Autismo, "c'è un ritardo diagnostico di oltre 2 anni"
Roma - "C'e' un ritardo diagnostico di oltre 2 anni per i disturbi dello spettro autistico- sottolinea la pediatra- che, privando il bambino di tempestivi interventi abilitativi, e' causa di insuccessi terapeutici e di trattamenti assistenziali poco incisivi nel modificare favorevolmente l'evoluzione del disturbo stesso". Lo dice Teresa Rongai, segretario della Federazione italiana medici pediatri (Fimp) di Roma, alla conferenza stampa di presentazione del XVI convegno nazionale dell'Istituto di Ortofonologia (IdO) alla Camera.
Per l'autismo, infatti, "sono disponibili strumenti clinici in grado di farci porre un sospetto diagnostico gia' a 18 mesi di vita. In realta'- prosegue il pediatra- l'eta' media di diagnosi a livello nazionale per lo spettro autistico e' di circa 5 anni. La necessita' di acquisire specifiche competenze per consentire al pediatra di eseguire un accurato esame neuromotorio, nasce dalla consapevolezza che molti disturbi del neurosviluppo e buona parte delle malattie rare/metaboliche/complesse, possano esordire, sin dai primi mesi di vita, con un ritardo di acquisizione delle competenze neuromotorie".
Le caratteristiche di questi segnali, "sebbene possano dare l'idea di un significato non chiaramente patologico, meritano, comunque, grande attenzione clinica in quanto spie, in molti casi, di patologie che possono esprimere, drammaticamente, una sintomatologia conclamata anche tardivamente nel corso dell'eta' evolutiva. Per una diagnosi efficace- conclude Rongai- e' opportuno valutare i tre assi di sviluppo (neurovegetativo, motorio e psicorelazionale) nel contesto della relazione, soprattutto nei primi mesi di vita". (DIRE)