21 dicembre 2015 ore: 11:16
Welfare

Anziani, centri per non autosufficienti: esistono da 35 anni, ma ancora in ritardo

Primo bilancio nazionale sul loro ruolo nell’assistenza nel V Rapporto non autosufficienza. In Italia sono 941, di cui solo 141 per demenze, e costano 253 milioni, ma i posti disponibili sono la metà di quelli chiesti dalla Com-missione nazionale Lea. Pesaresi. “Mancano punti di riferimento. Siamo nell’anarchia organizzativa”
Non autosufficienza - servizi

ROMA - Esistono dagli anni 80, costano meno dell’assistenza residenziale, funzionano, ma ad oggi sono ancora in forte ritardo per quanto riguarda la diffusione e la disponibilità di posti, mentre standard assistenziali e costi parlano di un panorama fin troppo variegato. Sono i centri diurni per anziani non autosufficienti, una realtà a cui il quinto Rapporto sull’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia messo a punto dal Network non autosufficienza ha dedicato un capitolo ad hoc curato da Franco Pesaresi, direttore dell’Azienda Servizi alla Persona “Ambito 9” di Jesi e tra gli autori del rapporto. Sebbene questi centri esistano da 35 anni, ad oggi è la prima volta che uno studio cerca di fare un quadro nazionale esaustivo. Eppure si tratta di strutture sociosanitarie nate per contrastare il ricovero in strutture residenziali, mantenere condizioni di autonomia, rallentare il decadimento fisico e psichico degli anziani e promuovere il sostegno alla famiglia nella gestione dell’assistito. Ad oggi sono tre le tipologia di centri individuate dal quadro normativo: quelli per anziani non autosufficienti e quelli per anziani affetti da demenza che devono essere garantite su tutto il territorio, infine i centri di protezione sociale per anziani bisognosi di socializzazione e soste­gno su cui decidono i singoli territori. Tuttavia, il quadro che emerge dallo studio parla di forti differenze non solo tra le regioni, ma anche al loro interno e la mancanza di modelli di riferimento.

Una rete di servizi ancora troppo modesta. Difficile fare un quadro esaustivo dell’esistente. Secondo Pesaresi, infatti, i dati sui centri diurni per anziani sono “scarsi ed incompleti”. Tuttavia, da quelli raccolti relativi a diverse annualità, si evidenzia la presenza su tutto il territorio nazionale di 941 centri diurni per anziani che gestiscono 19.421 posti e che accolgono annualmente quasi 25 mila anziani. Un dato che anno per anno, però, cresce di circa 50 centri all’anno, spiega l’autore. Stando ai numero, quindi, si tratta di una media nazionale di 1,47 posti su mille anziani. “Un risultato che è il 50 per cento più basso degli obiettivi proposti dal documento della Com­missione nazionale Lea dal titolo “Prestazioni residenziali e semiresidenziali”, spiega Pesaresi. Complessivamente, infatti, i posti previsti dalla Commissione nazionale nel 2007 aveva proposto l’obiettivo di 1,50 posti ogni 1.000 anziani nei centri diurni per anziani non autosuf­ficienti ed altrettanti nei centri diurni demenze, per un totale di 3 posti per mille anziani. Rispetto al totale dei centri, inoltre, sono pochi quelli interamente dedicati ai malati di Alzhei­mer o con demenza: sono 141 centri diurni su 941, circa 2.500 posti, pari al 12,9 per cento del totale. “Un dato assai modesto – spiega Pesaresi -, pari a 0,19 posti per mille anziani, se si pensa alle straordinarie necessità assistenziali richieste dall’elevatissimo numero di anziani affetti da demenza o Alzheimer”. Ed è questo il dato più rilevante che emerge dallo studio, secondo l’autore. “La dimensione dei centri diurni per anziani non autosufficienti e ancora di più per anziani con Alzheimer e demenza è davvero modestissimo, quasi irrilevante – spiega -. L’esempio è quello dei centri diurni specificatamente destinati all’Alzheimer su una popolazione che dichiara di avere centinaia di migliaia di malati di Alzheimer. Siamo di fronte ad una rete di servizi davvero molto modesta”.

