26 ottobre 2015 ore: 11:31
Welfare

Aumenta la spesa sociale ma in Italia, Spagna e Grecia i servizi non migliorano

Tra il 2000 e il 2011 i fondi destinati all'inclusione in Italia, Spagna, Grecia e Portogallo sono aumentati del 29% raggiungendo valori degli stati nordici, ma le “performance” restano lontane da quei modelli. Ricerca de La Sapienza: “Si intervenga sulla qualità dei servizi e sui meccanismi di finanziamento”.
Spesa sociale. Anziana di spalle seduta su muretto

ROMA - I risultati delle politiche sociali nei paesi europei non sono tanto collegati a quanto gli stati investono in esse, ma a come vengono spesi i fondi per l'inclusione. Lo afferma lo studio “Le politiche sociali in Europa: un confronto dei risultati raggiunti in 19 paesi europei” realizzato da Maria Alessandra Antonelli del Dipartimento di Studi Giuridici, Filosofici ed Economici dell'Università La Sapienza di Roma, che ha analizzato le performance in otto settori - famiglia, sanità, mercato del lavoro, anziani, disoccupati, disabili, sostegno a livelli bassi di reddito e assistenza sociale – incrociando i dati ottenuti con quelli relativi all'importo della spesa sociale per ciascun paese. Emerge “un’alta variabilità della performance scarsamente correlata al livello di spesa sociale netta” (ossia la spesa sociale al netto degli interventi fiscali - sia in termini di prelievo che di agevolazioni - che i governi nazionali operano su di essa). In particolare per quanto riguarda i primi della classe - notoriamente i paesi nordici (Svezia, Danimarca, Finlandia, Norvegia e Paesi Bassi) - e per i peggiori, generalmente i Mediterranei (Italia, Grecia, Spagna e Portogallo)“il livello di performance del sistema sociale sembra slegato dal livello di spesa nazionale”. “Ne consegue – sottolinea Antonelli - che gli interventi di policy dovrebbero essere maggiormente indirizzati ad una razionalizzazione della spesa piuttosto che a politiche espansive della stessa”. Per il miglioramento delle performance sociali dei paesi Mediterranei come l'Italia, la ricercatrice suggerisce “interventi che riguardino le differenze qualitative piuttosto che quantitative”, come “la composizione della spesa sociale per finalità, il meccanismo di finanziamento della stessa o la tipologia prevalente di interventi”. 

Lo studio mette a confronto le performance sociali ottenute nel 2011 dai 19 paesi secondo quanto emerge dai dati Ocse relativi ai tre obiettivi prioritari delle politiche di welfare: il mantenimento di un certo standard di vita (politiche per la famiglia e sanitarie, politiche attive per il lavoro), il sostegno al reddito di gruppi "vulnerabili" (anziani, disoccupati, disabili), la redistribuzione delle risorse per ridurre le diseguaglianze (riduzione della povertà e della concentrazione dei redditi). In particolare, è stato calcolato un indice di performance che tiene conto dei risultati raggiunti dai vari paesi nei diversi comparti di welfare: tasso di occupazione materno, reddito netto per famiglie tipo, aspettativa di vita alla nascita, tassi di disoccupazione, reddito netto di pensionati e invalidi, indice di povertà e di concentrazione dei redditi. 

I risultati delle politiche sociali per ciascun paese sono stati sintetizzati in un indice, il cui valore varia molto tra i 19 paesi e va dal 2,4 della Spagna al 6,3 dell'Islanda. In generale valori superiori a 5 sono associati a paesi nordici (Paesi Bassi, Svezia, Danimarca, Norvegia, Lussemburgo, Islanda) e all’Austria, mentre Irlanda, Germania, Belgio, Repubblica Ceca, Francia e Finlandia si collocano in una fascia intermedia (tra 3,5 e 5) e i paesi mediterranei (Spagna, Italia, Grecia, Portogallo) unitamente a Slovacchia e Regno Unito presentano un indicatore più contenuto (con valori inferiori a 3,5). 

Di primo impatto il livello di spesa sembrerebbe essere la variabile esplicativa – osserva Antonelli - poiché “valori elevati dell’indice di performance caratterizzano i paesi nordici che, tipicamente, hanno politiche sociali generose, mentre valori decisamente più contenuti sono associati ai paesi mediterranei che tradizionalmente presentano un livello di spesa sociale più contenuto”. “Negli ultimi anni però diversi fattori socio-economici hanno inciso sulle politiche sociali nazionali modificandone non uniformemente il livello di spesa – sottolinea la ricercatrice - nel periodo 2000-2011 in media, la spesa sociale pubblica rispetto al Pil è aumentata del 7% nei paesi nordici (Svezia, Finlandia e Norvegia) e del 29% nei paesi mediterranei (Grecia, Italia, Portogallo e Spagna) che negli anni 2000 destinavano risorse pubbliche inferiori a un quarto del Pil. In considerazione del fatto che in questi paesi l'aumento della spesa sociale pubblica non ha – in 10 anni – portato a sostanziali miglioramenti dei servizi, la ricerca invita le istituzioni a intervenire su meccanismi di finanziamento e tipologie di intervento. (Ludovica Jona)

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