18 settembre 2014 ore: 13:32
Disabilità

Autismo, autobiografia di un padre che ha fretta di “inventare qualcosa”

Recensione del nuovo libro di Gianluca Nicoletti, giornalista e papà di Tommy. La storia sua e di altre famiglie in cerca di un futuro per i propri figli. “Per noi sarà necessario restare più vivi possibile”
Una notte ho sognato che parlavi Nicoletti Autismo Tommy

Dal sogno all'invenzione: Gianluca Nicoletti torna a raccontare l'autismo, come genitore e come giornalista, compiendo un passo significativo già nel titolo. Dopo “Una notte ho sognato che parlavi”, infatti, è uscito in libreria, sempre per Mondadori, “Alla fine qualcosa ci inventeremo”: la fantasia di un padre che sogna lascia il posto alla progettualità di chi vuole costruire qualcosa di nuovo, qualcosa che non c'è, o che è avvolto da un'incertezza che preoccupa e riempie di ansia. Ansia e preoccupazione, sì, perché non trova una risposta, per il momento, l'interrogativo che fa da sottotitolo al libro: “Che ne sarà di mio figlio autistico quando non sarò più al suo fianco”. La domanda delle domande, per ogni genitore che abbia a che fare con la disabilità di un figlio: immaginare, o meglio”inventare” una risposta a questa, è la sfida che Nicoletti raccoglie nelle duecento pagine del suo libro, uscito in libreria pochi giorni fa e presentato oggi pomeriggio a Roma, presso la sede del Cnr.

Assistenza domiciliare indiretta. E' trascorso esattamente un anno dalla pubblicazione del primo libro, di cui questo secondo è, in un certo senso, il naturale proseguimento. Tommy ha compiuto 16 anni, Marco “il tatuato” è sempre al suo fianco, fidato e competente assistente di cui ogni persona con autismo avrebbe bisogno, ma che solo pochi possono permettersi. Non per ragioni economiche, ma burocratiche, piuttosto, visto che l'assistenza “indiretta”, in base a cui sono le famiglie a scegliere la persona da cui farsi affiancare, è ancora poco diffusa in Italia e a Roma in particolare. Ed è proprio a questo tema, sui cui alta è l'attenzione e forte la rivendicazione di famiglie e associazioni, che Nicoletti dedica un capitolo del volume. Perché scegliere la persona a cui affidare il proprio figlio è il primo passo verso la serenità dei genitori, oggi ma soprattutto domani. “Marco, il tatuato, per Tommy è stato la vera svolta di quest'ultimo anno – racconta Nicoletti – Da quando sono riuscito ad ottenere l'assistenza domiciliare indiretta, e un educatore tra i migliori che ci fossero su piazza, tutti i pomeriggi dalle 15 alle 21 e con grande elasticità di orario, Tommy è radicalmente cambiato. La cosa che deve far riflettere è che questo cambiamento non è costato al contribuente un centesimo più di quanto gli costava il servizio inesistente che avevo prima, vale a dire l'assistenza diretta, che passava per una cooperativa indicata dal municipio, che mi inviava persone senza alcuna competenza che venivano per tre ore tre volte a settimana. (...) Questa è la prassi, decide il municipio di residenza chi si debba occupare di un disabile e spende per un servizio praticamente inutile, almeno per un autistico, la stessa cifra che spenderebbe per un servizio altamente specializzato e costante. (...) Perché questo accada come prassi non chiedetemelo. (...) Mi viene da pensare che far lavorare certe cooperative che si occupano di sociale sia considerato più importante che salvare la vita a delle persone”. L'autobiografia al servizio della conoscenza. Una raccolta di aneddoti e storie: pezzi di puzzle che, meglio di qualsiasi dissertazione, possono far comprendere in profondità un mondo che solo chi lo vive conosce: l'autismo. Il libro di Nicoletti è innanzitutto questo, una raccolta di storie. Non un saggio, non un romanzo, questa volta neanche un “diario”, come era pensato il precedente libro. Ci sono gli aneddoti personali, come quello che apre il libro: Nicoletti che resta chiuso in ascensore poco dopo aver “consegnato” Tommy e immagina con terrore cosa sarebbe accaduto se suo figlio fosse stato con lui. O la “grande cavalcata” di Tommy con un gruppo di “colleghi di autismo”, a sperimentare l'autonomia, la fatica, la sana stanchezza di chi, dopo sei ore al trotto, si lascia andare, “sudato e puzzolente, sopra un mucchio di fieno”: è questa immagine che segna, per Nicoletti, il “passaggio di Tommasone al mondo degli uomini”. Così, attraverso aneddoti e ricordi come questo, o piccoli squarci sulla quotidianità di Tommy e della sua famiglia, l'autobiografia dell'autore viene messa al servizio della conoscenza: non mancherà chi lo accuserà di “strumentalizzare” il figlio, utilizzandolo per pubblicare libri, guadagnare soldi e procurarsi notorietà. Di queste e di tante altre critiche, Nicoletti non esita a render conto nel libro: fanno parte anche queste dell'esperienza di tanti genitori di figli con autismo, costretti a portare

