Alzheimer, la vita ribelle del principe Ruffo di Calabria: diritti devoluti alla Federazione
ROMA – “Questa biografia è il traguardo raggiunto dopo un lungo viaggio, un viaggio fatto di ascolto, cura, profonda empatia. Un lavoro lungo, difficile e paziente di ricostruzione della matassa ingarbugliata dei suoi ricordi”. A parlare è Giusy Colmo, giornalista responsabile comunicazione di Auser e autrice di “Il principe che spostava le colline” (Castelvecchi), la biografia del principe Antonello Ruffo di Calabria scomparso lo scorso 24 agosto all’età di 87 anni. “In questo libro sono riuscita a raccogliere tutto ciò che ricordava prima che la demenza gli spegnesse la voce e gli rubasse i ricordi – continua Colmo – Desidero che questa esperienza di scrittura e di accompagnamento nella malattia diventino testimonianza e contribuiscano a tenere viva l’attenzione su una malattia devastante che non ha confini sociali, economici, geografici”. In occasione del convegno internazionale “Dall’assistenza all’inclusione: come superare lo stigma della demenza” organizzato in occasione della Giornata mondiale dell’Alzheimer a Milano, Giusy Colmo ha annunciato di voler devolvere i diritti d’autore del libro alla Federazione Alzheimer Italia, la maggiore organizzazione nazionale non profit dedicata alla promozione della ricerca medica e scientifica su cause, cura e assistenza per la malattia di Alzheimer, al sostegno dei malati e dei loro familiari.
Figlio di uno dei più antichi casati italiani e fratello maggiore di Paola di Liegi, regina del Belgio, Antonello Ruffo di Calabria era un uomo geniale e dalle idee vulcaniche, amico di artisti e scrittori come Leonardo Sciascia, Ennio Flaiano, Federico Fellini e altri. Fu tra i primi a recarsi a Cuba dopo la rivoluzione. È stato anche un appassionato ambientalista (nel libro la prefazione è scritta da Fulco Pratesi, fondatore di Wwf Italia): si deve ad Antonello Ruffo la nascita del primo parco ornitologico in Italia, il Parco Uccelli creato nel 1974 dal nulla nella tenuta di famiglia, la Selva di Paliano, in provincia di Frosinone. All’interno della tenuta aveva fatto costruire anche una ferrovia privata, usata per girare la scena finale del film “Non ci resta che piangere”. (lp)