I costi variano da regione a regione. Ad oggi, gli attuali centri esistenti, spiega il rapporto, costano circa 253 milioni di euro, di cui 125 di spesa sanitaria e altri 128 di spesa sostenuta da utenti e comuni. “Con qualche incertezza e grande approssimazione – spiega Pesaresi -, si può pertanto ipotizzare una spesa comunale per i centri diurni per non autosufficienti e per Alzheimer inferiore a 53,8 milioni di euro e, conseguentemente, una spesa dell’utenza superiore a 74,3 milioni euro. Questo comunque comporta che gli utenti paghino mediamente una quota giornaliera di almeno 15 euro nei centri diurni per anziani non autosufficienti e di almeno 18 euro nei centri diurni per demenze o Alzheimer”. Il gap tra i centri diurni per non autosufficienti e quelli rivolti in modo particolare alle demenze e all’Alzheimer, però, è ampio anche dal punto di vista dei costi: se per i primi si spendono circa 213 milioni, per gli altri poco meno di 40 milioni.  Il fronte delle tariffe regionali, però, è molto frastagliato e varia molto da regione a regione: quella media dei centri diurni per anziani non autosufficienti è di 49,12 euro al giorno, ma la tariffa più bassa si registra in Liguria con 33,90 euro al giorno, mentre la più elevata è quasi il doppio di questa ed è stata stabilita in 64,93 euro al giorno dalla Campania. La tariffa media dei centri diurni per demenze o Alzheimer è invece di 61,53 euro al giorno, il 25 per cento in più rispetto al centro diurno per anziani non autosufficienti, ma circa la metà di quella media giornaliera delle Rsa per Alzheimer. Anche in questo caso le differenze fra le regioni sono grandi: la tariffa più bassa si registra nella Regione Liguria con 45,19 euro al giorno e la più alta in Valle d’Aosta con 77 euro al giorno. C’è poi da tener conto anche del trasporto al centro diurno che in quasi metà delle regioni deve essere sostenuto con una spesa aggiuntiva dall’utente o dal comune.

L’anarchia organizzativa. Al variare di rette e tariffe, variano anche gli standard di assistenza che secondo Pesaresi sono “straordinariamente diversi fra una regione e l’altra”. Secondo lo studio, la media di assistenza globale delle regioni italiane è di 81 minuti al giorno di assistenza per ospite, ma si va dai 40 minuti giornalieri in Abruzzo per ospite di assistenza globale alla Toscana con la struttura semiresidenziale di alta intensità che garantisce 145 minuti di assistenza globale. Uno standard più elevato di 3,5 volte di quello più basso. “Queste strutture sono in tutto, dagli standard di assistenza ai costi, a come è organizzato il centro, diversissime da una regione all’altra, ma anche da una città all’altra di una stessa regione – spiega Pesaresi -. Questo ci segnala che per questi servizi ancora non su è affermato un modello assistenziale. Non ci sono punti di riferimento e questo è il guaio. Gli operatori non hanno sviluppato ad oggi una cultura. Siamo nell’anarchia organizzativa. Ci sono distanze enormi e non giustificate. Mancano modelli di riferimento e vuol dire che attorno a questo servizio, gli operatori e ricercatori non hanno mai dedicato la necessaria attenzione e le regioni ognuna ha deliberato a suo modo”.

Provata efficacia, ma tra i servizi meno sviluppati. Per Pesaresi, il quadro dimostra come si tratti del servizio “meno sviluppato e diffuso” tra quelli dedicati alla non autosufficienza, ma con “provata efficacia, che riscuote un elevato grado di soddisfazione da parte delle famiglie e che ha costi assai inferiori rispetto alle diverse forme di assistenza residenziale”. Per questo, conclude l’autore, occorre rilanciarli. “Penso che il lavoro grosso da fare per il futuro è innanzitutto lavorare su modelli organizzativi e far circolare quegli studi scientifici rigorosi pubblicati da riviste qualificate (ce ne sono stati all’estero) che hanno dimostrato l’utilità dal punto di vista clinico, oltre che familiare, dei centri diurni. L’anziano non autosufficiente mantiene le sue abilità residue, evita che la disabilità proceda, evita il ricovero in strutture residenziali. Il lavoro più importante è dimostrare l’importanza di questo servizio e affermare modelli a cui gli enti possono fare riferimento. Se riusciamo a fare questo gli enti possono svilupparsi”. (ga)

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