Al festival di Pisa i robot che sviluppano la mente e aiutano la riabilitazione
PISA – Le tecnologie robotiche possono contribuire a sviluppare la mente e il cervello dei bambini: è quello che dimostreranno i ricercatori dell' Irccs Fondazione Stella Maris e della sezione di Neuropsichiatria Infantile dell’Università di Pisa, che porteranno a Pisa, al Festival internazionale della Robotica, le principali applicazioni che quotidianamente impiegano con bambini e ragazzi. Il Festival è promosso da Comune di Pisa, Fondazione Arpa, Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant'Anna, Centro di Ricerca 'E. Piaggio’ dell’Università di Pisa; co-promotori scientifici sono Scuola Superiore Sant’Anna, Università di Pisa, Scuola Normale Superiore, Consiglio Nazionale delle Ricerche, IRCCS Fondazione Stella Maris, Centro di eccellenza Endocas dell’Università di Pisa.
Nello spazio espositivo saranno illustrati, in modo divulgativo, i progetti di ricerca con maggiore valore traslazionale in corso presso l’Irccs Fondazione Stella Maris, in collaborazione con altri enti. Obiettivo comune di questi progetti è lo sviluppo di nuove metodiche e strumentazioni robotiche e biomeccatroniche finalizzate allo studio ed alla cura dei meccanismi neurobiologici alla base dello sviluppo precoce della mente e del cervello umano, ed in particolare delle funzioni motorie, percettive, relazionali e cognitive sin dai primi giorni di vita. Questi approcci tecnologici spaziano dallo studio dello sviluppo dei bambini con sviluppo tipico, alla diagnosi precoce di un disturbo con la precisione offerta dalla nuove tecnologie, alla promozione e al potenziamento delle funzioni grazie alla messa a punto ed alla sperimentazione di nuovi modelli di riabilitazione (come la teleriabilitazione o la robotica in educazione…) in bambini con disturbi del neurosviluppo (del movimento, della visione, del linguaggio, dell’intelligenza sociale….) ed in particolare nella paralisi cerebrale e nel disturbo dello spettro autistico, che rappresentano le principali cause di disabilità grave nell’età evolutiva. Ed ecco, nel dettaglio, alcuni progetti.
CareToy, la palestra biomeccatronica di tele-riabilitazione. “CareToy - spiega il professor Giovanni Cioni, ordinario di Neuropsichiatria Infantile, Università di Pisa e Direttore Scientifico IRCCS Fondazione Stella Maris - è una palestrina intelligente, ideata e sviluppata nell’ambito di un progetto europeo in collaborazione con l’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna, in cui la tecnologia permette di portare a casa, già dai primissimi mesi di vita, il trattamento riabilitativo precoce, fondamentale per il futuro sviluppo di bambini a rischio di paralisi cerebrali. Oltre 2000 sensori, integrati nel sistema CareToy, permettono di misurare e monitorare a domicilio il comportamento dei bambini. Questi dati vengono trasmessi attraverso la rete al centro clinico, dove medici e terapisti seguono il loro andamento, sostenendo le attività di gioco più adeguate allo sviluppo che i genitori potranno svolgere quotidianamente con il bambino. In questo modo a casa e semplicemente giocando con i genitori è possibile per i bambini nati con dei problemi contribuire ad allontanare il rischio di sviluppo nel tempo di disturbi neurologici, o quantomeno ridurne la gravità. La palestrina CareToy, esposta anche alla stazione Leopolda per gli aspetti bioingegneristici, è stata sperimentata su un ampio gruppo di bambini nati pretermine con risultati scientifici, pubblicati su riviste internazionali ad alto impatto, che ne hanno dimostrato l’efficacia nella promozione dello sviluppo psicomotorio.
Tele-UpCat, per la riabilitazione a domicilio dell’arto superiore in bambini con paralisi cerebrale. In Italia ogni anno circa 400 nuovi bambini sviluppano una paralisi cerebrale a tipo emiplegia, con importante compromissione della funzionalità dell’arto superiore che determina difficoltà nell’ambito delle abilità di vita quotidiana - spiega Giuseppina Sgandurra, ricercatore presso l’Università di Pisa e l’Irccs Fondazione Stella Maris - Per la riabilitazione in questo ambito, le famiglie e il Sistema Sanitario Nazionale dedicano notevoli sforzi con elevato impegno economico. E’ inoltre necessario sviluppare e sperimentare nuove e più efficaci strategie di intervento, rispetto a quelle finora disponibili. In tale contesto, tecnologie a domicilio possono rappresentare un'opzione per ridurre il costo dei servizi ed ottenere miglioramenti funzionali. La recente scoperta del sistema dei neuroni specchio ha favorito lo sviluppo dell’Action-Observation Training (AOT), basato sull'osservazione di azioni significative seguita dalla loro esecuzione. L'AOT è stato utilizzato con risultati promettenti in alcuni studi pilota principalmente condotti su pazienti adulti colpiti da ictus”. Recenti studi clinici condotti dalla ricercatrice presso la Stella Maris hanno dimostrato l’efficacia dell’AOT anche nei bambini. Da questo studio è stato avviato un nuovo progetto, denominato Tele-UPCAT, finanziato dal Ministero della Salute sempre con responsabile scientifico Sgandurra. “Fino ad oggi, senza la tecnologia, potevano essere riabilitati con questo nuovo metodo solo i bambini e le famiglie che vivevano in aree vicine ad un centro clinico specilistico - spiega la ricercatrice -. Inoltre, il trattamento intensivo, spesso consigliato in riabilitazione, non può essere applicato per ragioni pratiche ed economiche. L’utilizzo di tecnologie dedicate che permettono di mostrare a casa video con azioni manuali da imitare in modo sequenziale e adattato al bambino, videoregistrarne contemporaneamente le attività e misurare i movimenti degli arti superiori, sviluppate nell’ambito del progetto Tele-UPCAT, permette di effettuare il trattamento direttamente a domicilio, anche a centinaia di Km dal centro specialistico. Per la misurazione dei movimenti una buona soluzione tecnologica è stato l’uso di attigrafi, cioè accelerometri spaziali che permettono di misurare l'attività motoria (condizione di movimento vs riduzione di movimento) anche per tempi protratti, basandosi su dati accelerometrici. Il progetto è in piena fase di sperimentazione e prevede l’arruolamento di un ampio campione sul territorio nazionale di bambini con emiplegia”.
