9 luglio 2015 ore: 16:23
Economia

Armi made in Italy vendute in 123 paesi del mondo

La legge che vieta l’esportazione di armi in Paesi in conflitto non è rispettata. Secondo la rete Disarmo, l’Italia vende sistemi militari anche in Paesi come l’Arabia Saudita, la Libia e la Siria. Il presidente Vignarca: “Il nostro Paese è responsabile delle guerre in Medio Oriente e nel Mediterraneo”
Fabbrica di armi

ROMA - Dove vanno a finire le armi prodotte negli stabilimenti italiani? A questa domanda cerca di rispondere la Rete Italiana per il Disarmo che, in occasione dell’anniversario della legge 185/90 “Nuove norme sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”, fa il punto sull’export militare italiano. La normativa vieta l’esportazione di armi in Paesi in conflitto o che violano i diritti umani, ma di fatto pistole e fucili made in Italy arrivano nelle zone più turbolenti del pianeta. Dal 1990 i sistemi militari italiani sono stati venduti in 123 nazioni, tra cui Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Libia, Siria, Israele, India e Pakistan. L’Italia esporta anche in Paesi con un indice di sviluppo umano basso come il Ciad, l’Eritrea e la Nigeria.

Il valore economico delle vendita di armi si aggira intorno ai 54 miliardi di euro. Le autorizzazioni per le esportazioni nei Paesi dell’Ue superano i 19 miliardi, quelle in Medio Oriente e in Nord Africa si attestano intorno ai 12, 5 miliardi di euro, in Asia si arriva agli 8 miliardi e in Nord America 5 miliardi. Il Paese dove arrivano più armi sono gli Stati Uniti (4,5 miliardi di euro), segue la Gran Bretagna (4 miliardi). In aumento quelle verso l’Arabia Saudita (3,9 miliardi), attualmente in guerra con lo Yemen.

La Rete Disarmo ha chiesto di rendere trasparente i dati riguardanti l’export militare. Nel corso degli anni, infatti, come spiega il vicepresidente dell’istituto di Ricerche internazionali Archivio Disarmo, Maurizio Simoncelli, la verifica dei vari documenti è diventata sempre più difficile: “Le relazioni consegnate al Parlamento non permettono di conoscere le armi effettivamente esportate verso i Paesi acquirenti. Non è più possibile controllare le singole operazioni svolte dagli istituti di credito”. Una mancanza che ha favorito soprattutto i gruppi bancari esteri, come Bnp Paribas e Deutsche Bank, che non hanno politiche di responsabilità sociale riguardo ai finanziamenti all’industria militare. Per Giorgio Beretta, analista di Opal Brescia, “le relazioni fatte ai tempi del Governo Andreotti permettevano di sapere con esattezza le caratteristiche di una vendita di armi e l’appoggio dato dalle banche. Ora non è più così”.

La Rete Disarmo ha scritto al presidente del Consiglio Matteo Renzi e al ministro degli Esteri Gentiloni per chiedere maggiore attenzione e una inversione di tendenza rispetto all’export di armi. Come afferma il presidente Francesco Vignarca: “Non possiamo lamentarci che il Mediterraneo e il Medio Oriente siano una polveriera di conflitti quando siamo anche noi responsabili di molte delle forniture di armi, vera benzina che alimenta il fuoco delle guerre”.  

© Riproduzione riservata Ricevi la Newsletter gratuita Home Page Scegli il tuo abbonamento Leggi le ultime news