17 marzo 2017 ore: 15:01
Welfare

Assistenti sociali tra tagli e innovazione, così cambia la professione

L’analisi di Gianmario Gazzi, presidente del Consiglio nazionale in vista del 21 marzo, Giornata mondiale del servizio sociale. Tanti gli appuntamenti in tutta Italia, da Trento a Ragusa. “Non è più tollerabile che in alcune regioni d’Italia non ci sia neanche il servizio sociale nei comuni"
Assistente sociale con anziano, mani - SITO NUOVO

ROMA - Comunità e ambiente, ma anche ricostruzione, lavoro e inclusione. Saranno questi i temi al centro della Giornata mondiale del servizio sociale 2017, che ricorre il prossimo 21 marzo e che quest’anno ha come tema “Promuovere la comunità e la sostenibilità ambientale” e che vedrà in tutt’Italia una serie di appuntamenti promossi dal Consiglio nazionale degli assistenti sociali per riflettere non solo sul ruolo e sulle sfide degli assistenti sociali oggi, ma anche sull’impatto e sul futuro del servizio sociale in Italia. “La giornata mondiale è diventata anche in Italia un momento importante - racconta a Redattore sociale Gianmario Gazzi, presidente del Consiglio nazionale degli assistenti sociali -.Quest’anno e il prossimo si parla di comunità e ambiente, anche perché lo spettro d’azione degli assistenti sociali e dei social workers nel mondo è molto ampio. Tutti i temi che hanno a che fare con i diritti delle persone sono un nostro obiettivo. Il 21 celebreremo in tutto il pianeta questo momento di impegno e di orgoglio della professione”. 

Tanti gli appuntamenti in programma, da Trento a Ragusa, sono decine le iniziative organizzate dai Consigli regionali insieme a enti, università e altre realtà. “Quest’anno riusciamo a coprire quasi tutte le regioni e a coinvolgere tante persone su temi di attualità. E’ un momento importante sia per la professione ma anche per le comunità”. Diverse anche le sfumature che ogni realtà ha deciso di dare alla giornata.  “Ci sono alcuni appuntamenti simbolici e fortemente voluti, come quello di Taranto o Amatrice. A Torino sono previste 1.500 persone. Tutte iniziative che coinvolgono territori diversi. A Trento, invece, parliamo della fabbrica dei veleni, una ferita aperta in mezzo alla città di Trento. Quest’anno la professione riesce a mobilitare tante persone, non solo i nostri 10 mila colleghi”. L’obiettivo delle iniziative organizzate per la giornata mondiale è quello di far discutere le comunità dei loro punti di forza e metterli in parallelo con i grandi temi di oggi, spiega Gazzi, ed è così che l’ambiente che diventa anche occasione per parlare di lavoro. “Taranto è il classico paradosso - spiega Gazzi: il lavoro o la salute e l’ambiente. Parlare di ambiente è anche parlare di ricostruzione, non solo di strade, ma di relazioni, di legami familiari spezzati col terremoto. Sia a Torino che a Bologna si parlerà di riqualificazione ambientale, di zone intere delle città che vanno recuperate. Come l’ambiente possa essere utilizzato come forma di riscatto, con i lavori socialmente utili”. 

