiamo portati alla Croce Rossa – continua Trovato – altre cose siamo costretti a tenerle noi, anche nel portabagagli delle nostre auto”. A mancare sono anche alcuni servizi basilari: a disposizione delle persone ci sono solo quattro bagni chimici montati sull’adiacente via Tiburtina. Difficile è anche preparare i pasti: i volontari offrono la colazione e il pranzo, mentre per la cena i migranti si spostano nell’ostello della Caritas di via Marsala, vicino la stazione Termini.
“Siamo sempre almeno due per ogni turno– spiega Sandra Manco, un’altra delle volontarie -. Sono metà italiana e metà australiana, mia madre era una rifugiata istriana, venire ad aiutare queste persone per me è stato quasi un dovere –racconta – ho iniziato portando dei pacchi di cibo, poi sono rimasta qualche volta a dare una mano, e da un anno sono attivamente nel gruppo”. I volontari si organizzano anche per le pulizie, non solo delle tende ma anche della strada. “Vogliamo che via Cupa sia sempre pulita – aggiunge Trovato – i rifugiati ci danno una mano, puliscono insieme a noi, vanno a prendere l’acqua, sistemano la parte dove dormono. Sanno che qui deve restare tutto in ordine”.
Tra le persone che dormono a via Cupa ci sono anche minori non accompagnati e donne. La maggior parte di loro arriva dal Corno d’Africa, Etiopia ed Eritrea. Mentre li incontriamo, due ragazze con la pettorina dell'Unhcr danno informazioni sulle possibilità del progetto di relocation. Insieme a loro passano in rassegna le tende due addetti della sala operativa sociale. Sono lì a controllare la situazione: contano i migranti e vedono se tra di loro ci sono soggetti in condizione di particolare fragilità che necessitano di essere spostati in strutture più adatte. I centri di accoglienza a Roma hanno infatti ancora posti a disposizione, ma sono quasi sempre i migranti che rifiutano di andarci: hanno paura di essere identificati e di non poter continuare il viaggio verso il Nord Europa.
La maggior parte di loro sogna infatti la Germania o l’Inghilterra. Sono arrivati a via Cupa tramite il passaparola di amici e parenti che hanno già fatto il viaggio mesi fa, e che forse non sanno che il centro che ospitava i migranti transitanti è stato chiuso, da cinque mesi. Nel frattempo una nuova soluzione stabile non è stata trovata. Per scongiurare una nuova emergenza, i volontari hanno fatto richiesta di una struttura: il luogo scelto è l’ex istituto Ittiogenico a Tiburtina. Ma il Comune non ha mai formalmente risposto alla richiesta e così gli attivisti hanno provato ad occupare il centro un mese fa. Ma sono stati subito sgomberati dalla polizia.
Di emergenza annunciata parla Medu (Medici per i diritti umani), che per far fronte alla situazione ha riattivato la sua clinica mobile. “Era tutto ampiamente prevedibile e previsto. Anche quest’anno con l’arrivo della stagione estiva si intensificano gli sbarchi e anche quest’anno la città di Roma si presenta impreparata ad accogliere il crescente numero di migranti più vulnerabili che vi transitano. O meglio le istituzioni della città, perché ancora una volta l'onere di dare un minimo di assistenza dignitosa viene colpevolmente lasciato ai cittadini e alle organizzazioni umanitarie – sottolinea il presidente Alberto Barbieri - . Insieme agli attivisti di Baobab experience lanciamo l'ennesimo appello alle istituzioni affinché si individuino con urgenza soluzioni di accoglienza dignitose per le decine di migranti forzati in arrivo a Roma in questi giorni e costretti a vivere in condizioni disumane per le strade della Capitale”. (ec)