24 settembre 2024 ore: 13:26
Salute

Morire di Alzheimer, due donne uccise da familiari. “Serve aiuto”

All'indomani della Giornata mondiale dell'Alzheimer, una donna è stata uccisa dal nipote e un altra dal figlio. Possenti (Federazione Alzheimer): “Le demenze creano grande fatica e solitudine: ci chiamano caregiver allo stremo. Noi siamo qui per loro, ma servono leggi e supporti concreti”
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ROMA – Domenica 22 settembre, si erano appena spenti i riflettori della Giornata mondiale dell'Alzheimer, quando per un momento almeno si sono dovuti riaccendere: in quello stesso giorno, due donne con demenza sono state uccise, la prima a Chiavari dal nipote, la seconda a Modena dal figlio. “Ripeteva sempre le stesse cose”, ha affermato quest'ultimo, confessando il proprio gesto. Il primo, invece, era un giovane 20 enne, definito “strano”, o “instabile”, che viveva da solo con la nonna, alle prese con la sua depressione e i primi segni di demenza.

“È un chiaro segnale che le famiglie sono lasciate troppo sole – afferma Mario Possenti, segretario generale di Federazione Alzheimer, interpellato da Redattore Sociale - Dopo la diagnosi, occorre un supporto a tutta la famiglia, non solo alla persona con demenza, perché questa condizione investe tutta la famiglia di un peso pratico, economico, organizzativo, psicologico. Oggi i più fortunati entrano in contatto con associazioni come la nostra, che possono offrire supporto e condivisione. Anche le istituzioni devono però fare la propria parte, colmando quel vuoto che oggi c'è dopo la diagnosi”.

Cosa manca, in particolare?
Innanzitutto, un progetto di vita, che preveda supporto a casa e supporto psicologico. Alla nostra help line Pronto Alzheimer arrivano chiamate disperate di persone allo stremo: da una parte non comprendono cosa sia la malattia e cosa comporterà, dall'altro non ricevono gli strumenti per conoscerla accettarla e affrontarla. Da parte nostra, noi ogni anno svolgiamo webinar e corsi online per spiegare alle famiglie le principali problematiche e aiutarle a gestirle. Ma laddove fragilità si somma a fragilità, come spesso accade, si innescano meccanismi difficili da affrontare”.

Quale lezione dobbiamo trarre da queste due vicende?

Innanzitutto, che la demenza è una condizione famigliare, per cui è tutta la famiglia che deve essere presa in carico. È importante anche che si approvi al più presto una legge nazionale sul caregiver familiare, che dia tutele, strumenti e supporto a chi porta sulle spalle un grande peso economico e psicologico, che spesso lascia senza un orizzonte e una speranza. Ripeto, noi associazioni siamo qui per loro

Chi e come riesce a raggiungervi?
Per lo più famiglie con un livello sociale e culturale medio-alto, ma esistono anche isole felici in cui il medico di famiglia consegna un elenco di associazioni al momento della diagnosi. Servirebbe un orientamento rispetto a tutti i servizi presenti sul territorio.

E chi sono, invece, le figure che maggiormente si fanno carico della persona con demenza?
In genere sono le donne – soprattutto mogli e figlie - che affrontano maggiormente il lavoro di cura. Quando sono i coniugi a farsene carico, allora si aggiungono le difficoltà dovute all'età del caregiver.

Quali sono i problemi maggiori che vi vengono segnalati?
Innanzitutto l'accettazione della malattia e i comportamenti complessi da gestire. Ma c'è anche lo stigma che aggrava i problemi della famiglia, la quale si autoesclude, taglia i ponti con l'ambiente sociale e quasi non esce più di casa. Questo velocizza il progredire della malattia.

Cosa comporta la presa in carico in casa di un familiare con demenza? Che costi ha, anche in termini economici?
Costi altissimi, sicuramente migliaia di euro. In più, non è facile trovare persone con una formazione adatta, assistenti che sappiano come comportarsi. I familiari ricorrono alla struttura quando non sono più in grado di sostenere carico emotivo e di cura, ma si tratta sempre di una extrema ratio. Tutti sceglierebbero di tenere il proprio caro a casa se ci fosse un'adeguata rete di supporto, la quale però attualmente è molto costosa.

Cosa proponete quindi, per alleggerire il carico delle famiglie e rendere possibile e sostenibili, economicamente ed emotivamente, la domiciliarità?
Sicuramente occorre un adeguamento dell'indennità di accompagnamento, che ora si basa su criteri inadatti alla demenza. Basti pensare che le commissioni valutano, per esempio, la capacità di deambulare, per misurare il livello di autosufficienza. Ma nella demenza i problemi sono altri. Con la nuova legge sulla non autosufficienza, dovrà esserci una rimodulazione degli ausili e dei supporti e dell'indennità di accompagnamento. L'obiettivo è che il supporto sia correlato all'effettivo bisogno e capace, quindi, di alleggerire la fatica e l'isolamento dei caregiver. Nel frattempo, lo ripeto ancora, noi siamo qui: chiunque abbia bisogno, non esiti a contattarci.

 

Per informazioni: info@alzhimer.it

Pronto Alzheimer: 02809767

 

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