14 gennaio 2014 ore: 13:30
Famiglia

Anziani non autosufficienti: "i servizi di assistenza sono a un punto di rottura"

Il Rapporto Irccs-Incra 2012-2013 mette in luce gli effetti della crisi sul settore, che interessa circa 5 milioni di persone tra utenti, familiari e operatori: ''L’assistenza è sempre più sulle spalle delle famiglie''. L'anomalia del centro Italia: scarsa copertura, costi altissimi
Anziani, assistenza, tenere le mani

ROMA – Molta retorica, molti interessi in movimento ma ancora troppo pochi fatti, mentre un intero settore, quello dell’organizzazione dei servizi per gli anziani è ormai arrivato a “un punto di rottura”. E’ un bilancio in negativo quello fornito dal quarto rapporto sull’Assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia, promosso dal Network nazionale per l’invecchiamento (Nna) e realizzato da Irccs-Incra e edito da Maggioli. Nell’indagine, che mette in luce in particolare gli effetti della crisi sul settore, si evidenzia come negli ultimi anni (2012-2013) i servizi per le fragilità abbiano subito una battuta d’arresto andando a pesare sempre più sulle spalle delle famiglie.

“Seppure i paventati tagli siano stati scongiurati, non si intravede ancora la possibilità di una riforma globale e intersettoriale in grado di ammodernare l’attuale sistema di sostegno della non autosufficienza in Italia – si legge nel rapporto -. Il nostro Paese resta l’unico tra le grandi nazioni europee a non aver realizzato una riforma complessiva dell’impianto della Long-term Care (cura delle lungodegenze), continuando in larga misura a basarsi sull’assistenza informale da parte delle famiglie. Famiglie sempre meno numerose e con meno componenti, messe a durissima prova dalla crescente disoccupazione e dalle incerte prospettive di sviluppo del Paese”. Secondo i ricercatori il sistema dell’assistenza continuativa in Italia interessa quasi 5 milioni di persone, se si considerano le persone non autosufficienti, i loro familiari, i professionisti dei servizi sanitari e sociali e gli assistenti familiari privati. Questi ultimi, in particolare, rappresentano il vero “pilastro dell’assistenza continuativa” grazie al contributo che, nonostante la crisi ancora in atto, le pensioni e i risparmi accumulati negli anni dalle famiglie riescono a garantire.

Sul fronte delle risorse, per gli autori del rapporto, il tema della non autosufficienza resta in Italia un vero e proprio “congegno da disinnescare”. “Paradossalmente –sottolineano - importanti interventi nel settore potrebbero anche essere realizzati a costi abbastanza contenuti, se comparati ad altri interventi oggi realizzati dallo Stato. Basta considerare come il Fondo per la Non Autosufficienza, risorsa importantissima per le regioni, abbia in passato avuto dotazioni di entità modeste (tra i 100 e i 400 milioni di euro stanziati annualmente); la spesa complessiva per indennità di accompagnamento per anziani non autosufficienti, la cui crescita nel 2011 si è arrestata per la prima volta negli ultimi otto anni, è pari a circa 9,6 miliardi e copre circa 1 milione e mezzo di anziani. A fronte di simili impegni di risorse, i soli interessi sul debito pubblico si sono attestati quest’anno a 84,4 miliardi di euro, di cui si stima 20 siano la cifra incrementale dovuta alle tensioni internazionali e al differenziale con il Bund tedesco. Tali paragoni stupiscono – aggiungono - se si considera che solo parte di queste risorse potrebbe migliorare in maniera sostanziale la qualità di vita di più di 1 milione e mezzo di persone non autosufficienti e di tutte le loro famiglie (secondo le stime una famiglia italiana su 10)”. Gli autori mettono in risalto, inoltre, che l’erogazione di servizi fondamentali consentirebbe un’importante crescita dell’occupazione nel settore “senza considerare l’ammontare di finanziamenti che (spesi dallo Stato e dalle regioni) tornerebbero in realtà ad essi sotto forma di imposte quali le addizionali Irpef, l’Iva e l’Irap.

Il rapporto mette in luce anche come la diffusione dei servizi per gli anziani sia sempre più a macchia di leopardo. In particolare per quanto riguarda il servizio di assistenza domiciliare, le regioni del centro Italia rappresentano un’anomalia nel panorama nazionale: in quest’area si registra generalmente un tasso di copertura molto inferiore alla media italiana (dallo 0,3 per cento dell’Umbria all’1 per cento del Lazio), ma una spesa per utente particolarmente elevata (dai 2.300 ai 3.000 euro circa). Inoltre, i dati sull’erogazione del servizio rafforzano l’idea di un gap “Nord-Sud” che va ampliandosi. La percentuale di comuni coperti dall’assistenza domiciliare, infatti, registra ancora significative differenze tra un settentrione quasi completamente coperto (oltre il 93 per cento dei comuni) e le regioni del centro e del meridione significativamente indietro nell’erogazione del servizio (rispettivamente solo l’84 e il 78 per cento dei comuni).

Rispetto ai possibili scenari per evitare che la crisi economica porti a una crisi sociale, in buona parte figlia delle difficoltà dei sistemi sanitari e assistenziali, si sottolinea infine la necessità di ricercare nuove modalità per offrire servizi, basandosi sull’innovazione che si accompagna all’Ict (tecnologia della comunicazione e dell’informazione) e alle nuove conquiste della scienza medica e dell’organizzazione. “Oggi i servizi alle persone fragili sono organizzati in Italia con le stesse caratteristiche di molti decenni orsono –sottolineano - una pseudorete, fatta della giustapposizione di prestazioni scarsamente collegate. Sono mancati in questi anni i finanziamenti per l’innovazione, ma soprattutto non vi è stato alcuno stimolo strategico in questo senso. Si pensi, a quanto lavoro di studio e ricerca è ancora necessario per ottimizzare i risultati nell’area dei servizi post-acuzie, perché possano realmente permettere il ritorno a casa di molti anziani”. (ec)

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