Le storie per far comprendere. Non c'è solo la quotidianità di Tommy, però, nel libro di Nicoletti. Ci sono anche le storie di tante altre famiglie, pezzi di vita capaci di accendere una luce su un mondo che per tanti resta buio e misterioso. Così, tra i personaggi sfilano la “mamma autista del ragazzo autistico”, portata all'esasperazione da un figlio che la costringe a girare in auto tutto il giorno e che, solo dopo aver levato in rete il suo grido d'aiuto, riesce ad attirare l'attenzione delle istituzioni e ad ottenere una soluzione, seppur provvisoria. C'è la mamma “Cenerentola al gran ballo di corte”, che riesce a conquistarsi una serata di libertà, in una vita costellata di obblighi e dominata dal dovere della cura costante: e si fa bella per l'occasione, perché questo è un piacere e un diritto a cui tante mamme come lei facilmente, ma dolorosamente, rinunciano.

Laureati e “affettatori di zucchine”. Ci sono poi le storie degli autistici “prodigiosi”, laureati o autori di best-seller, su cui Nicoletti esprime con chiarezza tutte le sue perplessità. E non risparmia critiche decise alla “comunicazione facilitata” e a chi in essa ripone fiducia: un investimento sbagliato, come ripete in varie occasioni Nicoletti, che all'immagine di questi autistici prodigiosi contrappone con orgoglio quella di Tommy “affettatore di zucchine”. Perché questo, sì, è un obiettivo praticabile e auspicabile per un figlio autistico: che piano piano, giorno dopo giorno, conquisti quell'autonomia e quella capacità di badare a se stesso che ogni genitore deve desiderare per suo figlio. Tutto il resto, dalle lauree ai best-seller, passando per le terapie miracolose, sono perdite di tempo, facili illusioni, da cui ogni famiglia dovrebbe guardarsi bene.

Il dopo di noi. Sullo sfondo di tutti i racconti e le riflessioni contenuti nel libro, risuona e ritorna la preoccupazione che apre e chiude il libro. “Ci penso spesso a Tommy senza di me, sempre più di frequente da quando mi guardo allo specchio e ammetto di essere vicino a quella rappresentazione di un uomo che ho sempre attribuito alla vecchiaia – scrive Nicoletti in una delle prime pagine del libro - Non ho molto tempo; devo sbrigarmi a rendere concreta ogni mia immaginazione su un suo futuro dopo di me”. Ed è la stessa preoccupazione, la stessa premura che chiude il volume: “Noi dobbiamo procedere senza far caso al paesaggio che cambia, al tempo che passa, ai pensieri che si dissolvono. (...) Sarà necessario per noi restare vivi il più possibile, ce lo impone l’unico compagno con cui divideremo fino in fondo il nostro viaggio. Che, di sicuro, non ci lascerà mai soli. Sa bene che, se smarrisse noi, sull’universo intero per lui calerebbe la tela”. E lo sa anche il genitore, che sulle sue spalle porta questa responsabilità, ogni giorno più pesante. “Sai che un giorno ti fermerai per naturale andamento delle cose, ma lui non potrà mai oltrepassarti. Quando sarai fermo lo sarà anche lui e ti aspetterà. Ti aspetterà anche se tu ti fossi fermato per sempre”. E' la consapevolezza e il peso di questa responsabilità che racconta Nicoletti nel suo libro: è l'incalzare del domani, è il desiderio, l'imperativo e l'urgenza di costruire un futuro sicuro, in cui anche il figlio più fragile possa non solo sopravvivere a suo padre e sua madre, ma vivere pienamente ogni giorno, in un ambiente che sappia accogliere e comprendere le sue “stramberie”. (cl)