1 marzo 2014 ore: 12:39
Salute

Anziani e gioco d’azzardo, quasi uno su tre a rischio dipendenza

I dati della ricerca di Gruppo Abele, Auser e Libera che sarà presentata lunedì. Preferiti il Lotto e i Gratta e vinci. I giocatori patologici arrivano a spendere anche migliaia di euro a volta
Gioco d'azzardo, tre uomini di spalle giocano alle slot

TORINO – Quasi un over65 su tre è a rischio o ha già sviluppato una dipendenza patologica verso l’azzardo. È il dato più significativo dell’indagine “Anziani e Azzardo”, che sarà presentata lunedì a Torino. La ricerca - condotta da Gruppo Abele e Auser con Libera su un campione di 864 anziani di 15 regioni - evidenzia una grande diffusione del fenomeno: il 70,7 per cento del campione ha giocato almeno una volta in un anno, da metà 2012 a metà 2013.

BOX In Italia i giocatori a basso rischio di dipendenza sfiorano i due milioni e quelli che si avviano verso una vera e propria patologia sono stimati in oltre 800 mila. Molti sono anziani, eppure mancano dati ufficiali sulla diffusione del problema tra questa fascia d’età. L’indagine si propone di colmare questo vuoto. Dai dati raccolti emerge che il 14,4 per cento del campione è “a rischio”, mentre per il 16,4 per cento il gioco sembra già un problema di gravità medio/elevata, che richiederebbe un intervento specialistico. Tra i patologici, si arriva a puntate massime di migliaia di euro per singola giocata, con picchi di 1.500 per bingo e scommesse, seimila per giochi di carte a soldi, settemila per le slot, fino a ventimila nel caso del Lotto e Superenalotto. Un altro 56,6 per cento è risultato invece “non problematico”: “Si tratta di persone che giocano d’azzardo, ma con abitudini che al momento non comportano problemi economici, relazionali, legali o di salute” si spiega nel report.

I giocatori preferiscono il Lotto e Superenalotto (30 per cento circa) oppure Gratta e vinci e lotterie istantanee (26,6 per cento). Meno diffusi il Totocalcio e totip (15 per cento), i giochi di carte a soldi (10,2 per cento) e le slot (3,8 per cento). Si gioca perlopiù nelle ricevitorie e nelle tabaccherie (44,9 per cento), ma anche al bar (24 per cento), a casa (8 per cento) e nei centri commerciali (6,4 per cento). L’obiettivo è la vincita di denaro (45,3 per cento): sono pochi quelli che lo fanno per solo divertimento (19,7 per cento) o per incontrare altre persone (8,8 per cento). Sommando tutte le giocate dell’intero campione si arriva a quota 589 mila euro spesi nel corso di un anno.

Oltre la metà delle persone che hanno partecipato alla ricerca sono uomini (51,6 per cento), perlopiù con licenza media (31,2 per cento) o diploma di maturità (26,4 per cento). Si tratta nella quasi totalità di pensionati (801) e in oltre il 70 per cento dei casi erano lavoratori dipendenti. Circa la metà vive con il coniuge ma senza figli, un quarto vive da solo e il resto con moglie e figli. Lo stipendio o la pensione medi vanno perlopiù tra i 1.001 e 1.500 euro al mese (40 per cento) e nel 16 per cento tra 1.501 e 1.800 euro. Solo per l’8,2 per cento raggiunge i duemila euro mensili. Il 23 per cento possiede tra 501 e mille euro e il 5,8 per cento ha meno di 500 euro al mese.

“Vogliamo far crescere tra le persone anziane la consapevolezza di quanto possa essere facile cadere nei rischi del gioco d’azzardo patologico che ha ricadute umane e sociali pesantissime” fa sapere Enzo Costa, presidente nazionale Auser, che fa parte della campagna “Mettiamoci in gioco”. Leopoldo Grosso vicepresidente del Gruppo Abele, aggiunge: “La ricerca, purtroppo, mette in risalto la capillarità che ha raggiunto oggi il gioco d’azzardo in Italia e ne conferma l’allargamento verso le aree tradizionalmente più indifese, costituite soprattutto da minori, anziani e donne”. E conclude: “I dati sembrerebbero far emergere stime superiori a quelle generalmente diffuse sulla valutazione del gioco a rischio, sia per frequenza sia per volume di giocate. Ne deriva l’importanza del coinvolgimento delle organizzazioni che aggregano la popolazione interessata, perché possono avere un fondamentale ruolo di informazione oltre che rappresentare un fattore protettivo per queste categorie”. (gig)

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