12 gennaio 2017 ore: 18:25
Welfare

Allarme di operatori e familiari degli utenti dei centri diurni: "Sono numeri e non persone"

Il neonato comitato che riunisce gli operatori e le famiglie delle persone disabili che frequentano le strutture hanno scritto una lettera alle istituzioni. “Utenti sempre meno considerati nella loro dimensione umana e sempre più inseriti in un percorso di gestione burocratica dei bisogni”

BOLOGNA - Risorse in calo, pochi operatori, tutela della salute a rischio e il “lato umano” accantonato per privilegiare aspetti burocratici, assistenziali e sanitari. In poche parole, è peggiorata la qualità della vita nei centri diurni e nelle residenze per disabili a Bologna. Una “sensibilità diffusa”, assicura il neonato comitato che riunisce gli operatori e i familiari degli utenti delle strutture, che hanno scritto una lettera al governatore Stefano Bonaccini, al sindaco Virginio Merola e agli assessori regionali e comunali di riferimento, Elisabetta Gualmini, Sergio Venturi e Luca Rizzo Nervo, oltre al direttore dell’Ausl di Bologna, Chiara Gibertoni. Il problema nasce dalla normativa regionale sull’accreditamento in ambito socio-sanitario. I disabili utenti dei centri diurni e delle strutture residenziali, scrive il comitato nella lettera, “sono sempre meno considerati nella loro dimensione umana e sempre più inseriti in un percorso di gestione burocratica dei bisogni e delle esigenze”. Le cause sono “le risorse calanti” e un “irrigidimento normativo che non permettono di vivere una vita dignitosa” agli utenti. Il campanello d’allarme è scattato lo scorso ottobre, con lo sciopero degli operatori di “Casa Rodari” che protestavano per il “peggioramento del rapporto numerico tra operatori e utenti” e per le difficoltà create dall’Ausl, “indisponibile a riconoscere ore aggiuntive per il mantenimento dei livelli di qualità della struttura”.

Il comitato ha verificato che questa “condizione di sofferenza e irrigidimento dei servizi” è comune a molte strutture, appunto per effetto della normativa regionale sull’accreditamento, che “comporta una definizione rigida e fuori da ogni valutazione sul campo delle risorse da destinare all’utenza delle strutture per disabili”. Questo produce un “pericoloso peggioramento dei rapporti numerici operatore-utente, che ha conseguenze sulla sicurezza e la tutela della salute in queste strutture, sia degli utenti che degli operatori”. Inoltre, la strutturazione per legge della vita quotidiana nelle strutture, soprattutto quelle residenziali, ha “comportato una drastica riduzione di tutte le attività rivolte all’integrazione e all’aspetto ricreativo”. Il comitato parla dunque di un “peggioramento della qualità della vita che attiene alla dimensione ludico-ricreativa e dell’integrazione, a totale sbilanciamento di una sanitarizzazione e assistenzializzazione delle strutture nelle quali i disabili passano il loro tempo di vita”. Familiari e operatori esprimono quindi “forte disagio” e “indignazione per una situazione di cui non avremmo mai voluto essere testimoni”. Per questo il comitato vuole “chiarimenti urgenti” e chiede un incontro a Regione e Comune, “a tutela della dignità, della qualità della vita e della sicurezza di utenti e operatori”, per “difendere un modello di integrazione e riabilitazione che negli anni ha garantito la qualità della vita” nelle strutture residenziali e centri diurni per disabili. (Dire)

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