Aumento della pensione invalidità, per gli esperti "niente di fatto"
ROMA – E' nella “fact list” del vicepremier Di Maio, ma non è nel decreto attuativo di reddito e pensione di cittadinanza: “aumento pensione invalidi: fatto”, scriveva appena qualche settimana fa nella sua lista il ministro del Lavoro. Nessuna conferma era in realtà contenuta nella legge di bilancio, che mentre chiariva (art. 1 comma 255) le finalità e le modalità del reddito di cittadinanza, pochi elementi forniva sulla pensione di cittadinanza.
Restavano aperti quindi interrogativi consistenti, rispetto alle possibili ricadute di queste due misure per le persone con disabilità. “Il primo concerne lo strumento, ipotizzato come inclusivo, del reddito di cittadinanza e delle politiche attive per il lavoro – scriveva su HandyLex Carlo Giacobini, l'ultimo giorno dell'anno -: riguarderà anche le persone con disabilità in grado di svolgere attività lavorativa e fino ad oggi escluse dal mercato del lavoro? Quali competenze e professionalità saranno, in tal senso, disponibili nei rafforzati Centri per l’impiego? O, al contrario, il reddito di cittadinanza e le relative politiche non riguardano le persone con disabilità alle quali sarebbe offerta invece la pensione di cittadinanza (misura schiettamente assistenziale)? Vi sarà diritto di scelta fra le due opzioni?”.
box Si faceva strada, intanto, l'ipotesi che, sulla base della “fact list” di Di Maio, la pensione di cittadinanza avrebbe comportato l'adeguamento anche delle pensioni d'invlaidità all'importo minimo di 780 euro: un incremento consistente, se pensiamo che attualmente una persona con invalidità totale percepisce una pensione mensile di circa 250 euro. Un'ipotesi che però lo stesso Giacobini rieteneva poco credibile: in quel momento, con la sola legge di bilancio in mano, per ragioni puramente finanziarie: “Quand’anche si volesse, paradossalmente, destinare l’intera dotazione del Fondo (6,1 al netto del miliardo per i Centri per l’impiego) all’aumento a 780 euro di tutte le pensioni di invalidità civile e le pensioni sociali, quella somma non sarebbe sufficiente. Si valuti, infatti, che al 31 dicembre 2017 le pensioni e assegni di invalidità, cecità e sordità di importo pari a 280 euro circa erano poco più 1 milione (1.072.000). Se si moltiplica tale cifra per 500 euro e per 13 mensilità si comprende che il Fondo non può affatto garantire questa, pur encomiabile, soluzione”. E affermava Giacobini, “con assoluta certezza, che l’aumento delle pensioni di invalidità civile a 780 euro non risponde nell’immediato al vero, e non è credibile, alla prova dei numeri, che riguardi in futuro tutti gli invalidi”.
Ora, la bozza di decreto che sta circolando in queste ore conferma quello che la settimana scorsa era solo un presentimento: la parola “invalidità”, nel testo non compare affatto, come del resto non compare la parola “disabilità”, mentre la pensione di cittadinanza viene riservata agli anziani in possesso di determinati requisiti. Una “doccia fredda” per i tanti che si aspettavano di veder finalmente realizzato quell'aumento invocato da anni, di fronte a un sussidio che, con l'attuale importo, i più definiscono “ridicolo”. Se il decreto dunque resterà fedele alla bozza, su “aumento pensioni invalidi” si registrerà un “nulla di fatto” clamoroso. Peggio: un “abuso di credulità popolare”, come titolava ieri lo stesso Carlo Giacobini, in un commento al decreto pubblicato sul suo blog PhZero.