Il tema della comunità e dell’ambiente non si intreccia soltanto con quello del lavoro. Ci sono anche tante storie ed esperienze di integrazione che passano attraverso iniziative realizzate in questo settore. E proprio queste saranno al centro di alcuni degli eventi previsti per la giornata. “A Trento sono state fatte esperienze bellissime con i richiedenti asilo, di lavoro per recuperare alcuni sentieri di montagna abbandonati - aggiunge Gazzi -. Ci sono attività ambientali di cura che non venivano più fatte e questo ha permesso di trovare spazi di socializzazione, sia per i migranti sia per le persone del posto che hanno potuto superare anche i pregiudizi. La comunità si costruisce se c’è un ambiente sano, ma c’è un ambiente sano se c’è una comunità che se ne prende cura”. Nei diversi eventi ci sarà anche modo di riflettere su quelle che sono le sfide attuali che riguardano il servizio sociale. Prima fra tutte la questione dell’infrastrutturazione dei servizi. “Oggi abbiamo un problema molto grande, che si lega ai tagli delle ultime settimana - racconta Gazzi -. Da un lato si rinforzano i servizi con l’inserimento del Reddito di inclusione, ma dall’altra ci domandiamo con i tagli quanto sarà possibile garantire dei diritti di cittadinanza se non ci sono i servizi per fare i progetti. La sfida vera è riuscire ad affrontare il tema di una infrastrutturazione di servizi che supportino i diritti sociali”. Una sfida che riguarda appieno anche il mondo degli assistenti sociali, spiega Gazzi. “Non è più tollerabile che in alcune regioni d’Italia non ci sia neanche il servizio sociale nei comuni - continua -. E’ una sfida che la professione sta portando avanti da anni, ma oggi c’è bisogno che le comunità se ne rendano conto. Sappiamo che in alcune regioni, nei comuni non c’è un servizio sociale e questo è un tema di cui la comunità deve farsi carico”. 

Per gli assistenti sociali c’è anche un’altra sfida da affrontare nei prossimi anni, assicura Gazzi. “Dobbiamo accompagnare la professione a dei cambiamenti organizzativi e di strumenti - aggiunge -. Per dirla con uno slogan: un po’ meno in ufficio e un po’ più nella comunità e nell’ambiente. La professione da sempre guarda alla comunità. Bisogna investire la professione di competenze nuove che permettano di stare di più dentro questo mondo che cambia”. E i presupposti per affrontare i cambiamenti ci sono. Quella degli assistenti sociali è una realtà giovane: degli oltre 43 mila iscritti, spiega Gazzi, la metà ha meno di 40 anni. “La professione sta cambiando in meglio. Si sta lavorando con professionisti che sono sempre più motivati. Una professione giovane che si sta giocando in tanti ambiti: il numero di colleghi nel terzo settore e delle associazioni è in aumento, ma su progetti innovativi, come gli orti sociali in cui coinvolgere i minori stranieri non accompagnati. Sarebbe bello se anche gli enti pubblici fossero capaci di vedere l’assistente sociale come promotore di questo cambiamento anche all’interno dell’amministrazione pubblica, mentre c’è l’idea che sia un funzionario di fascia terza, come dicono nei ministeri”.

Su cosa l’Italia dovrebbe investire, riguardo la professione, per essere al pari del resto d’Europa, Gazzi non ha dubbi: serve più ricerca, non solo per migliorare la capacità di innovare, ma anche per verificare l’efficacia degli interventi. “In Italia non abbiamo dipartimenti o facoltà di servizio sociale come nel resto d’Europa - spiega Gazzi -. Serve un maggiore impegno sulla ricerca nel campo delle scienze del servizio sociale, quindi innovazione, verificare l’impatto degli interventi e sulla loro capacità di mutare comportamenti o accompagnare le comunità. Questo lo importerei subito: un investimento sulla ricerca sul servizio sociale, non lo studio delle politiche o dei singoli servizi, ma mirata e legata alla professione. In Italia se ne fa ancora troppo poca e spesso si concentra su politica sociale o politica economica, poco sulle relazioni, sulle capacità delle singole azioni di un progetto di aiuto”. Eppure, conclude Gazzi, di materia prima da studiare ce ne sarebbe. “L’Italia su questo tema ha creatività da esportare. Abbiamo una capacità di trovare soluzioni anche senza gli strumenti normativi e economici che in altri paesi probabilmente non ci sono. Questo non significa che va bene così. Essere creativi non deve essere una giustificazione. Proviamo a pensare se le buone pratiche, le idee e l’innovazione venisse studiata e messa a sistema. Potrebbe essere un vantaggio per l’intero sistema paese”. (ga)

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