Autismo e robot umanoidi. Studi recenti svolti in molti paesi indicano che l’utilizzo di robot umanoidi può essere efficace anche nel trattamento dell’autismo. Sfruttando l’empatia che si instaura tra i piccoli e i robot è possibile abituare i bambini autistici a interagire meglio con il mondo esterno. Un esempio di questo approccio è il progetto del Robot FACE, sviluppato dal Centro Piaggio dell’Università di Pisa, in collaborazione con la Fondazione Stella Maris. Il piccolo robot NAO è stato impiegato dal gruppo di ricerca del Prof. Filippo Muratori, professore associato di Neuropsichiatria Infantile, Università di Pisa e Direttore del laboratorio di Bioingegneria dell’Interazione Sociale della Stella Maris, nell’ambito del progetto di ricerca “Michelangelo”, finanziato dalla Commissione Europea. Il progetto, attraverso l’utilizzo delle più avanzate soluzioni della Tecnologia dell’Informazione e della Comunicazione si è proposto di esplorare nuove strategie nel campo della diagnosi e dell’intervento e riabilitazione dei bambini con disturbi dello spettro autistico. Le tecnologie utilizzate nell’ambito di “Michelangelo” includono i sensori indossabili per il monitoraggio dei parametri fisiologici, i “serious games”, giochi intelligenti che permettono lo sviluppo di particolari competenze socio-comunicative, l’elettroencefalografia ad elevata densità e il robot “Nao”. In particolare, Nao (Aldebaran Robotics), è un piccolo robot umanoide che comunica attraverso semplici movimenti corporei e linguaggio verbale. Nel progetto Michelangelo, Nao è stato utilizzato insieme al sensore Kinect in modo da catturare il movimento del bambino durante l’interazione con il robot. Sono stati condotti test d’interazione del bambino con il robot durante protocolli di imitazione e di attenzione condivisa mentre il bambino indossava sensori indossabili per il monitoraggio di parametri fisiologici. Il metodo proposto da Michelangelo si è prefissato di aumentare l’efficacia del trattamento terapeutico grazie anche alla sua “intensità”, alla sua “personalizzazione” e all’adattamento continuo alle caratteristiche peculiari di ciascun bambino e all’evoluzione della sua patologia.
Tecnologie di Eye-tracking per cogliere o segni precoci dell'autismo. La diagnosi precoce di autismo è una delle maggiori sfide per i clinici, in quanto un’identificazione precoce del disturbo, unita ad un tempestivo trattamento riabilitativo, consente un significativo miglioramento della sintomatologia di questi bambini. L’eye-tracking è uno strumento non invasivo per registrare la direzione dello sguardo del bambino. La tecnologia dell’eye-tracking è sempre più utilizzata nell’autismo, in particolare nei bambini molto piccoli per mettere in evidenza segnali precoci del disturbo. Uno degli indicatori comportamentali precoci dell’autismo è infatti il deficit nello sviluppo dell´attenzione condivisa, cioè della capacità di condividere l’attenzione con altre persone in modo coordinato. Il gruppo di ricerca del Prof. Muratori ha sviluppato il primo protocollo di eye-tracking per lo studio delle due componenti dell’attenzione condivisa, ovvero la risposta e l’iniziativa, nei bambini con autismo. Il protocollo è stato applicato in bambini con autismo di 18 mesi che sono stati confrontati con bambini a sviluppo tipico. I risultati dello studio sono stati pubblicati su una prestigiosa rivista del gruppo Nature. Attualmente è in fase di sperimentazione un ulteriore protocollo di ricerca basato sull’eye-tracking nei fratellini di bambini con autismo a 12 mesi per lo studio del disangagement, ovvero la capacità di “sganciare” lo sguardo da uno stimolo centrale per rivolgerlo ad uno stimolo periferico. Questo studio permetterà di evidenziare dei biomarcatori precoci di rischio di autismo legati all’orientamento visivo già a partire dal primo anno di vita.