21 agosto 2014 ore: 13:56
Non profit

Armi in Iraq, il “silenzio” dei pacifisti? “Non è vero, abbiamo ottenuto il voto”

Francesco Vignarca, coordinatore della Rete italiana per il disarmo, fa il punto sulle posizioni del movimento rispetto ai conflitti in corso e , in particolare, l’invio di armi in Iraq deliberato ieri: “Pacifismo non è idealismo, ma realismo. La mobilitazione c’è”
Bandiere per la pace stese a terra

ROMA – “Non è vero che il pacifismo sia in difficoltà, o non prenda posizione di fronte alla risoluzione relativa all’invio di armi in Iraq: le pressioni che abbiamo fatto sul Parlamento hanno fatto sì che la decisione fosse sottoposta al voto, come previsto dalla legge”: così Francesco Vignarca, coordinatore della Rete italiana per il disarmo, rilancia le posizioni dei movimenti pacifisti di fronte alla risoluzione di ieri. “Non ci sono manifestazioni, anche perché siamo ad agosto. Ma l’advocacy non si fa solo con le manifestazioni – afferma – Stiamo analizzando la questione e preparando una nota di commento al voto: quando si definiranno i termini dell’’invio di armi, sicuramente ci mobiliteremo. Intanto abbiamo ottenuto che la decisione di ieri, seppur politicamente grave, fosse almeno formalmente corretta. Ed è già un buon risultato”. 

Politicamente grave, però…
Sì, perché “la risposta che consiste nell’invio di armi è preconfezionata, dà l’impressione che si sia fatto qualcosa: ma non si è fatta certamente la cosa giusta. C’è molta più concretezza nel mondo del pacifismo, che conosce profondamente queste realtà, di quanto non ce ne sia in questa risoluzione parlamentare: non rivendico l’idealità del pacifismo, insomma, ma il suo realismo”. 

Eppure, politicamente il pacifismo appare oggi una posizione molto isolata, relegata a Sel e Movimento 5 stelle e quasi “messa all’angolo” dopo le dichiarazioni di Di Battista…
Il mondo pacifista ha un’elaborazione molto più alta delle quattro cose dette da Di Battista, che ha banalizzato ciò che noi cerchiamo di analizzare in profondità. Posizioni come le sue rischiano solo di danneggiarci, perché poi si fa “di ogni erba un fascio”. Noi per anni abbiamo studiato la situazione in Iraq, denunciato che le persone subivano violenze e morivano. Ma tutti, Bush in testa, ci dicevano di stare tranquilli. Ora, paradossalmente, ci si accusa di non pensare a chi muore… E chi ci accusa, è è proprio chi fino a ieri ha chiuso gli occhi di fronte alla realtà che evidenziavamo. La nostra posizione l’abbiamo espressa chiaramente in un documento inviato alcuni giorni fa al governo: i conflitti e le crisi umanitarie non si risolvono inviando armi, ma sospendendo le forniture di sistemi militari a tutte le parti in conflitto. (cl)

© Riproduzione riservata Ricevi la Newsletter gratuita Home Page Scegli il tuo abbonamento Leggi le ultime news