Premesso che “esperienze consolidate ci suggeriscono prudenza di fronte a qualsiasi bozza”, Giacobini ritiene “l’articolazione del testo del provvedimento dannatamente credibile e la sostenibilità economica (per lo Stato, non già per il cittadino) reale nella sua brutalità, finalmente dopo tanti annunci assai poco convincenti”. E il commento che segue inevitabilmente disillude chi nel decreto aveva risposto speranze, aspettandosi novità importanti proprio sul fronte della pensione d'invalidità, soprattutto a causa dei “ripetuti proclami che annunciavano entusiasticamente l’aumento delle pensioni di invalidità”. Ora, bozza di decreto alla mano, “nulla vi è che conforti le promesse ampiamente enfatizzate da autorevoli esponenti del Governo. La famosa pensione di cittadinanza – scrive chiaramente Giacobini - non spetterà agli invalidi civili, ai ciechi civili, ai sordi, ai sordociechi, né ai più gravi né ai meno gravi. Fine della storia”. Spetterà invece, la pensione di cittadinanza “agli over 65 anni che vivano soli o con un altro ultra65enne, che abbiano un ISEE familiare ai 9.360 euro, che non abbiano patrimoni immobiliari diversi dalla prima casa superiori ai 30.000 euro e che non abbiano patrimoni mobiliari (conti, titoli, depositi) superiori ai 6.000 (seimila euro); 8000 se sono in due. Ci arriveranno in ben pochi”.
E il reddito di cittadinanza? Può forse provenire da questo l'atteso incremento della pensione d'invalidità? “ Nemmeno per idea – risponde chiaramente Giacobini - È uno strumento rivolto a nuclei familiari in forte situazione di disagio economico, che adotta criteri piuttosto stringenti nei quali, fra l’altro, viene ben poco considerata la disabilità, ma che comunque non alza l’importo delle pensioni”. Criterio principale è l'Isee familiare, che dovrà essere al massimo di 9.360 euro l'anno, ma “nel caso nel nucleo sia presente una persona con disabilità, il limite di patrimonio mobiliare (titoli, conti, risparmi vari) è elevato di ulteriori 5 mila euro. Supponiamo che una coppia in cui la moglie sia disabile, non dovranno superare i 13 mila euro di 'risparmi' (6 mila primo componente, 2 mila per il secondo, ulteriori 5 mila per il componente con disabilità). Se supera quella cifra, niente reddito di cittadinanza anche se gli altri valori rientrano nei limiti”.
Un altro requisito introdotto nella bozza di decreto è il reddito familiare, che non dovrà superare i 6 mila euro annui. Nel dettaglio, “la cifra sale a seconda della composizione del nucleo ed aumenta seguendo una specifica scala di equivalenza: 1 per il primo componente, +0,4 per i familiari adulti; + 0,2 per i minori. Il massimo del punteggio ammesso è di 2,1 (sia che la famiglia sia di 5 o 10 persone). Quindi al massimo il limite di reddito (non di ISEE, come abbiamo detto) dell’intero nucleo diventa 12.600 euro l’anno. È importante questa scala di equivalenza perché è la stessa che poi si applica per calcolare l’importo del reddito di cittadinanza”, osserva Giacobini, che fa notare: “Questa scala di equivalenza non prevede alcun coefficiente aggiuntivo nel caso sia presente una persona con disabilità. Non solo – aggiunge -: per calcolare il limite reddituale di riferimento vengono conteggiate anche le provvidenze assistenziali (pensione sociale, pensioni di invalidità, cecità, sordità…). Non sono conteggiate, invece, i trattamenti che non prevedono la prova di mezzi (tradotto: indennità di accompagnamento) e le erogazioni a fronte di spese sostenute (esempio contributi per la vita indipendente)”.
Per chiarire, Giacobini ricorre a un esempio: “un invalido titolare di indennità di accompagnamento che vive solo in casa propria, che non supera i limiti patrimoniali e che non lavora. ISEE zero, ma riceve una pensione per un totale annuo di 3713,58 euro (285,66 x 13 mensilità). Rientra fra i beneficiari del reddito di cittadinanza, ma l’importo annuo sarà solo di 2286,42, cioè 190 euro al mese. Se lavora, se li scorda. Se prende una borsa lavoro per inclusione lavorativa, pure se li scorda”. La conclusione è amara: “I nuclei di poveri – ché di questi stiamo parlando – che siano anche persone con disabilità vengono trattati meno favorevolmente dei nuclei in cui la disabilità non abbia fatto il suo ingresso”.
Ora non resta che attendere il testo definitivo del decreto, per verificare se e in quale modo le speranze delle persone con disabilità possano avere ancora qualche fondamento. (cl)