Anagrafe dei senza dimora, il comune di Roma assorbe il servizio. "Diritti a rischio"
ROMA - La delibera della giunta capitolina n.31 del 3 marzo 2017 in materia di iscrizione anagrafica delle persone senza fissa dimora continua a far discutere e a raccogliere critiche. Dopo le preoccupazioni avanzate da Caritas di Roma, Comunità di Sant’Egidio, Esercito della Salvezza, Focus-Casa dei diritti sociali e Centro Astalli, sono gli assistenti sociali a puntare il dito contro la decisione del Comune di Roma.
“La recente revisione della delibera sulla residenza fittizia risulta non applicabile in molte sue parti - spiega Giovanna Sammarco, presidente dell’Ordine del Lazio degli Assistenti sociali -, impone agli assistenti sociali di Roma Capitale di svolgere funzioni ed atti del tutto impropri rispetto ai compiti previsti per questa figura professionale e, soprattutto, costringe a sguarnire aree di intervento che invece sono tipiche dei servizi sociali aggravando situazioni che sono già al limite del collasso”.
La delibera, infatti, va a cambiare quello che è il servizio di iscrizione anagrafica nella città di Roma per i senza dimora. Da vent’anni, tale servizio è stato svolto in maniera gratuita dalle cinque organizzazioni citate, in collaborazione con l’amministrazione comunale. Con la delibera, però, il servizio diventa di esclusiva competenza del Comune di Roma. Per gli assistenti sociali del Lazio, su un tema così delicato “non sono consentiti errori o leggerezze”. E di nodi da sciogliere ce ne sono. Secondo Sammarco, “è del tutto inaccettabile che i nuovi richiedenti l’iscrizione anagrafica formale siano obbligati a recarsi al Servizio Sociale che deve rilasciare loro una attestazione di prima analisi - strumento sconosciuto ai manuali di servizio sociale – come condizione di ricevibilità così come l’obbligo che ogni pratica debba essere completata nel tempo massimo di cinque giorni”. Preoccupa, inoltre, che la giunta non abbia “preso assolutamente in considerazione che affidando solo agli assistenti sociali il complesso delle procedure e la conseguente attività riguardante la residenza anagrafica dei cittadini senza fissa dimora, vengono ad essere completamente sguarnite tutte le altre attività proprie del servizio sociale con ripercussioni gravissime su altri cittadini fragili che si troveranno pertanto senza quel minimo di supporto di attività territoriale che Roma Capitale sembra in grado di garantire pur con grande difficoltà”.
Inoltre, per Sammarco è “discutibile non consentire più che le associazioni operanti nei diversi Municipi continuino a essere riferimento per la gestione degli indirizzi formali di residenza”.
E sono state proprio le cinque organizzazioni maggiormente impegnate su questo fronte nella capitale ad aver lanciato l’allarme sui rischi legati all’accessibilità e all’effettivo futuro esercizio del diritto di residenza. “Solo con l’iscrizione anagrafica si può richiedere un documento di identità - spiegano le cinque organizzazioni in un comunicato congiunto -, esercitare il diritto di voto, ottenere l’assistenza sanitaria e tutte le misure sociali collegate alla residenza, come anche la possibilità di chiedere la cittadinanza, il riconoscimento di invalidità, riscuotere la pensione. Ciò avviene oggi per circa 20 mila persone a Roma, 18 mila delle quali non più 'invisibili' grazie al lavoro di prossimità delle associazioni e solo 2 mila per opera delle strutture comunali”.
Secondo le associazioni, la nuova procedura “rischia di non garantire tale servizio a tutti i cittadini in situazioni di fragilità sociale - si legge nel comunicato -, penalizzando quanti hanno meno possibilità di incontrare la pubblica amministrazione”. Affidare in modo esclusivo il servizio di iscrizione anagrafica delle persone senza fissa dimora ai Municipi, spiegano le associazioni, “rischia di creare problemi effettivi di esigibilità dei diritti di cui i tempi di attesa molto lunghi sarebbero solo il primo di una serie di ostacoli senza assicurare al meglio i diritti della persona senza dimora: basti pensare alla mediazione culturale per gli stranieri; al servizio di casella postale per la corrispondenza fiscale e amministrativa; all’assistenza nella compilazione della modulistica”.
Per le associazioni, inoltre, occorre assicurare modalità idonee per gli stranieri “per consentire ai lavoratori domestici di ottenere la residenza anagrafica anche nei numerosi casi nei quali i datori di lavoro non consentono l’iscrizione pur vivendo il lavoratore presso di loro - aggiungono le associazioni -; assicurare l’iscrizione anagrafica anche dei rifugiati e degli altri titolari di protezione internazionale o di permesso di soggiorno per motivi umanitari i quali, terminato il periodo legale di accoglienza nei centri predisposti per i richiedenti asilo, si trovino senza alloggio, od in un alloggio irregolare o abusivo, ma siano in effetti presenti sul territorio comunale”. Per quanto riguarda i nuclei familiari che vivono in situazioni di indigenza, inoltre, “occorre garantire il diritto all’iscrizione anagrafica delle persone che vivono in sub-affitto o in occupazione abusiva mediante l’iscrizione nella qualità di “senza tetto-senza fissa dimora”. Vanno riconosciute inoltre le nuove figure di “senza tetto” e “senza fissa dimora” connesse, in particolare, all’allontanamento dalla famiglia (separazioni e divorzi) e quindi alla perdita dell’uso della casa familiare”. Infine, i casi “particolari” di chi chiede il riconoscimento della cittadinanza italiana “iure sanguinis - concludono le associazioni - perché discendenti di cittadini italiani, per i quali l’iscrizione anagrafica è un passaggio necessario del procedimento ma che si trovano spesso a Roma come ospiti presso amici o parenti, o come clienti di piccoli alberghi, pensioni o altri tipo di ospitalità”.